Regeni ha gridato tre volte «Sono italiano»

Picchiato, preso a pugni, torturato in tutti i modi, Giulio Regeni avrebbe cercato di salvarsi la vita con un grido ripetuto tre volte. Le parole erano ben scelte: «Sono italiano, sono italiano, sono italiano». Perché, per le autorità, uccidere un egiziano è un conto. Ma uccidere un cittadino di un Paese estero, addirittura alleato, è fonte di molti problemi.

I suoi aguzzini, però, lo sapevano già. Forse hanno scelto di correre lo stesso il rischio, o forse lo hanno ucciso sapendo benissimo quello che facevano. Certo, l’aneddoto del grido, che il Tempo attribuisce a informatori vicini alla squadra di inquirenti che lavora sul caso, non è da prendere per oro colato, visto quanto è facile che in questi casi si verifichino soffiate false. Ma se fosse vero, indicherebbe alcuni elementi interessanti.

Primo: Regeni probabilmente riteneva che i suoi aguzzini fossero parte delle forze di polizia egiziane. Se avesse pensato che i torturatori fossero parte dell’opposizione, rivelare la propria italianità non avrebbe avuto molto senso. Questo, comunque, non è una vera prova che i sequestratori facessero effettivamente parte delle forze dell’ordine egiziane.

Secondo: le indagini sono probabilmente vicine alla fine. Se gli inquirenti addirittura sanno cosa ha detto Regeni prima di morire, allora forse sanno già chi l’ha ucciso o ci sono molto vicini.

Terzo: Se il grido di Giulio non è servito a niente, probabilmente non si è trattato di un semplice caso di maltrattamento da parte delle forze dell’ordine. Gli autori del crimine sapevano bene quello che facevano. Dei poliziotti abituati alla prassi ‘mano pesante’, dopo essersi resi conto di avere ucciso Regeni avrebbero probabilmente reagito al problema avvisando i superiori o, al limite, facendo sparire del tutto il corpo.

Inoltre il Tempo rivela un altro dettaglio interessante: il corpo di Giulio è stato lavato, per eliminare le tracce degli aguzzini, e rivestito con gli stessi abiti che indossava al momento del sequestro.
Si tratta di un particolare molto importante, perché indica che i torturatori hanno voluto cancellare delle tracce che potevano diventare prove a carico, ma senza far sparire il corpo. Il miglior modo di far sparire le tracce, sarebbe stato infatti bruciare il cadavere del povero Giulio o eliminarlo del tutto in qualche altro modo. Ma se il corpo non è stato distrutto, pur essendo stato ripulito, allora è logico dedurre che gli aguzzini volessero farlo ritrovare.
In questo caso è plausibile immaginare che a uccidere Regeni sia stata l’opposizione egiziana, in una manovra tesa a far ricadere la colpa sull’Egitto.

Intanto un altro grido d’aiuto, dopo quello di Giulio, viene dai suoi genitori, che invitano a mantenere alta l’attenzione sul caso. E anche Amnesty International si è mossa, assieme a ricercatori e giornali, in un tentativo collettivo di fare pressione perchè si faccia luce sulla vicenda.

Quanto infine ai governi, collaborano e assicurano che la verità verrà a galla: «La ricerca dei criminali e dei responsabili dell’uccisione di Giulio Regeni è in cima alle nostre priorità, ai nostri sforzi e trattiamo questo argomento con estrema importanza, considerati anche i nostri rapporti con l’Italia e il governo italiano», ha dichirato il ministro dell’Interno egiziano Madgi Abdel Ghaffar secondo Repubblica, assicurando che gli inquirenti egiziani «informano una squadra d’azione della polizia italiana di tutti gli sforzi che si stanno facendo senza interruzione per arrestare i responsabili».

 
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