Infiltrato nei campi profughi: qui viene a pescare l’Isis

L’esperto di terrorismo Shams Ul-Haq si è finto un rifugiato per tre mesi per studiare la situazione dei profughi in Europa in prima persona. Ha vissuto le condizioni difficili dei campi, dove estremisti islamici e persino neonazisti farebbero proseliti sfruttando condizioni di vita disagevoli. Ma ha anche conosciuto una maggioranza di brave persone che vorrebbero e potrebbero fare del bene alla società. Persone che però si rischia di perdere a causa di questioni burocratiche e politiche.

Come ha condotto la sua operazione da infiltrato?

«Dato che io stesso 25 anni fa sono stato un profugo in Germania, è mio dovere aiutare gli immigrati. Quindi un anno fa ho cominciato a raccogliere contatti e a dare il mio numero di telefono in giro. Parlare con gli immigrati e costruire un rapporto di fiducia con loro è la cosa più importante. Quando una massa di milioni di persone viene qui è un problema, e diventa importante per le persone, i politici, i lettori e i contribuenti, conoscere cosa avviene davvero nei campi profughi».

«I politici e Frau Merkel non ne hanno la minima idea. Solo quando diventiamo noi stessi un ‘rifugiato’ possiamo valutare la situazione. Per cui quest’anno per me è stato naturale visitare vari luoghi in Europa dove viene dato asilo alle persone. Più volte mi ci sono introdotto e poi ho documentato i fatti per la stampa locale».

E ha funzionato?

«È andata molto bene. Ogni volta la polizia, le Ong, i politici o anche il personale dei campi mi hanno ringraziato dicendomi: “Non sapevamo di questi problemi che ci hai rivelato, dobbiamo subito cambiare la situazione”».

COME IN CARCERE

Per quanti giorni è stato sotto copertura?

«Finora sono stato in dieci campi in Germania, Svizzera e Austria. In tutto per circa tre mesi. La permanenza più lunga è stata a Offenbach am Main, è stato particolarmente facile perché abito lì vicino; ci sono stato 3-4 settimane e, tra parentesi, ho potuto mantenere la mia vita e il mio lavoro. A Linz sono stato una settimana. Due settimane in Svizzera, e lo stesso a Vienna.

«In alcuni campi non si può pernottare. Ci si va solo di giorno, e la notte si va di nuovo fuori. Quindi a volte dormivo in hotel, perché le condizioni erano veramente dure. Da alcuni campi profughi invece non si può uscire, e si sta una settimana isolati dal mondo. Varia da campo a campo».

Quindi ci sono dei luoghi in cui si può fare quello che si vuole, e degli altri che sono come delle prigioni?

«Esatto. In alcuni campi c’era divieto completo di internet e cellulari, in altri no. Per cui devo prima avere uno o due giorni di tempo per conoscere le regole, prima di poter fare dei piani».

Sembra come una prigione.

«È così. I rifugiati sono di fatto dei detenuti. Quindi io, in quanto esperto di terrorismo, dico che non abbiamo bisogno di importare terroristi, cioè delle persone inizialmente normali, che noi stessi trasformiamo in terroristi per il solo fatto che le condizioni di vita sono pessime.

«Quando le persone sono prigioniere per tutto il tempo, partoriranno sicuramente idee malsane. Sono esposti alla ‘pubblicità’ di perenni annoiati, estremisti e salafiti».

SALAFITI E PARTITO NAZIONALDEMOCRATICO (NPD) LAVORANO INSIEME

«Un punto importante, che ho osservato al Berlin Tempelhof è che quei nazisti dell’Npd [partito di estrema destra spesso interpretato come neo-nazista, ndt] e i salafiti, sebbene siano nemici, da tempo hanno stretto un’alleanza per rendere questo Paese non sicuro. Entrambi i gruppi lavorano molto intensamente al Tempelhof e in altri campi profughi per reclutare nuovi membri. Questo proprio perché le condizioni nei campi sono molto gravi».

Un momento. Che i salafiti siano attivi nei campi profughi lo sappiamo. Ma l’Npd? Com’è possibile una cosa del genere?

«Ci sono molti volontari associati all’Npd. Si iscrivono, rimangono una o due settimane e parlano con i rifugiati. Perché, come ho detto, l’Npd e i salafiti hanno stretto un’alleanza a Berlino, in questo contesto, allo scopo di minare la sicurezza della Germania. Ovviamente non è una cosa ufficiale».

Lo scopo è approfittare dei disordini?

«Esatto. L’obiettivo di entrambi è lo stesso: destabilizzare la Repubblica Federale attraverso i disordini. E in quanto esperto di terrorismo, so quello che dico…».

Perché nessuno ha mai segnalato prima questo problema?

