Se la scelta ‘arcobaleno’ dei grandi marchi non entusiasma i clienti

Di Alessandro Starnoni

Di recente Netflix ha ribadito la sua scelta di voler dare maggior peso ai contenuti dal mondo ‘arcobaleno’, twittando: «Spesso ci dicono che i nostri titoli sono pieni di personaggi Lgbtq+. Sapete cosa? Ne vogliamo mettere ancora di più. Direttamente nei titoli». Il tweet ha scatenato migliaia di reazioni; tra queste si notano molti commenti di supporto al mondo Lgbtq+, e altrettanti in forte disaccordo con la scelta della piattaforma di streaming.

Sebbene i commenti contrari alla scelta di Netflix rappresentino la minoranza, non si può far a meno di notare che sono comunque una parte considerevole delle risposte. Nel dettaglio infatti, dei commenti ‘visibili’ degli utenti (senza contare le rispettive risposte a tali commenti, favorevoli o contrari alla scelta di Netflix), se ne contano almeno 80 contrari alla posizione di Netflix, e almeno 100 favorevoli o di supporto. Il tweet di Netflix Italia del 22 giugno nel complesso ha ottenuto 11.106 mi piace (al 6 luglio), a fronte dei 681 mila 588 follower dell’account.

Tra i contrari ci sono anche persone che affermano di non avere nulla contro il mondo Lgtbq+ in sé, ma che comunque non apprezzano quella che a loro detta è una sproporzione dei contenuti in direzione ‘arcobaleno’, e per questo comunicano di aver disdetto l’abbonamento a Netflix.
Ad esempio, un utente scrive: «Caro #Netflix, l’amore non è solo quello arcobaleno, non ti sembra di esagerare con questi contenuti discutibili? Libertà assoluta per tutti ma senza esagerazioni. Vi seguono adulti, giovani e BAMBINI. Confido nel vostro buonsenso e vi lascio con un bel bacio».

Su questa stessa linea un altro utente ancora ha twittato: «Così facendo però non rispecchiate la realtà… che è fatta anche da storie come quelle citate ma in minima parte. Invece voi la dipingete come se rappresentassero la maggioranza dei casi e sappiamo non esser cosi! Sono mondi e fenomeni minimali…».

Un altro utente apparentemente non abbonato ha consigliato alla piattaforma: «Visto che pagano, dovreste tener conto delle richieste di tutti, altrimenti aprite un canale a parte, tipo Netflix children, o Netflix LGBTQ+AHFGTDJHG, e uno paga per il pacchetto che vuole».

In precedenza, il profilo internazionale della piattaforma di streaming aveva risposto pubblicamente a un altro utente che definiva tutti quei personaggi gay «non necessari», affermando: «Ci dispiace che tu debba realizzare che ogni persona gay è in realtà davvero necessaria».

Disney +

Tra gli altri grandi marchi che hanno sposato il mondo Lgbt ci sarebbe la Disney con la piattaforma Tv Disney +.

Infatti Costanza Miriano, giornalista de La Verità e Il Foglio, nonché ex Tg3, secondo giornalettismo.com aveva comunicato attraverso il suo profilo Facebook di aver disdetto l’abbonamento alla piattaforma Disney + perché non apprezzava «la propaganda Lgbt» in essa contenuta. Il post, del quale la fonte sopracitata ha pubblicato uno screen, sarebbe poi stato cancellato probabilmente a causa degli insulti ai danni della giornalista.

In seguito, Costanza Miriano ha pubblicato un altro post dove condanna tutti gli insulti da lei ricevuti per aver comunicato la sua decisione di disdire l’abbonamento a Disney + e il motivo della sua decisione. Nel post, rispondendo anche a chi l’aveva accusata di incitamento al suicidio scrive: «Tra i vari insulti, bestemmie, illazioni sull’intimità mia, di mio marito, dei figli […] i pochi che hanno provato a insultare in modo meno scomposto, sono stati quelli che hanno detto che “è colpa di quelli come me se gli omosessuali si suicidano”. A parte che un omosessuale che si suicida perché io disdico l’abbonamento a qualcosa a pagamento che non mi interessa vedere lo vorrei proprio conoscere, a parte questo, l’ondata di insulti a me provenienti da pagine frequentatissime la dice lunga su quale sia il mainstreaming».

La giornalista poi chiarisce ancora: «Non c’è nessuno stigma sociale verso l’omosessualità, e se qualcuno si suicida non lo fa certo per quello ma per una sofferenza profonda. Piuttosto c’è una condanna sociale contro chi esprime un pensiero non allineato sull’argomento, come ha ribadito nel suo libro intervista anche Joseph Ratzinger. Ma non ti suicidi perché qualcuno non la pensa come te. Io infatti nonostante gli insulti sto benissimo, sono certa di quello che penso e mi fa piacere avere tantissimi amici che la pensano come me. Ma anche se non ci fossero lo penserei lo stesso».

La proposta di legge sull’omofobia

Tra le diverse persone che denunciano di aver subito una «condanna sociale» per aver espresso un pensiero ‘diverso’ sulla questione, ci sono anche alcune femministe che hanno criticato la proposta di legge Zan-Scalfarotto sulla omotransfobia. Tra queste, come si legge attraverso il profilo Facebook del politico Simone Pillon, c’è la giornalista Monica Ricci Sargentini che scrive: «Ho spiegato perché mi oppongo alla legge contro l’omotransfobia e subito mi hanno detto che sono omofoba. Avanti così. Finiremo tutti in carcere».

Molte femministe sono infatti contrarie al concetto di identità di genere implicato nel disegno di legge Zan-Scalfarotto, poiché sostengono il fatto che la differenza sessuale sia biologica. Come dichiarato in un’intervista a Repubblica dalla storica del pensiero moderno e contemporaneo Francesca Izzo, tra le fondatrici del movimento femminista, «le differenze vanno riconosciute e nessuno deve essere discriminato, ma non vogliamo cancellare il fatto che ci siano donne e uomini […] Come scriviamo nella lettera, attraverso ‘l’identità di genere’ la realtà dei corpi – in particolare quella dei corpi femminili – viene dissolta. Il sesso non si cancella […] Mi sembra assurdo che usare il termine ‘donna’ sia diventato discriminatorio».

Secondo quanto dichiarato sempre a Repubblica dal relatore della legge Alessandro Zan, deputato del Pd, «il testo parte dai reati previsti dalla legge Reale-Mancino nel codice penale contro i crimini d’odio verso razza, etnia, nazionalità e religione e li estende anche a violenza sulle donne, orientamento sessuale e identità di genere. Non inventiamo niente ma prendiamo una legge dello Stato che c’è già e allarghiamo il campo».

Riguardo alla libertà di pensiero violata il deputato sostiene che «le polemiche di una parte della destra sulla libertà di espressione sono pretestuose, perché quando questa diventa istigazione all’odio non può essere più un principio assoluto».

Va notato come tuttavia, la realtà social racconti che adesso a essere oggetto di discriminazione, ‘etichette’ e insulti non siano soltanto i gay e gli appartenenti all’insieme Lgtbq+, ma anche quelli che esprimono in maniera sobria il proprio pensiero di disaccordo o di non condivisione personale sull’argomento, seppur riconoscendo e rispettando le scelte altrui e i loro diritti.

 
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