Proteste fasciste? Ma per favore!

Di Alessandro Starnoni

Le opinioni espresse in quest’articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

 

Quello che la stampa di parte non riesce (o non vuole) vedere è la colonna portante delle proteste di questi giorni in tutta Italia, in tantissime città: commercianti, negozianti, operai, ristoratori, artisti e lavoratori autonomi arrivati allo stremo delle loro possibilità economiche, che non riescono a intravedere un futuro a seguito dell’ennesimo lockdown ‘mascherato’.

Sembra si stia volutamente sviando l’attenzione da quelli che sono dei problemi concreti, creati dall’eccessivo utilizzo delle restrizioni. Non va dimenticato infatti che molti Paesi europei, Italia in primis, hanno preso a modello per la gestione della pandemia il metodo di controllo socialista del Partito Comunista Cinese (in una versione più soft, dato che non era certo possibile murare le persone dentro casa come ha fatto il regime in Cina), con risultati scadenti: in Cina per prima in realtà non ha avuto il successo che molti credono. E quello che sta accadendo questi giorni in Italia lo conferma: le restrizioni sono eccessive, le libertà e il lavoro stanno venendo meno davvero.

L’errore di valutazione o di interpretazione della realtà da parte del mainstream dei media è grave. La violenza organizzata, i violenti e gli estremisti (specialmente di destra) che vengono identificati come il fulcro delle proteste sono in realtà fenomeni marginali; sono probabilmente frutto del tentativo di quei partiti estremisti di cavalcare l’onda del malcontento per ottenere il consenso e l’appoggio delle masse.

Gli atti violenti e di sciacallaggio sono assolutamente da condannare, è ovvio. Tuttavia i violenti sono almeno per ora una parte davvero minimale, come ha riferito un ragazzo lavoratore di Torino a Fatti e Misfatti di Paolo Liguori: «A manifestare pacificamente eravamo circa 6 mila e i violenti una 40ina». Non si può non vedere l’elefante nella stanza. Però i media hanno dato risalto a quelle frange estreme minoritarie. È una questione matematica di proporzione tra le parti, e di conseguenza implica a cosa dare rilevanza e cosa porre sotto la lente dal punto di vista giornalistico.

E ora che in Italia tanti lavoratori senza tutele, nel pieno di una pandemia, stanno cercando di far valere le loro ragioni, gridando aiuto perché non riescono ad arrivare nemmeno più a metà mese, si punta l’obiettivo delle telecamere solo sulle vetrine rotte, si riprendono e fotografano quei pochi scalmanati che fanno danni per strada e si ignorano completamente le piazze piene di gente per bene, anche esasperata e comprensibilmente arrabbiata, che chiede di poter lavorare, perché «l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro». Se qualcuno se ne fosse dimenticato.

 
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