Scuola e famiglia le istituzioni chiave per combattere il doping

Le istituzioni giocano un ruolo importante nella formazione degli atleti. Diffondere una sana cultura contro il doping rappresenta quindi un ottimo strumento per educare la mentalità degli sportivi, a tutti i livelli.

Per approfondire le possibilità che la scuola può offrire in questo senso, Epoch Times ha intervistato Stefano Boscarato, dottore magistrale in scienze motorie specializzatosi al master Doping uso, abuso e misuso di farmaci nello sport, dell’Università statale di Udine e approvato e finanziato dal ministero della Salute.

Professore di scienze motorie nelle scuole medie, Boscarato collabora con le associazioni sportive del territorio per la corretta educazione al movimento e nella preparazione atletica e si occupa di realizzare progetti di formazione riguardanti la salute, il benessere e la prevenzione dell’uso di sostanze dopanti.

Dottor Boscarato, recentemente è stato relatore del convegno Doping: l’illusione di vincere.  Come mai la vittoria ottenuta con il doping è un’illusione?

La vittoria sportiva nasce dall’impegno e dal sacrificio che giorno dopo giorno dobbiamo mettere in campo per raggiungere un traguardo. Nello sport, come nella vita, questo richiede dedizione costante e continua e un ampio spazio da dedicare durante la giornata; questo impegno profuso permette allo sportivo di crescere non sono dal punto di vista della disciplina praticata ma anche dal punto di vista personale. Ottenere un traguardo sportivo non significa semplicemente aggiungere una medaglia alla propria bacheca, ma migliorare se stessi in una continua sfida personale che spinge l’atleta a sconfiggere le proprie paure più profonde e a superare i propri limiti.
Molti campioni di varie discipline sportive si sono macchiati per sempre la carriera a causa del doping: tanta fatica per niente! Anni di allenamento cancellati dall’uso del doping! Ma ne vale veramente la pena?

Con l’assunzione di sostanze dopanti possiamo alterare lo stato delle cose e ingannare le persone che ci stanno accanto. Il vero problema di una vittoria ottenuta in maniera sleale è che dentro di noi non percepiamo quell’emozione vera che ci dà la forza per migliorarci e superare sempre di più gli ostacoli che la vita ci riserva. Utilizzare sostanze dopanti rappresenta una sconfitta personale e un punto di arresto, un’illusione – non una certezza o un punto di partenza.

Il convegno in questione si è tenuto per bambini di quinta elementare e seconda e terza media a Villa Santina in provincia di Udine. Considerata l’età dei ragazzi, quale messaggio è stato fatto passare?

Il messaggio principale è il rispetto delle regole e della lealtà sportiva. Ma non solo, centrali all’educazione del giovane sportivo sono anche la disciplina, l’impegno, l’aiuto reciproco, la sincerità e la condivisione. La vittoria attraverso il doping non è una vera vittoria e la storia lo ha dimostrato numerose volte; la vittoria ottenuta senza fatica e dedizione è solo un’illusione momentanea che prima o poi finisce. Ma le conseguenze rimangono tutta la vita, sia per la salute che per l’opinione delle persone nei nostri confronti.
Nei bambini inoltre fa leva la perdita dei rapporti con amici e familiari e questo vale anche per gli adulti. La reputazione costruita nel tempo e con tanto lavoro è come dice un noto spot pubblicitario: non ha prezzo!

Qual è la risposta dei bambini che più l’ha colpita?

Mi ha colpito in maniera molto positiva il fatto che avessero molte domande e curiosità e che l’argomento invece di spaventare li abbia catturati e resi protagonisti. Tra le numerose affermazioni da loro sostenute è emerso che una vittoria ottenuta con l’inganno non rende felici e non è divertente. Ritengo che questa consapevolezza da parte delle nuove generazioni sia già un primo passo per un futuro migliore nel mondo dello sport.

I bambini sono stati sensibili e partecipi?

Sì, si sono dimostrati molto interessati e partecipi grazie anche al lavoro di preparazione svolto dalle loro insegnanti; questo è dovuto anche al fatto che il termine doping non è più sconosciuto alle nuove generazioni, è ormai entrato nel linguaggio comune di tutte le persone adulti e bambini. Inoltre è particolarmente piaciuta la parte legata alla corretta alimentazione in relazione alla pratica dell’attività sportiva.

