Quando gli «psicoreati» di Orwell diventano realtà

Un fenomeno inquietante sta emergendo in Occidente: dei privati cittadini stanno ricevendo visite dalla polizia per un interrogatorio sulle proprie opinioni politiche; e si sono persino verificati alcuni arresti.

In Gran Bretagna e Nuova Zelanda questi casi coinvolgono spesso persone che fanno commenti sull’immigrazione di massa e l’islamismo. Per esempio, in un video virale postato su Facebook il 4 maggio, si può osservare un uomo neozelandese mentre viene interrogato dalla polizia per aver pubblicato dei messaggi di commento alla sparatoria della moschea di Christchurch.

Naturalmente, il problema non è la cosiddetta ‘intolleranza’ religiosa. È anzi noto come sia pubblicamente accettato, persino per dei leader politici, condannare apertamente religioni come il cristianesimo. Quella del caso citato è invece una questione squisitamente politica, legata alle politiche statali riguardo l’immigrazione di massa, che spesso deriva in buona parte da Paesi musulmani.
Infatti, legando le politiche statali a questioni sociali, i partiti politici hanno trovato un modo per zittire chi critica le loro idee e di utilizzare persino i poteri dello Stato per molestare e intimidire la popolazione.

Questi fenomeni sono presenti anche negli Stati Uniti, solo che a perpetrarli sono le grandi aziende. Per esempio, la Chase Bank è accusata di aver chiuso i conti bancari di persone che avevano idee «di destra», mentre Twitter e Facebook sono accusate di censura nei confronti dei conservatori, e Google è stata accusata di aver licenziato impiegati che avevano messo in dubbio la cultura del ‘politicamente corretto’ imperante nella compagnia.

Simili sistemi erano già stati teorizzati dallo scrittore britannico George Orwell, quando parlava della «polizia del pensiero» nel suo libro 1984. Gli «psicoreati» di cui parlava Orwell erano letteralmente pensieri illegali: idee implicite negative o pensieri negativi nei confronti del potere socialista.
Nel contesto dell’opera distopica 1984, al buon cittadino ideale, spiegava Orwell, «si richiedono l’assenza di emozioni personali e un entusiasmo perenne. Da lui ci si aspetta che viva di continuo in uno stato di odio parossistico nei confronti dei nemici esterni e dei traditori interni, di giubilo per le vittorie e di automortificazione davanti al potere e alla saggezza del Partito».

‘Bipensiero’

Ovviamente, anche quando nel 1949 Orwell ha pubblicato il suo libro, erano già esistiti esempi di regimi simili, come il nazionalsocialismo di Hitler, l’Unione Sovietica di Stalin e il Partito Comuinista Cinese di Mao: tutti regimi che prevedevano le loro forme di ‘psicoreati’ e in cui le persone rischiavano la prigione o la morte in caso di opposizione al governo.

La natura più profonda dell’ideologia socialista è proprio nella ‘lotta’, in quel continuo stato di odio parossistico di cui parlava Orwell. Questi sistemi di lotta si basano sull’identificazione di un gruppo ‘privilegiato’, accusato di avvantaggiarsi sugli ‘oppressi’, e prevedono che chiunque dica altrimenti sia etichettato come colpevole di tradimento ideologico, proprio perché si è schierato con i ‘privilegiati’.

Come aveva immaginato Orwell, le persone necessitano di sviluppare complessi giochi mentali interni, per evitare gli ‘psicoreati’. Tra questi c’è il ‘bipensiero’, secondo il quale i membri del Partito possono simultaneamente avere due opinioni contraddittorie. Nel mondo d’oggi vediamo molti casi del genere, come – per fare uno dei tanti esempi – l’idea che criticare l’islamismo costituisca ‘intolleranza religiosa’, mentre criticare il cristianesimo vada perfettamente bene.

‘Tolleranza repressiva’

Per comprendere la logica più profonda alla base di questo moderno ‘bipensiero’ è necessario comprendere la causa alla radice di questi strani concetti. I socialisti ritengono le proprie delle idee utopiche, il cui ultimo obiettivo è il progresso verso lo Stato ideale; di conseguenza, tutto quello che si oppone a questo ‘progresso’ è colpevole e appartiene a quello che i socialisti vogliono distruggere.

Sotto Mao Zedong, per esempio, le persone che si sono opposte alla sua teoria del 1967 sulla ‘correttezza politica’ volta a proteggere il suo operato di distruzione della cultura cinese durante la Rivoluzione Culturale, potevano essere etichettate come ‘controrivoluzionari’ e venire uccise dal regime.

Negli Stati Uniti e in Europa, invece, l’idea che chiunque si opponga agli obiettivi socialisti dovrebbe venire attaccato in tutti i modi, deriva dalla teoria della ‘tolleranza repressiva’ proposta dalla Scuola di Francoforte, una corrente del marxismo. Quest’idea, espressa da Herbert Marcuse, nel 1965 in Una critica alla tolleranza pura prevedeva che solo quello che sostiene la causa socialista andrebbe tollerato, e che chiunque si opponga alla causa dovrebbe subire intolleranza: si tratta quindi di un concetto di ‘tolleranza’ che prevede di tollerare solo le proprie stesse idee.

Autocensura

Il risultato di queste politiche, proprio come immaginava Orwell, è uno stato in cui le persone si autocensurano, non solo nei discorsi pubblici, ma persino nelle loro menti. Orwell chiamava questo ‘stopreato’, ovvero «la capacità di arrestarsi, come per istinto, sulla soglia di qualsiasi pensiero pericoloso».

Il geniale romanziere descriveva questa autocensura come una forma di «stupidità protettiva» che sostiene il regime totalitario, anche al costo di andare contro la logica. È la stessa cosa dell’idea, sempre orwelliana, del ‘nerobianco’, che ha due significati: «Applicata a un qualsiasi termine di confronto, sottolinea l’abitudine di affermare, con la massima impudenza e a dispetto dell’evidenza, che il nero è bianco. Applicata a un membro del Partito, indica la sincera volontà di affermare che il nero è bianco, quando a richiederlo sia la disciplina di partito».

E vediamo la stessa cosa oggi: l’intolleranza è cattiva, a meno che sia intolleranza nei confronti di chi si oppone alle politiche socialiste e in quel caso è persino incoraggiata. Gli attacchi alla religione non vanno bene, a meno che la religione attaccata sia una che il regime non gradisce. Il razzismo è male, a meno che gli attacchi siano rivolti nei confronti delle razze ‘oppressive’. Quello a cui si assiste ai giorni d’oggi è la stessa teoria dello ‘psicoreato’ di Orwell, con una simile ‘polizia del pensiero’ e con gli stessi strumenti di bipensiero, stopreato e nerobianco per giustificare il tutto.

 

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

Articolo in inglese: ‘Thoughtcrime’ Is Becoming a Reality

Per saperne di più:
 
Articoli correlati