Serbia, ingerenze del Pcc alla première del film ‘The Blacklisted’

Il produttore Dejan Markovic si aspettava sicuramente dei problemi, mentre si preparava alla première del proprio film, The Blacklisted, ma quello che ha dovuto subire ha superato anche le peggiori previsioni.

Un mese prima del festival ha subito un furto con scasso e atti di vandalismo nel suo ufficio in Serbia: «Il regista del film aveva notato che la polizia ci stava sorvegliando – ha aggiunto inoltre Markovic – e non uno o due poliziotti. Molte persone ci stavano pedinando mentre andavamo in giro per la città in auto… e qualunque cosa facessimo».
«Siccome ho già sperimentato questo tipo di pedinamento da parte della polizia, quando vengono avvistati significa che vogliono farsi notare. Così abbiamo capito che era per mettere pressione… per farci auto-censurare in qualche modo il film».

Il documentario, uno dei sei film proiettati al Bel Docs International Film Festival di Belgrado ai primi di giugno, parla della persecuzione che sta avvenendo in Cina nei confronti della disciplina spirituale del Falun Gong – conosciuta anche come Falun Dafa – e di come il Partito Comunista Cinese (Pcc) estenda la propria persecuzione anche in altre nazioni, come ad esempio la Serbia.

Nel 2014, per esempio, la polizia serba ha arrestato 11 cittadini europei durante il vertice cinese che si è tenuto quando il primo ministro cinese Li Keqiang si è recato in visita nel Paese. Tutti gli 11 europei erano praticanti del Falun Gong che volevano manifestare pacificamente durante il vertice.

Le terribili azioni commesse dal Pcc, che il film porta alla luce, sono in atto ancora oggi e Markovic sostiene che le stesse forze che agiscono dietro la persecuzione abbiano tentato di fermare il film.

«Sono semplicemente scomparsi»

Prima del vertice con la Cina del 2014, la Serbia aveva sempre concesso i permessi, senza mai fare obbiezioni, alle attività dei praticanti del Falun Gong, che sensibilizzano le persone sulle atroci violazioni dei diritti umani che stanno avvenendo ancora oggi in Cina: «Comunque, quell’anno tutto è cambiato – ha spiegato – la polizia ha vietato tutte le attività dei praticanti del Falun Gong, senza alcun motivo legale».

Inoltre, Markovic ha raccontato che molti praticanti che volevano protestare sono stati forzati a cancellare il loro viaggio; nonostante tutto, però, nove persone provenienti dalla Bulgaria, una dalla Finlandia, e una dalla Slovacchia sono riuscite ad entrare in Serbia: «Nel momento in cui si sono registrati nel loro hotel, la polizia è arrivata e ha confiscato loro cellulari e passaporti – ha proseguito Markovic – e infine […] sono finiti in un centro di detenzione».
«Non hanno avuto il diritto di chiamare un avvocato – ha sottolineato – Non hanno avuto il diritto di fare una telefonata. E questo è stato qualcosa di molto insolito in Serbia».

I praticanti sono stati liberati solo dopo che il primo ministro cinese ha lasciato la Serbia: «Questo viene definito rapimento, perché non sono stati arrestati ufficialmente – ha dichiarato Markovic – Sono semplicemente scomparsi».

Lihua Lan, ora cittadina finlandese, nel film The Blacklisted mentre parla della persecuzione che ha vissuto in Cina (Dejan Markovic)

Inoltre, l’arresto è stato particolarmente traumatico per la signora Lihua Lan, perché, come spiegava Markovic, è un’attivista originaria dalla Cina che è fuggita dalla persecuzione, diventando una rifugiata in Finlandia: «In Cina, è stata arrestata tre volte e torturata. Quindi, ovviamente, è traumatizzata da quello che le è accaduto – ha affermato – E immaginate che venga in Serbia, un Paese democratico e, improvvisamente, subisca un rapimento; certo, non ha subito violenze direttamente dalla polizia, ma come fa a non tornarle in mente cosa le è capitato in Cina, quando era in prigione?»

La rappresaglia

Il festival è stato costretto a spostare la propria sede quattro volte, ha spiegato Markovic, in quanto le prime tre sedi erano state tutte dichiarate inagibili, per motivi come problemi con il sistema antincendio, con la sicurezza o la celebrazione della fine della seconda guerra mondiale.

Inoltre, poche ore prima che un giornale locale andasse in stampa con l’intervista alla regista, realizzata due settimane prima della première, il proprietario del festival ha ricevuto una chiamata dall’ambasciata cinese: «In questa chiamata, gli chiedevano se c’erano film cinesi in concorso al festival. Hanno risposto di no – ha raccontato Markovic – E la seconda domanda è stata su fosse lo sponsor principale del festival, se fosse il governo, di quale organo governativo si trattasse e così via».

La pressione e l’interminabile pedinamento della polizia hanno spinto Markovic quasi a rinunciare all’evento: «I miei familiari sono molto infastiditi da questo tipo di comportamento. Hanno paura – ha sottolineato – Ad un certo punto ho persino detto alla regista: “Bene, possiamo davvero cancellarci dal festival, se è l’unica soluzione”. Ma la regista, Sarah, ha detto: “No, dobbiamo andare avanti”».

«Uno dei protagonisti dei film, ha affermato che la nostra arma è la verità – ha aggiunto Markovic – e dobbiamo portarla alla luce».

Markovic ha anche raccontato che gli organizzatori del festival e alcuni cineasti serbi sono rimasti sconvolti dal comportamento dell’ambasciata cinese e delle autorità, e hanno difeso il film: «Il festival in realtà fa appello al governo cinese per far capire che noi qui non censuriamo i film», ha spiegato Markovic.

Anche il famoso regista serbo Srdjan Dragojevic, su Twitter, ha voluto esprimere il proprio sostegno al film. Mentre molti giovani appassionati di cinema che lavorano per il festival hanno chiesto il sostegno dei loro professori nell’accademia del cinema.
Alla fine, l’anteprima del film, il 10 maggio, è stata un successo: «Dopo il film, molte persone si sono congratulate con noi – ha affermato Markovic – E ci hanno detto che siamo stati molto coraggiosi».

Se anche le persone non avessero voluto credere al contenuto del film, hanno poi visto nella realtà recente come il regime cinese violi i diritti umani persino in Serbia, ha concluso Markovic.

 

Articolo in inglese: Human Rights Film Producer: Premiere In Serbia Interfered by Chinese Embassy

 
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