Socrate: un uomo virtuoso non teme né la vita né la morte

Nel 399 a.C. Socrate viene processato e condannato a morte, ma invece di lamentarsi approfitta della situazione per riflettere sul destino, continuando a seguire e a sostenere i valori che lo avevano guidato per tutta la vita.

Mentre lo portavano al luogo dell’esecuzione, invece di chiedere grazia in extremis, l’antico filosofo tiene un discorso. Il suo discepolo Platone annota le sue parole che poi trascrive nella successiva opera intitolata Apologia di Socrate.

Socrate si rivolge anzitutto ai suoi persecutori dicendo loro che in quanto uomo anziano la morte gli sarebbe comunque naturalmente molto vicina, perciò basterebbe loro aspettare un po’, ma al contrario gli hanno comunque imposto di affrontare una dipartita anticipata; nonostante ciò, imperturbabile e risoluto, si rifiuta di abbassare i suoi standard morali per salvarsi la vita.

Sfuggire alla morte sarebbe facile, dice, ma «è molto più difficile evitare la depravazione, che conduce in basso molto più velocemente della morte». Aggiunge che i suoi persecutori sono stati sopraffatti da questa stessa «malvagità» nel momento in cui lo hanno accusato di empietà e di star corrompendo le menti dei giovani ateniesi.

L’accusa di corrompere i giovani, infatti, era legata alla pratica di Socrate di cercare la vera conoscenza attraverso le domande e la messa in discussione dello status quo.

Socrate predice che una punizione molto peggiore di quella che lui deve affrontare cadrà su coloro che lo condannano, specificando che mettere a morte le persone non permetterà ad alcun accusatore di evitare di essere ritenuto responsabile per l’ingiustizia commessa.

Subito dopo Socrate parla ai suoi seguaci. Dice di essere stato guidato da Dio per tutta la sua vita, e che quando appare il male, Dio lo avverte spesso. In attesa di essere messo a morte, però, non ha sentito alcun avvertimento del genere. Irremovibile nella sua fede, Socrate crede che, poiché non è stato preammonito di alcun male, la condanna a morte deve essere una benedizione.

Accettando il suo destino, Socrate inizia il suo processo di analisi e ricerca della verità.

Cos’è la morte?

Socrate ipotizza che la morte possa essere due cose: «annichilazione» o «passaggio dell’anima» in un altro luogo.

Paragona l’annientamento al miglior sonno notturno, senza sogni o sensazioni. Se la morte fosse così, come potrebbe non essere un guadagno?

Se invece la morte è una transizione da un luogo ad un altro, allora tutti i morti potrebbero essere nell’Ade. Se così fosse, nell’Ade verrà giudicato allora da «veri giudici», e così sarebbe il destino di tutti gli uomini alla fine dei loro giorni.

Elenca poi tutti gli uomini d’onore che vorrebbe incontrare e a cui vorrebbe fare domande, come Orfeo, Esiodo e Omero. Sarebbe allora una meravigliosa opportunità: dovrebbe essere un luogo di «inconcepibile felicità».

Poi chiede ai suoi oppressori di meditare su questo: «Per un uomo buono niente è cattivo, né mentre vive, né quando è morto, nessuna delle sue preoccupazioni sono trascurate dagli dei. Quello che mi è successo non è l’effetto del caso». Pertanto, un uomo buono non deve aver paura quando mette la sua fede nel divino.

Socrate, nelle sue ultime parole, porta nel suo cuore compassione e non risentimento per coloro che lo hanno condannato a morte. Anzi afferma che suoi oppressori possono aiutare lui e la sua famiglia, castigando i suoi figli «se mai dovessero mettere la ricchezza o qualsiasi altra cosa prima della virtù e se pensassero di essere qualcosa quando non in realtà sono nulla».

Per questo spera che i suoi oppressori rimproverino i suoi figli come lui ha fatto con loro «per non aver prestato attenzione a ciò che dovrebbero». Questo sarebbe un atto virtuoso, ribadisce.

Socrate riteneva che ogni persona, alla fine della vita terrena, sarebbe stata giudicata in base a come aveva vissuto e che la sacra bilancia della giustizia avrebbe prevalso.

 

Articolo in inglese    A Good Man Has Nothing to Fear, Even When Faced With Death

 
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