«Perché molti giornalisti copiano solo dalle agenzie giornalistiche e non hanno molte informazioni. Io invece vado a parlare con la gente».

E lo Stato prova a fare qualcosa a riguardo? L’Npd è fortemente infiltrato da agenti dei servizi segreti sotto copertura. In Germania c’è ancora qualcuno intenzionato a fermare questa follia? E può essere fatto? 

«Questa è una domanda per i politici tedeschi. È tutto un altro tema. Stando alla mia esperienza, e valutando in base a quello che ho visto, secondo me Npd e salafiti dalla Germania devono essere immediatamente cacciati. Ma questo sarebbe anticostituzionale. Quindi il Bundestag deve cambiare qualcosa. E per quanto riguarda la polizia federale (Bka), loro lo sanno da un sacco di tempo! Semplicemente non lo dicono a livello ufficiale. Il Bka di Wiesbaden e il signor Münch [capo della polizia federale, ndt] hanno ripetutamente detto, che nei campi risiedono almeno 300-500 membri dell’Isis ‘dormienti’ [che possono entrare in azione all’improvviso, ndr]. Il numero in realtà è ancora più alto: supera i 5 mila. Ma non vogliono creare il panico tra la gente e quindi non lo ammettono. Questo è il problema. Il Bka stesso ha i suoi agenti infiltrati nei campi profughi».

«GLI ESTREMISTI DEVONO ESSERE ESPULSI IMMEDIATAMENTE»

Cosa si può fare di concreto contro i membri ‘dormienti’ dell’Isis?

«Dal Bka mi dicono che loro ascoltano e osservano la gente. Ma questa è una goccia d’acqua nell’oceano e bisogna fare molto di più. Parliamo di più di un milione di persone, che vengono in Germania. E i ‘dormienti’ non sono solo tra i campi profughi, ma in tutta Europa e anche nella popolazione in generale. Non si può più controllare questo fenomeno. Penso che i controlli siano ancora troppo scarsi.

«Queste persone pericolose devono essere subito espulse. Il problema, però, è che quando un tedesco dice una cosa del genere, viene accusato di essere un nazista. Ma è sbagliatissimo. Le persone che sono sospettate di avere a che fare con lo Stato Islamico – e non c’è solo l’Isis, ma anche molti altri gruppi – devono essere subito espulse. Questo ha a che fare con la sicurezza della nostra terra e anche con il proteggere la reputazione dei rifugiati che invece sono brave persone. Quindi io temo sempre più, che in Germania, l’anno prossimo o tra due anni, scoppi una guerra civile: una guerra civile tra le razze. Quindi dobbiamo adeguarci».

Il problema con i rifugiati è che gli estremisti, i truffatori e i criminali catalizzano l’attenzione mediatica. Poi non possono nemmeno essere espulsi, continuano a delinquere, e i rifugiati normali si ritrovano il problema enorme della gente che non si fida più di loro. Potrebbe essere una situazione socialmente esplosiva.

«Sì, ha assolutamente ragione».

«SI POSSONO FARE SOLDI, E NESSUNO TI CONTROLLA»

I rifugiati comunicano tra loro da un campo all’altro?

«Certo. Poi la procedura di richiesta d’asilo non funziona affatto. Puoi chiedere asilo sia a Tempelhof che a Dresda, a Monaco e ad Amburgo, e andartene in giro con diverse carte. Nessuno ti controlla. Questo sistema delle impronte digitali per esempio non funziona. Cioè si può andare in giro a spese dello Stato, si ottengono anche dei soldi e si può vivere bene. Oppure i soldi li puoi mandare allo Stato Islamico in Siria…».

Lei ha ricevuto del denaro immediatamente?

«Dipende da campo a campo. In alcuni luoghi si ottengono subito soldi, mentre da qualche parte aspetti per settimane. Alcuni ti danno 40 euro a settimana, altri 120. Quando sono uscito dai campi profughi, ho poi donato i soldi a un progetto per i rifugiati».

«Comunque è un disastro completo. Quello che non va, tra l’altro, è che alcuni ricevono di più e altri di meno. A volte i siriani sono davvero trattati meglio degli altri, come se in qualche modo fossero più giustificati degli altri nel richiedere asilo».

«LA POLITICA DELLA MERKEL È TUTTA SBAGLIATA»

Parliamo dell’integrazione. I rifugiati come affrontano il loro futuro in Germania? Abbiamo da una parte persone che sono fuggite dalla guerra e dal terrorismo, e dall’altra persone che vengono per motivi economici, perché magari ci sono gli scafisti che li hanno convinti che qui avrebbero avuto casa e automobile gratis. Si sono sentiti più volte negli ultimi mesi dei racconti di simili casi, e della delusione successiva. Lei che ne pensa?

