La virtù nell’Arte Marziale tradizionale cinese

Anche se i suoi novant’anni si fanno sentire, la competenza nelle armi e nelle tecniche marziali tradizionali cinesi di Chao Fu-lin, un maestro di Taiwan, ancora riescono a sorprendere.
Durante una manifestazione tenutasi di recente in una palestra newyorkese, ha incantato una folla di ammiratori con la grazia e l’agilità delle sue movenze. Ma nel partecipare a una competizione internazionale ha compiuto un gesto più significativo di quanto si possa intuire in superficie: è un atto di adesione a un movimento per rinvigorire il cuore semi-mistico del Kung Fu cinese.

New Tang Dynasty Television (NTD TV), un’emittente cinese con sede ha New York, ha trasmesso il 17 e il 18 settembre la quinta edizione dell’International Chinese Traditional Martial Arts Competition, tenutasi a Middletown, una cittadina di 25 mila abitanti a due ore da Manhattan. Il torneo, che attira concorrenti da otto paesi e coinvolge fino a tre generazioni diverse, mira a diffondere le arti marziali autentiche, o ‘wushu’, secondo la denominazione cinese. Le esibizioni potevano prevedere o meno l’uso di armi, ed essere individuali o di coppia. A ciascuno dei cinque vincitori selezionati dalla giuria spettava una spada forgiata per l’occasione dall’illustre maestro Ch’en Chong-chin e una somma di 5 mila dollari.

Per l’anziano maestro Chao, che vive in Taiwan ma è nato in Cina in un periodo dominato dai signori della guerra, l’evento ha significato forse l’ultima possibilità di comportarsi con onore.

Chao Fu-lin demonstartes his skills with a spear. (Chen Baizhou/Epoch Times)

Chao Fu-lin mostra la sua tecnica con la lancia (Chen Baizhou/Epoch Times)

«NTD TV sta promuovendo seriamente le arti marziali cinesi, ma io ho quasi 90 anni, e negli ultimi due ho avuto difficoltà nell’alzare le gambe. Se non sostengo ora queste iniziative, potrei non averne occasione in futuro».

L’elemento che contraddistingue la competizione sponsorizzata dall’emittente cinese è il suo mettere al centro i valori di tradizione e virtù. Per i maestri come Chao, che hanno assistito alla progressiva snaturalizzazione delle antiche forme marziali, dovuta alle repressioni ideologiche e alla commercializzazione, l’evento che si è tenuto a Middletown rappresenta un felice ritorno all’autenticità.

VIRTU’ MARZIALE

Una popolazione che venera l’ordine e la perfezione, come quella dell’antica Cina, ricerca la virtù e la moralità perfino durante un combattimento.
Gli uomini si sforzano di “eccellere sia nel civile sia nel marziale”, richiamandosi idealmente all’immagine di imponenti consiglieri e ufficiali della corte imperiale.
Nelle prime battute de “L’ Arte della Guerra” dì Sun Tzu, viene affermato come la vittoria vada all’esercito, il cui comandante meglio ha compreso il Tao, detto anche “la Via”.

La virtù marziale, “Wu De” in cinese, è il principio attorno cui si è sviluppato il torneo internazionale tenutosi a Middletown: il cuore spirituale delle arti marziali tradizionali non è l’uso aggressivo, ma la difesa contro le ingiustizie.

«È diversa da qualsiasi competizione avente per obiettivo il profitto» ha detto Wu Cheng-Han, un praticante di Taiwan del Pugilato degli Otto Estremi (B?jíquán). «Si tratta di rispetto per ciò che è più grande, verso lo Spirito del Cielo. Allo stesso modo un artista marziale si inchina, mostrando umiltà e rispetto verso i suoi maestri, Buddha e il Cielo».

Anche Chin Li-yen, guardia del corpo per ben quattro presidenti di Taiwan, è un maestro del Pugilato degli Otto Estremi, il wushu del nord della Cina. Questa scuola in origine era una pratica segreta delle guardie imperiali durante la dinastia Qing, e possiede un’ampia varietà di tecniche letali.
Per questo la moralità è fondamentale: «La questione non riguarda solo il vincere o il perdere» ha detto Chin in un’intervista alla NTD, «ma l’essere accettati nella corte, o finire all’ospedale».

