Screening oncologici, tra prevenzione e accanimento terapeutico

Negli Stati Uniti è scoppiata l’epidemia degli screening oncologici, alimentata dalla cultura medica e da campagne di sensibilizzazione aggressive. E sempre più geriatri, oncologi e analisti del sistema sanitario stanno iniziando a far sentire la propria voce. I problemi sono infatti molteplici: primo, eseguire questo tipo di test su pazienti così anziani ha minime probabilità di rilevare malattie letali; secondo, i costi sono elevati; terzo, essendo test e trattamenti spesso invasivi, è più probabile che provochino dei danni piuttosto che prevenirli.

È infatti improbabile che cercare tumori in queste persone porti qualche beneficio: «Troviamo qualcosa che non avrebbe fatto male al paziente – ha dichiarato il dottor Sei Lee, professore associato di geriatria all’Università della California a San Francisco – e per farlo lo abbiamo danneggiato».
Secondo l’American Journal of Public Health, quasi una donna su cinque con grave deficit cognitivo – comprese le pazienti più anziane – è sottoposta regolarmente a mammografie, nonostante siano sconsigliate quando l’aspettativa di vita è limitata. E uno studio del 2014 condotto da Jama Internal Medicine, riporta che il 55 percento degli uomini più anziani, con ridotta aspettativa di vita nel prossimo decennio, continua a essere sottoposto al test Psa per la prevenzione del cancro alla prostata.

Oltretutto, tra le persone di età compresa tra i 70 e gli 80 anni, spesso gli esami oncologici rilevano tumori a crescita lenta, che difficilmente interferiscono nella vita di questi pazienti, che – secondo quanto sostiene la Dottoressa Deborah Korenstein, capo di Medicina generale interna al Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York – spesso sarebbero morti per altre cause (come demenza, malattia cardiaca o polmonite) molto prima che il tumore potesse diventare una minaccia, in particolare quello alla prostata, che spesso è innocuo.

I pazienti affetti da demenza, a esempio, di solito vivono pochi anni. Mentre, il dottor Korenstein sostiene che «in genere, ci vogliono circa dieci anni per riscontrare benefici da uno screening oncologico, almeno in termini di riduzione della mortalità». Infatti, come dimostrano diverse ricerche mediche, l’entusiasmo per le analisi oncologici è molto alto tra i pazienti, e i medici che tendono sia a sopravvalutarne i benefici che a sottovalutarne i rischi.

In alcuni casi, queste ricerche sono state effettuate su donne a cui erano già stati rimossi organi. Secondo uno studio del 2014 di Jama Internal Medicine, condotto su donne di età superiore ai trent’anni, quasi due terzi di chi aveva subito un’isterectomia, erano state sottoposte ad almeno un Pap-test, per diagnosticare il cancro al collo dell’utero, e un terzo di queste lo aveva già effettuato l’anno prima. E alcuni pazienti con tumori terminali, continuano a essere sottoposti a screening oncologici.
Il dottor Korenstein afferma che queste indagini – sebbene possano prolungare e migliorare la vita di adulti sani – su persone anziane e fragili, tendono a portare più danni che benefici. Dello stesso parere è anche il dottor Cary Gross, professore alla facoltà di medicina di Yale, che afferma: «I pazienti ottantenni, affetti da altre patologie croniche, è molto improbabile che possano beneficiare dello screening e più probabilmente i danni supereranno i benefici».

Mediante lo screening di pazienti che hanno un’aspettativa di vita breve, i medici spesso diagnosticano inutilmente tumori, che non necessitano di essere trattati. I ricercatori stimano che fino a due terzi dei tumori alla prostata, così come un terzo di quelli al seno, siano stati sovra-diagnosticati. Sostiene il dottor Gross: «La sovra-diagnosi è grave, è un danno tremendo imposto dagli screening […] un qualcosa con cui solo ora abbiamo iniziato a fare i conti».

Varie categorie di associazioni mediche – dell’American College of Surgeons (Collegio dei chirurghi Americani) alla Society of General Internal Medicine (Associazione di Medicina Generale Interna) – hanno consigliato ai medici di escludere pazienti con brevi prospettive di vita. Ad esempio, l’American Cancer Society raccomanda screening della prostata e del seno solo in pazienti che hanno un’aspettativa di vita di oltre dieci anni.