«Qui è colpa della Merkel. Ha fatto molto rumore nei media, dicendo che i profughi sono i benvenuti e che “ce la possiamo fare”. I suoi selfie con i profughi, oltre alle sue posizioni sull’argomento, sono diventati virali sui social media. Anche il fatto che non ha fatto chiudere i confini… Questi errori portano automaticamente tutti qui. Ora ha capito quello che ha fatto e improvvisamente ha fermato tutto di nuovo.

«La politica della Merkel fallisce completamente: chi è venuto dalla Siria ed è stato respinto, torna a casa carico di odio verso la Germania. È facile che si uniscano all’Isis o ad altre forze illegali anti-Europa. Per questo possiamo facilmente aspettarci che il terrorismo colpisca in Germania. E poi vedremo, se ci saranno cambiamenti nella legge. Tra l’oltre 1 milione di persone arrivate, decine di migliaia non sono registrate».

Qual è la sua opinione su queste persone scomparse che non si registrano? Dove vanno?

«Se la gente se ne va, è a causa delle condizioni disumane. Questo 30 per cento di ‘scomparsi’ si suddivide, in un 10 per cento che si lega ai salafiti e all’Isis, che operano in piccoli gruppi qui in Germania. Un altro 10 per cento si sono stabiliti dai parenti e cercano un lavoro. E il terzo gruppo si sposta in altri Paesi europei. Quindi il mio appello ai giornalisti è di provare a infiltrarsi tra i rifugiati».

La sua ricerca come è stata condotta, nel concreto?

«La mia ricerca è costata molti soldi, perché le informazioni dei rifugiati non si ottengono facilmente. Al LaGeSo ho comprato droga per 5 euro, così che gli altri che fumavano erba si fidassero di me. La sera sono andato a bere con loro. Solo quando sei parte della cricca, parlano con te.

«Si diventa subito amici se dici “Ti posso far usare il mio cellulare”. Molti hanno problemi a entrare in contatto con le famiglie, per dire loro che stanno bene. Credetemi, un rifugiato diventa la persona più felice del mondo, se lo aiuti a chiamare a casa. Allora sei subito il suo migliore amico. Quindi io uso questa strategia, che ovviamente non è molto economica. Ma se non si fa così, gli altri non si fidano di te».

LA BUROCRAZIA FRENA L’INTEGRAZIONE

Come si preparano i rifugiati alla loro vita futura in Germania? Pensano solo a uscire dal campo? A cosa pensano?

«Parliamo di politica. In realtà i profughi potrebbero essere di beneficio alla Germania se tutto funzionasse bene. Parlo solo dei profughi per bene: molte famiglie siriane sono composte da persone istruite. Anche indiani, pakistani e afgani: si tratta sempre più di persone istruite, che vogliono studiare in Germania o venire formati qui. Nei campi ho incontrato medici siriani, e anche professori di inglese e tedesco. Vorrebbero cominciare una nuova vita qui, ma mancano loro i documenti. Per cui è molto importante che i loro figli possano istruirsi qui. Di solito hanno quattro o cinque bambini. Se i loro figli finiscono per crescere nei campi profughi, è un disastro.

«Anche io sono venuto a 15 anni in Germania, con il desiderio di formarmi qui e iniziare una nuova vita. E l’ho fatto. Anche gli altri rifugiati per bene hanno questo desiderio, e si può fare. Solo che bisognerebbe risolvere il problema dei documenti: il riconoscimento dei titoli esteri è troppo lento. Se per esempio si valutasse la loro idoneità attraverso degli stage, che verificherebbero quindi le loro competenze, questo li aiuterebbe molto».

La burocrazia ostacola anche l’integrazione rapida delle persone istruite e di chi vuole integrarsi?

«Sicuramente. Ha notato che in questo senso la politica non ha fatto niente? Proprio niente».

Che cosa si può fare contro i salafiti? Non i nuovi venuti, ma quelli che si sono già stabiliti.

«Secondo me le associazioni salafitiche in Germania devono essere immediatamente chiuse e vietate. Solo allora il fenomeno può essere arginato. Molti giovani finiscono nella trappola dei salafiti o vanno ad arruolarsi nell’Isis, perché non ricevono la formazione in Germania e non vedono un futuro. Si sarebbe dovuto lavorare molto di più con i giovani, in Germania. Inviamo miliardi in Afghanistan o altrove, invece di investire sui nostri giovani. Se avessimo fatto questo, non si sarebbero diffuse tutte queste idee assurde.

«Bisognerebbe suggerire alle Ong di raccogliere insieme tutti i giovani in difficoltà. Sarebbe possibile farlo immediatamente, ma per qualche ragione non si fa. Questo renderebbe più sicura la Germania».

 
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