Trivelle sì trivelle no, l’opinione di un esperto

Astenetevi. Questo il consiglio del Partito Democratico, sul referendum trivelle. Dopo aver vinto gran parte delle battaglie sulle riforme costituzionali, sulla scuola e sulla famiglia, ora il Pd di Renzi si appresta a combattere quella sull’ambiente. Ma in realtà, per certi versi, l’ha già vinta.

Come per molte altre riforme, Renzi ha preferito evitare un’aspra battaglia facendo ampie concessioni. In modo simile a quando ha rinunciato alle preferenze nella legge elettorale, o stralciato la stepchild adoption dal Ddl Unioni Civili, anche sul tema delle trivelle il governo ha già fatto ampie concessioni alle regioni. Infatti i quesiti referendari proposti da Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Marche, Molise, Puglia, Sardegna e Veneto erano inizialmente sei, di cui cinque sono stati rifiutati proprio perché il governo aveva già provveduto ad applicarli di sua iniziativa.

Il referendum per cui si vota il 17 aprile ha dunque uno scarso significato immediato: non si vota per mettere da parte le trivelle, ma solo per impedire che le compagnie che trivellano continuino a farlo allo scadere delle concessioni, fino all’esaurimento del giacimento. Inoltre questo vale solo per le trivelle entro 12 miglia dalla costa. Se vincesse il sì, il governo non sarebbe affatto vincolato a usare di meno il petrolio o di più le rinnovabili: con ogni probabilità importerebbe petrolio con le petroliere invece di estrarlo.

«Se il referendum passerà – riassume Debora Serracchiani su Facebook – saranno inutilmente a rischio moltissimi posti di lavoro, dovremo comprare all’estero più gas e più petrolio, e soprattutto l’Adriatico non sarà meglio difeso». In passato la Serracchiani aveva partecipato a manifestazioni anti-trivelle nel Sud Italia.

A indebolire ulteriormente l’importanza ambientalista del referendum, c’è il fatto che molte delle trivelle interessate dal referendum non estraggono petrolio, ma metano, una risorsa molto meno problematica dal punto di vista ambientale.

HA SENSO VOTARE SÌ?

I motivi per votare sì (il referendum è abrogativo, quindi votare sì significa dire no alle trivelle) sono sostanzialmente due: evitare l’inquinamento causato dagli impianti, e dare un segnale politico al governo. Dei due, il secondo è probabilmente il motivo più solido.

L’impatto del risultato del referendum in sé sarà probabilmente minimo, ma la vittoria del sì darebbe un forte segno dell’avversione del popolo italiano al petrolio. Nel recente passato, i referendum ambientalisti – come quello contro il nucleare o a favore dell’acqua pubblica – hanno sempre avuto successo. Quindi non è difficile pensare che anche questo funzionerà. Il governo non potrà ignorare il significato più ampio della vittoria del sì, ed è probabile che si vedrà spinto per lo meno a promettere interventi a favore delle rinnovabili.

Per quanto riguarda l’inquinamento, il problema è controverso. Secondo il capitano Giuseppe Ferreri «le piattaforme di perforazione inquinano anche se non inquinano».
Ferreri, che ha lavorato per anni su piattaforme petrolifere spiega infatti: «il fango che si usa per otturare il pozzo (nei casi di estrazione pompe oppure perforazione) è un mix di sostanze chimiche […] Ebbene, una parte, seppur minima, va a finire in mare. Però il supply vessel è costantemente presente. Come a dire: visto che bravi che siamo!? In caso di necessità possiamo scaricare il fango nei serbatoi del supply vessel. Ciò in realtà viene fatto…Ma dove la mettiamo quella percentuale, seppur minima, di fango che va a finire in mare e soprattutto quella che rimane all’interno della crosta terrestre (i pozzi possono essere profondi mille metri o anche più, e il fango a mille metri cosa fa? Mica viene aspirato! Viene perciò assorbito dalla crosta terrestre)».

Le trivelle, insomma, non dovrebbero inquinare, ma in realtà inquinano. Questi problemi «tecnici», tuttavia, non preoccupano molto Ferreri. Piuttosto l’esperto si lamenta «della prepotenza delle solite multinazionali che fanno tutto ciò che vogliono (con la complicità della politica) a discapito di un futuro più intelligente, più onesto, più tutelante la vera economia».

«La gente ha sempre più sete di autenticità, di serenità visiva (oltre che psicologica), ha bisogno di godere di ciò che sempre più difficilmente riesce a trovare. Mi riferisco al paesaggio non antropizzato o quanto meno, antropizzato in maniera da essere funzionale al benessere di cui sopra». Un qualcosa che le piattaforme a poche miglia dalla costa minano.

E i posti di lavoro che si otterrebbero? «Nulla di tutto ciò – sostiene Ferreri – avverrà. Ci saranno le solite ditte che “vincono” gli appalti, i sub-appalti… Le solite multinazionali che, per farsi belle, diranno “abbiamo creato un indotto” facendo finta di aver dato delle opportunità a qualcuno. Il tutto per riempire la pancia ai soliti, ormai insopportabili, magnoni».

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