Lo screening del cancro della prostata negli uomini con più di 75 anni – secondo uno studio del 2014 pubblicato sulla rivista Cancer – costa all’assistenza sanitaria almeno 145 milioni di dollari all’anno. Inoltre, secondo uno studio del 2013 condotto da Jama Internal Medicine, le mammografie in questa fascia di età costano più di 410 milioni di dollari all’anno. E sono i contribuenti di solito a pagare il conto per questi test, perché la maggior parte degli anziani sono coperti da assistenza sanitaria: sebbene gli screening oncologici in genere siano poco costosi – una mammografia in America costa in media circa 100 dollari – possono portare a una serie di test di controllo e trattamenti a cascata, che vanno a sommarsi al costo totale delle cure. Uno studio di ottobre 2017, pubblicato sulla rivista Health Affairs, riporta che la maggior parte delle spese per cure mediche inutili non proviene da operazioni rare e costose, come interventi chirurgici al cuore, ma da servizi a basso costo eseguiti troppo frequentemente.

ABITUDINI DURE A MORIRE

La dottoressa Mara Schonberg, professore associato presso la facoltà di medicina di Harvard e il Medical Center Beth Israel Deaconess di Boston, sostiene che molti dei pazienti più anziani si aspettano di continuare a essere sottoposti ad esami: «è scioccante per qualcuno che si è sentito dire ogni anno di sottoporsi a uno screening – afferma – sentirsi dire, a 75 anni, di smettere».

Decenni di campagne di sensibilizzazione hanno convinto i pazienti che i test oncologici siano essenziali, come sottolinea la dottoressa Lisa Schwartz – professore presso l’Istituto di Dartmouth per la politica sanitaria e la pratica clinica – che nella sua ricerca ha rilevato come molte persone si sentano talmente in obbligo, moralmente, di sottoporsi allo screening oncologico da essere incapaci di immaginare di farne a meno.

Queste campagne hanno convinto molte donne che «le mammografie salvano la vita». Però, come ha spiegato la dottoressa Schonberg, quelle campagne non menzionano il fatto che i medici debbano sottoporre a screening mille donne per un decennio al fine di prevenire una morte per cancro al seno.
Tuttavia, le indagini possono avere conseguenze disastrose. Secondo uno studio pubblicato a gennaio 2017 su Annals of Internal Medicine, le complicazioni mediche durante le colonscopie – come il sanguinamento intestinale – nei pazienti di età compresa tra 75 e 79 anni sono quasi il doppio rispetto a quelli tra 70 e 74 anni. Le colonscopie, richiedendo una profonda pulizia di preparazione dell’intestino, possono anche lasciare molte persone anziane disidratate e soggette a svenimenti.
I test Psa, invece, possono richiedere delle biopsie prostatiche – in cui i medici usano aghi per campionare i tessuti – che causano infezioni in circa il sei percento degli uomini e, secondo uno studio del 2014 nel Journal of Urology, un uomo su cento di quelli sottoposti a biopsia finisce in ospedale a causa di queste infezioni.

Secondo quanto ha affermato la dottoressa Eleni Linos, professore associato presso l’Università della facoltà  di medicina della California-San Francisco, anche la rimozione di un tumore benigno della pelle può causare problemi ai pazienti più anziani. I pazienti fragili possono essere in difficoltà anche per curare le ferite chirurgiche e cambiare le medicazioni; quindi, anche le loro ferite hanno meno probabilità di guarire bene. Come dimostra la ricerca della dottoressa Linos, oltre un paziente su quattro affetto da tumore della pelle benigno va incontro a complicazioni dopo il trattamento.

