Sostiene la democrazia e denuncia Mao, studente cinese mandato in manicomio

Uno studente universitario che sostiene la democrazia e critica Mao. Una cosa normale in Occidente, ma non in Cina: il giovane è stato immediatamente ricoverato in un ospedale psichiatrico.

«Ho scritto della mia fede nella Repubblica di Cina; ho sostenuto una Repubblica unita, e il ritorno della democrazia. Ho scritto anche che Mao Zedong è stato il più grande macellaio e altre mie opinioni del genere», ha raccontato lo studente ventiduenne Lao Yeli a New Tang Dynasty Television (Ntd), un’emittente cinese con sede a New York parte dell’Epoch Media Group. «Qualcuno ha fatto uno screenshot di quello che ho detto, e mi ha denunciato all’amministrazione scolastica».

Per niente divertiti dalle dichiarazioni politiche dello studente, e dal suo rifiuto di ritrattarle, il 25 marzo alcuni funzionari scolastici di un’università imprecisata di Wuhan hanno spedito Lao Yeli in un ospedale psichiatrico sulla base di presunti «disturbi della personalità e idee estremiste».
Il 28 marzo, mentre era ancora in stato d’arresto, Lao ha spiegato a Ntd che l’incidente è nato da un post lasciato sul social media Tencent QQ: ad alcuni utenti (che Lao ritiene fossero commentatori al soldo del regime) che gli chiedevano perché usasse la bandiera di Taiwan (nota come ‘quella dal cielo blu, il sole bianco e la terra rossa’) come immagine del profilo, lui aveva risposto con le sue opinioni.

Taiwan, isola nel Mar Cinese Meridionale, è ufficialmente nota come ‘Repubblica di Cina’; ma Repubblica di Cina era anche il nome dello Stato che riuniva tutta la Cina dal 1919 al 1949. Attualmente il governo democratico di Taiwan e il regime comunista cinese seguono il cosiddetto Consenso del 1992: entrambi riconoscono l’esistenza di un’unica Cina, ed entrambi se ne dichiarano i legittimi governanti.
Ma aspirare a una Cina continentale democratica, a quanto pare, è considerato un problema psichiatrico, almeno stando alla reazione dell’università di Lao Yeli.

Intervistato da Radio Free Asia, Lao ha dichiarato di aver «accettato solo due trattamenti» all’ospedale: «una terapia fisica standard e una terapia al piede». Quindi pare non sia stato soggetto a torture psichiatriche, come invece accade spesso nel caso di ‘nemici politici’, che vengono rinchiusi in questo genere di manicomi. «Inizialmente l’ospedale insisteva affinché prendessi delle medicine e accettassi certe iniezioni, ma io ho rifiutato», ha affermato Lao, aggiungendo che dovrebbe venire rilasciato il 29 marzo.

Il costituzionalista cinese Chen Yongming, ha spiegato a Ntd che il regime fin dagli anni 80 ha l’abitudine di mandare gli studenti universitari al manicomio, quando sposano idee democratiche: «Il regime cinese usa questa tattica per rovinare la reputazione delle persone. Gli altri penseranno che sostenere la democrazia sia una cosa da pazzi, e quindi la società nel complesso li ostracizzerà».

Anche nei primi anni della campagna di persecuzione contro la pratica spirituale del Falun Gong, la tortura psichiatrica è stata spesso impiegata. Dopo una forte attenzione e pressione internazionale, compresa la produzione di una meticolosa documentazione a dimostrazione dei reati commessi, questo tipo di tortura è stata in gran parte abbandonata (sebbene i praticanti del Falun Gong vengano ancora incarcerati e torturati in gran numero con altri metodi).

Lao non prova risentimento verso quelli che lo hanno ‘venduto’ alle autorità, ma soffre per la sua temporanea prigionia: «A dire la verità, se quella persona mi avesse denunciato alla polizia, non sarebbe successo niente: sono in tanti in Cina a dire cose simili, se arrestassero tutti quanti, metà della popolazione cinese sarebbe in prigione», ha commentato Lao a Ntd. Ma «dato che era stata coinvolta la scuola, hanno chiamato i miei genitori e mi hanno rinchiuso in un istituto psichiatrico, dove ho perso la mia libertà […] Ma penso che mi libereranno domani».

 

 

 
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