Ha in programma altri convegni nelle scuole?

Nel tirocinio che ho svolto per conseguire il master Doping uso, abuso e misuso di farmaci nello sport, ho tenuto diversi interventi nelle scuole primarie e secondarie e visto il successo mi sono riproposto di continuare. Questo invito a incontrare le scuole in occasione del ‘Torneo internazionale di calcio giovanile’ a Villa Santina è un ulteriore passo per una corretta diffusione dell’informazione. Detto questo, in futuro sono previsti altri interventi nelle scuole.

Ha intenzione di tenere simili incontri anche per gli adulti?

Ho organizzato un convengo per dirigenti, allenatori e sportivi delle società a Conegliano, in provincia di Treviso, a novembre 2015 dal titolo Doping uso, abuso e misuso di farmaci nello sport, grazie alla collaborazione di esperti del settore come il dottor Cesare Mariani, che ha parlato del ruolo del medico sociale nelle società sportive e l’avvocato Alessio Chiesura, che ha trattato le differenze tra il reato penale e l’illecito sportivo. Durante il convegno il tema del doping è stato esposto in maniera multidisciplinare e progetti come questo contiamo di svolgerli anche in futuro.

Cosa cambierebbe davanti a un pubblico adulto? Il messaggio cambierebbe?

Il messaggio non cambia, cambiano le modalità per esporlo. Il pubblico adulto conosce la problematica, quindi dopo una breve definizione di doping e delle principali sostanze utilizzate si passa a un’analisi dei principali effetti che queste sostanze hanno nel nostro organismo, focalizzando l’attenzione in maniera mirata su cosa accade a livello cardiaco oppure a livello osseo e tendineo. Inoltre non dobbiamo dimenticare l’emergente fenomeno del doping genetico, dove il trasferimento di materiale genico nelle cellule umane non è impiegato per trattare o prevenire una malattia, ma per migliorare la prestazione degli atleti.

Approfondimento:

L’anno scorso ha concluso la frequentazione del master Doping uso, abuso e misuso di farmaci nello sport. Può spiegare le finalità di questo corso di studi?

Questo master si propone di formare degli esperti da collocare negli enti di promozione sportiva, nelle palestre e in strutture sportive collegate a federazioni sportive con lo scopo di diffondere la cultura del corretto uso di farmaci, medicamenti e integratori nello sport, con particolare attenzione a chi pratica un’attività sportiva non agonistica.

C’è stata una buona partecipazione nel corso degli anni?

Il master, di durata biennale e organizzato dal professore Massimo Baraldo, cattedra di Farmacologia clinica del Dipartimento di Scienze mediche sperimentali e cliniche dell’Università di Udine e dalla dottoressa Sabrina Licata, tutor del master, era riservato ai laureati in Scienze motorie e prevedeva un numero chiuso di trenta posti. I posti sono stati tutti coperti, dopo una selezione iniziale.

Dall’introduzione di questo master nel 2013 all’Università di Udine, quale seguito ha avuto?

È stato un evento unico per l’Università di Udine, un’opportunità che ho avuto la fortuna di cogliere durante il mio percorso di studi e che mi ha offerto nuove opportunità personali e professionali. Al momento non sono state organizzate ulteriori edizioni.

Cosa l’ha spinta a frequentare questo master specialistico?

La passione per l’attività motoria e sportiva è stata la chiave che mi ha spinto nel percorso della laurea triennale in Scienze motorie e della laurea specialistica in Scienza dello sport. Il tema del doping mi ha sempre affascinato. Frequentare il master è stata un’opportunità importante per ottenere le competenze necessarie alla corretta diffusione delle informazioni in ambito sportivo professionistico e amatoriale.

In questi anni, come è cambiata secondo lei l’idea del doping?

C’è maggior consapevolezza nelle persone, ma la strada da fare è ancora molta. Dobbiamo lavorare per diffondere maggiormente le informazioni su reali rischi e relative conseguenze a livello personale e sociale che hanno queste sostanze, soprattutto se assunte in giovane età e per lunghi periodi. Informare e formare gli specialisti del mondo sportivo risulta ormai indispensabile.