Tuttavia, la maggior parte dei 2,5 milioni di tumori cutanei a crescita più lenta rilevati ogni anno, vengono diagnosticati a persone con più di 65 anni. E secondo lo studio della dottoressa Linos del 2014, più di 100mila di questi tumori della pelle benigni sono trattati in pazienti che muoiono entro un anno.
«Per una donna di quella generazione priva della capacità cognitiva per comprendere cosa sta succedendo – dice il dottor Lee – avere parti intime del proprio corpo esposte e premute contro una macchina può agitarla molto, fino a sconvolgerla». E la dottoressa Schonberg aggiunge che tra le donne anziane, circa il settanta percento riporta di aver subito uno stress notevole al momento della biopsia.
Praticamente tutte le donne anziane con cancro al seno finiscono per essere sottoposte a un intervento chirurgico, che le mette ancor più in difficoltà. Inoltre, vengono loro prescritte terapie ormonali che, oltre a essere dolorose, possono causare mal di ossa e aumentare il rischio di ictus.

Oggi, per ridurre i danni provocati dalla sovra-diagnosi del cancro alla prostata, i medici cercano di offrire agli uomini diagnosticati precocemente una ‘sorveglianza attiva’ in alternativa a un trattamento immediato. Uno studio pubblicato lo scorso anno sul New England Journal of Medicine ha rilevato che gli uomini hanno la stessa probabilità di sopravvivere (dieci anni) sia che scelgano di essere trattati o solo monitorati.
Questo approccio meno aggressivo mira a evitare gli effetti collaterali a lungo termine: secondo uno studio del 2013 condotto da Jama Internal Medicine, tra gli uomini che hanno subito un intervento chirurgico per un cancro alla prostata, il 14 percento perde il controllo della vescica e il 14 percento sviluppa una disfunzione erettile.

In uno studio pubblicato a luglio sul Journal of Clinical Oncology, il dottor Richard Hoffman ha rilevato che il 15 percento dei sopravvissuti al cancro alla prostata si è pentito di essersi sottoposto alle cure; quelli trattati con la chirurgia e le radiazioni hanno infatti circa il doppio delle probabilità di rimpiangere la propria scelta rispetto a chi ha scelto solo di monitorare la malattia.

IMPRESA DIFFICILE

I medici in America hanno diversi tipi di incentivi che li spingono continuare a prescrivere screening alle persone che invecchiano: «È molto più facile dire: “Bene, quest’anno fatti regolarmente la mammografia” – spiega il dottor Gross – piuttosto che intrattenere una conversazione, molto più difficile, sulla sua inutilità quando l’aspettativa di vita è limitata».
Mentre la dottoressa Schonberg – quando parla ai pazienti della sospensione dello screening – cerca di essere diplomatica: «È difficile dire alla gente, “Non vivrai abbastanza a lungo da trarne beneficio”».
Secondo la dottoressa Schonberg, inoltre, molti medici continuano a prescrivere screening agli anziani perché temono di essere citati in giudizio se omettono di diagnosticare un cancro. Ma la dottoressa evidenzia anche come alcuni sistemi sanitari riconoscano bonus aggiuntivi ai medici con pazienti dagli alti tassi di screening.

La dottoressa Louise Walter, capo geriatra presso l’Università della California-San Francisco e geriatra presso il San Francisco Medical Center per Veterani, crede che i medici dovrebbero dare la priorità ad aiutare i pazienti a essere più sani. Per numerosi pazienti in età avanzata, lo screening oncologico non è prioritario: «Invece di dedicare tempo e sforzi a soluzioni dolorose che non li aiuteranno mai – si chiede la dottoressa Walter – perché non dirigere tempo e energie su cose che li aiuteranno a vivere più a lungo e meglio?». Ad esempio si potrebbe dire a un paziente: «In questo momento, hai davvero un’insufficienza cardiaca e dobbiamo monitorarla». Come spiega la dottoressa Walter, altri problemi ben più importanti per gli anziani includono la prevenzione delle cadute, la cura della depressione e l’alleggerimento dello stress per i loro assistenti sanitari.
Mentre il dottor Gross spinge i pazienti a prendere provvedimenti per migliorare la propria salute, come fare esercizio almeno 15 minuti al giorno. «Queste sono cose che possono aiutarli a sentirsi meglio molto rapidamente» concorda da dottoressa Walter. Mentre, «le analisi possono richiedere anni portare dei benefici. Quando li portano».

 

Articolo in inglese: Is Cancer Screening Doing More Harm Than Good?

Traduzione di Massimo Marcon

 
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