Il rapporto sulla morte di Khashoggi mira a colpire il principe saudita, per corteggiare l’Iran

Di Stephen Bryen

L’Arabia Saudita è un luogo autoritario in cui i leader religiosi hanno un potere enorme e la famiglia reale ne ha ancora di più. I suoi standard di giustizia sono diversi da quelli americani.

Perciò, quando la Cia redige un rapporto sulla morte di un giornalista saudita per mano di scagnozzi sauditi, non sorprende che il rapporto, diffuso dall’Ufficio del Direttore dell’Intelligence Nazionale americana (Odni), punti il ​​dito contro il principe della Corona Saudita Mohammed bin Salman. Il fatto sorprendente è che il rapporto sull’omicidio di Jamal Khashoggi sia composto da appena tre quarti di pagina di insinuazioni dilettantistiche.

OK, sono state pubblicate quattro pagine: una copertina; una pagina con il riepilogo esecutivo; una pagina che ripete il riepilogo esecutivo, e aggiunge un elenco di quattro insinuazioni; mentre un elenco di persone riempie la terza pagina sino a sfociare nella quarta.

Vale la pena leggere l’intero riepilogo esecutivo:

«Stimiamo che il principe ereditario dell’Arabia Saudita Muhammad bin Salman abbia approvato un’operazione a Istanbul, in Turchia, per catturare o uccidere il giornalista saudita Jamal Khashoggi».

  • «Basiamo questa valutazione sul controllo del processo decisionale nel Regno da parte del principe ereditario, il coinvolgimento diretto di un consigliere chiave e membri della guardia di Muhammad bin Salman nell’operazione, e il sostegno del principe ereditario all’utilizzo di misure violente per mettere a tacere i dissidenti all’estero, compreso Khashoggi».
  • «Dal 2017, il principe ereditario ha il controllo assoluto delle organizzazioni di sicurezza e di intelligence del Regno, rendendo altamente improbabile che funzionari sauditi avrebbero effettuato un’operazione di questa natura senza l’autorizzazione del principe ereditario».

Nessuna prova.

«Valutiamo» vuol dire senza certezza, non con fonti umane (anche fonti anonime o oscurate), non con prove fisiche, non con prove. Solo «valutiamo», perché il principe ereditario aveva «il controllo del processo decisionale» e «il controllo assoluto» delle operazioni di intelligence. Avevamo bisogno di un rapporto dei servizi segreti per questo?

In seguito, sulla stessa pagina, il rapporto afferma: «Il principe ereditario probabilmente ha favorito un ambiente in cui gli assistenti temevano che il mancato completamento dei compiti assegnati potesse portarli al licenziamento o all’arresto».

«Probabilmente»?

Non sappiamo se il principe ereditario abbia ordinato l’omicidio di Khashoggi, o la sua cattura, o abbia ordinato qualcosa. Si potrebbe anche ipotizzare che, dato un «ambiente in cui gli assistenti avevano paura» e sapendo che il principe ereditario disprezzava Khashoggi, si sono presi la responsabilità di sbarazzarsi del ragazzo, sperando di ingraziarsi un capo esigente. Lo hanno fatto? Chi lo sa? Il principe ereditario ha ordinato l’omicidio? Chi lo sa? Non la Cia, a quanto pare.

Il resoconto sembra più una prova della politicizzazione della Cia, che un documento per comunicare al governo qualcosa di utile sull’Arabia Saudita. Tutto quanto scritto in quei tre quarti di pagina è stato poi ampiamente riportato sui giornali.

Come ha potuto l’Odni rilasciare un rapporto di così bassa qualità? Inoltre, il resoconto non riporta l’approvazione di nessun vero funzionario dell’intelligence: è stato rilasciato dall”Ufficio del direttore’. Potrebbe essere che il rapporto sia stato pubblicato così in modo che l’Arabia Saudita possa facilmente sottolinearne i difetti, ma nessuno da parte degli Stati Uniti potrebbe essere ritenuto responsabile? Questo tipo di trama nella trama avrebbe deliziato Shakespeare.

Sebbene il principe ereditario in questa sordida vicenda potrebbe benissimo avere le mani sporche, perché la Cia lo dichiara quando è evidente che non lo sa? E anche se lo sapessimo per certo, perché dovremmo cercare di creare una crisi politica con l’Arabia Saudita, un importante alleato e produttore di petrolio?

In effetti, il resoconto è stato verosimilmente rilasciato dal governo per allontanare il principe ereditario dal potere. Non importa se il resoconto sia credibile, importa che il presidente Joe Biden lo dica. Ed è importante che la cosa favorisca l’Iran.

Biden è impegnato in una «offensiva di coreggiamento» per convincere gli iraniani a tornare alla negoziazione di un nuovo patto sul programma nucleare iraniano. Gli iraniani vogliono essere pagati in anticipo, e un attacco al principe ereditario Mohammed bin Salman è un ottimo biglietto di presentazione.

Pertanto, diventa più facile comprendere il resoconto nel contesto di altre mosse sconsiderate intraprese dal governo Biden: «il congelamento» della vendita di armi agli Emirati Arabi Uniti e all’Arabia Saudita, l’interruzione dell’assistenza dell’intelligence alla Coalizione araba che si oppone agli Houthi, la rimozione degli Houthi dalla lista terroristica e la collaborazione con la Corea del Sud per sbloccare almeno un miliardo di dollari di beni iraniani.

Il ritardo di Biden nel chiamare il primo ministro israeliano fa parte della stessa politica, così come un significativo passo indietro nel riaffermare la politica degli Stati Uniti sulla sovranità di Israele sulle alture del Golan, e il danneggiamento degli accordi di Abramo interrompendo la vendita di F-35 agli Emirati Arabi Uniti.

Mentre il presidente Donald Trump era ancora in carica, John Kerry stava già incontrando il ministro degli esteri iraniano, per elaborare il quadro di un accordo da attuare dopo l’insediamento di Biden. Sebbene sia stata sicuramente una violazione del Logan Act, Biden non lo applicherà perché Kerry ha lavorato per suo volere.

Biden è sulla buona strada per destabilizzare il Golfo Persico e premiare l’Iran, principale sponsor del terrorismo regionale e internazionale. E i suoi alleati al Congresso si stanno dando da fare per aiutarlo.

Il rappresentante Adam Schiff (D-Calif.), che è a capo del Comitato di Intelligence della Camera, vuole che l’amministrazione imponga «gravi ripercussioni» sui responsabili, sebbene non sia chiaro cosa intenda esattamente. Schiff non ha chiesto di esaminare il resoconto o di visionare le fonti di informazione, o di valutare i fatti (o la loro mancanza); è solo assetato di sangue.

Possibilmente quello del principe ereditario Mohammed bin Salman.

 

Stephen Bryen è l’autore del nuovo libro «Security for Holy Places». Shoshana Bryen è direttore senior del Jewish Policy Center di Washington

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

 

Articolo in inglese: Faulty US Intel Report on Khashoggi Death Meant to Topple Saudi Crown Prince, Woo Iran

 
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