Come si può diffondere una sana cultura contro il doping? Mi viene in mente per esempio la scuola, ma anche i giornali, libri.

La collaborazione costante tra scuole, società sportive e famiglie rappresenta l’unica e vera strategia per diffondere il corretto messaggio. Tutto questo può avvenire tramite incontri periodici di formazione nelle scuole, in collaborazione con le società sportive e l’appoggio delle famiglie.
Inoltre giornali, televisione e altri mezzi di comunicazione devono fare costantemente la loro parte, con attenzione e cura nel prelievo delle informazioni, con l’obiettivo di creare consapevolezza e maggior chiarezza nell’utente.

Qual è il settore più colpito dal doping: sport amatoriale o professionistico?

Il settore professionistico è da sempre il più visibile e colpito per evidenti ragioni economiche. Purtroppo negli ultimi anni il fenomeno più preoccupante è la diffusione a livello dilettantistico e amatoriale. La competizione spesso è elevata, anche se non si aspetterebbe, e si ricorre a tutto pur di primeggiare. Questo a parer mio è un problema prettamente culturale.

Quali sono secondo lei gli sport più affetti da questa piaga?

Definire con precisione quali siano sarebbe generalizzare qualcosa di non chiaramente definibile. Purtroppo si tratta di un fenomeno che riguarda la maggior parte degli sport, con lo scopo di migliorare la prestazione. Le sostanze più utilizzate sono gli steroidi anabolizzanti, impiegati principalmente negli sport di potenza per aumentare massa muscolare e forza, i diuretici per rientrare in una specifica categoria di peso oppure per mascherare l’assunzione degli steroidi anabolizzanti, i beta 2 agonisti per potenziare le capacità del sistema respiratorio e gli ormoni peptidici come l’eritropoietina che aumenta la produzione di globuli rossi con conseguente aumento dell’apporto di ossigeno al muscolo.

Come vede l’antidoping rispetto al doping? Ritiene che si stiano facendo passi in avanti?

A livello mondiale la materia del doping gode di un grande privilegio, in quanto è regolata uniformemente e per tutti gli sport. La Wada (World Anti Doping Agency) è un organismo centrale e indipendente che coordina la lotta contro il doping. Tra i suoi compiti principali emana il Codice mondiale antidoping, che rappresenta il documento fondamentale e universale su cui si basa il Programma mondiale antidoping ed è valido per tutti gli sport e discipline ovunque praticati e organizzati. Ha inoltre il compito di emanare la lista delle sostanze e dei metodi proibiti aggiornata periodicamente, che possiamo anche trovare sul sito internet del Coni nella sezione relativa all’antidoping. Grazie a questi strumenti, ritengo ci siano buone prospettive per il futuro dello sport.

Cosa pensa del passaporto biologico?

Si tratta di uno strumento indiretto molto efficace per individuare gli effetti anomali che le sostanze assunte possono avere sull’organismo dell’atleta; è stato introdotto dalla Wada per calcolare un rapporto tra i normali parametri ed eventuali anomalie legate all’introduzione di sostanze dopanti. Rappresenta un’arma molto valida per contrastare il fenomeno e di conseguenza tutelare chi si comporta in maniera corretta.

Cosa ne pensa del caso Schwazer, in particolar modo come tentativo di riabilitazione di un atleta?

Si tratta di un caso delicato e controverso di cui si è detto e scritto di tutto, spesso anche strumentalizzando la vicenda. Senza entrare troppo nel merito di questo singolo caso, credo che non si debba mai rinunciare al recupero di un atleta, che comunque è uno sportivo che si è impegnato e ha incontrato delle difficoltà nel suo percorso.
Ritengo inoltre che l’aspettativa eccessiva nei confronti di un giovane atleta non possa mai portare a nulla di positivo. Bisognerebbe invece enfatizzare la cultura e la diffusione di valori dello sport come la lealtà e la partecipazione e non la vittoria a tutti i costi e con qualsiasi strumento o metodo. Onorare la propria nazione a prescindere dal risultato credo sia la forma di lealtà e sportività più importante.

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