LA COLTIVAZIONE DELLA MENTE

Il maestro Li Peiyun, gestore di una scuola di wushu nel New Jersey, è molto selettivo nei confronti sei suoi allievi: «Considero primario il loro senso morale. Se una persona può servire a promuovere e mantenere vive le arti marziali cinesi, allora apprenderà da noi un complesso, abbastanza fedele alla tradizione, di teoria, metodo e tecniche di combattimento».

E questi insegnamenti si radicano nel profondo.

Il terapeuta Brian Nguyen, uno degli allievi di Li, applica i principi del wushu ai suoi pazienti, nella speranza di aiutarli a “coltivare se stessi”.
«Amano il wushu, ma non sanno quanto sia accessibile» ha dichiarato una volta. «Quando glielo dimostro, ne rimangono entusiasti, perché è fluido, bello e trasmette un senso di pace, ma anche estremamente intenso».

E in effetti, nonostante la popolarità dei film di kung fu, le arti marziali cinesi non godono in occidente della fama riservata alle controparti giapponesi o coreane.

«Quando mi sono reso conto di prediligere il wushu, e non il taekwondo o il karate, ho cercato la scuola più vicina ed era quella del maestro Li».

Per Nguyen, e i suoi partner di allenamento Anthony DeSimone e Leif Smith, il controllo su di sé è cruciale nella pratica del wushu.

«Viene insegnato come difenderci, ma anche di ricercare la pace. Sono padrone di me in ogni momento, non solo nelle arti marziali o delle mie capacità fisiche, ma in tutta la mia vita. Il maestro Li mi ha aiutato immensamente, coltivando questo aspetto e permettendone la crescita». Nguyen ha mostrato una tecnica del Pugno della Mantide durante la sua presentazione.

Il wushu non è una prerogativa maschile, inoltre è strettamente correlato alla danza cinese tradizionale. Molte donne, nel corso della storia, hanno avuto accesso agli insegnamenti delle arti marziali, e anche a Middletown erano presenti concorrenti femminili dei differenti paesi.

Ch’en Ching-I, vincitrice del bronzo nella categoria femminile delle esibizioni con le armi, viene da Taiwan e padroneggia una coppia di lame da 6 libbre:

«Sono qui per promuovere le arti marziali tradizionali».

E, riferendosi al suo allenamento: «Non sapevo come bilanciare la forza nelle varie tecniche. A un certo punto ho intuito che fosse sufficiente infonderci dentro tutta me stessa. E lentamente ho compreso come nella leggerezza debba esserci potere, e nel potere leggerezza. E che a volte bisogna lasciar prorompere l’energia dell’istinto. È così che si coltiva la mente. Ho imparato a piccoli passi il valore dell’umiltà, e mi ha reso una persona più tollerante».

TRADIZIONI INQUINATE

Secondo Li Youfu, capo giudice della competizione, nonché famoso maestro originario di Beijing, il profondo significato e la storia del wushu sono riconducibili alla fede in principi celesti: «Il wushu tradizionale viene tramandato da millenni. Si narra che le sue radici risalgano a un sapere donatoci dalla divinità».

Ma oggi il wushu autentico deve affrontare continue minacce alla sua esistenza. Durante la Rivoluzione Culturale degli anni 60 e 70, i maestri di wushu tradizionali sono stati perseguitati ed emarginati, e le arti marziali hanno perso così molte delle loro caratteristiche originarie.

L’insorgere di interessi commerciali ha contribuito all’imbarbarimento delle arti, ponendo l’enfasi su movimenti più appariscenti ma superficiali, a spese dell’antica raffinatezza. Le scuole marziali odierne propongono una mescolanza di elementi presi dalla danza e da altre discipline, che le allontana sempre più dalle origini dell’arte.

«In patria il wushu tradizionale è stato completamente trasformato e le scuole esoteriche contaminate».

Li Youfu invita i praticanti del wushu tradizionale a prender parte nella competizione così da promuovere le loro discipline e la virtù marziale su scala globale.

«Il ristretto numero di maestri e appassionati del settore delle arti marziali tradizionali, deve mantenere, preservare, e tramandare queste discipline. Spero che competizioni simili aiutino nel far tornare a brillare tali gemme».

Articolo in inglese: Bringing Chinese Martial Arts Back to its Traditional Virtues

Traduzione di Alessio Penna

 

 
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