Propaganda su Twitter e Facebook: così Pechino contrasta le critiche internazionali sullo Xinjiang

Di Frank Fang

Il regime comunista cinese diffonde la sua propaganda e disinformazione sia su Twitter che su Facebook, al fine di mettere a tacere la condanna internazionale sulla persecuzione contro gli uiguri e altre minoranze nello Xinjiang.

Secondo un rapporto pubblicato dal think tank Australian Strategic Policy Institute (Aspi) il 30 marzo, la campagna di propaganda e disinformazione è stata uno sforzo congiunto tra i funzionari del Partito Comunista Cinese (Pcc), i media statali cinesi e gli attori online pro-Pcc.

Il Pcc sta commettendo un genocidio contro gli uiguri nella regione dell’estremo Ovest cinese dello Xinjiang, sottoponendoli a sterilizzazione forzata, aborto forzato, tortura, lavoro forzato e allontanamento dei bambini dalle loro famiglie.

Inoltre, il regime comunista ha detenuto più di 1 milione di uiguri nei campi di internamento.

Pechino ha difeso questi campi ribattezzandoli come «centri di formazione professionale». In un briefing quotidiano, il 31 marzo Hua Chunying, portavoce del ministero degli esteri cinese, ha definito l’accusa di genocidio – a suo dire – «un’accusa maligna verso la politica etnica cinese e lo sviluppo e il progresso dello Xinjiang».

Mentre i funzionari del Pcc e i media statali cinesi possono diffondere apertamente i loro messaggi su Facebook e Twitter, i comuni cittadini cinesi non hanno accesso alle piattaforme poiché entrambe sono bandite dal regime.

Facebook e Twitter

Il rapporto ha rilevato che prima del 2019 i diplomatici cinesi e gli account dei media statali avevano menzionato lo Xinjiang, ciascuno circa 250 volte o meno al mese, su Facebook e Twitter. Da allora, il numero è aumentato notevolmente su entrambe le piattaforme, raccogliendo ciascuna più di 750 menzioni per diversi mesi nel 2020.

Il rapporto ha analizzato 272.875 post pubblici di Facebook e 958.416 tweet di Twitter tra il primo gennaio 2014 e il primo febbraio di quest’anno. Ha anche analizzato i contenuti con hashtag relativi allo Xinjiang su TikTok, la popolare piattaforma di condivisione video di proprietà di ByteDance con sede a Pechino.

Pechino ha avuto più successo su Facebook che su Twitter. Secondo il rapporto, gli account Facebook dei media statali cinesi, tra cui Cgtn, il braccio internazionale della Cctv, il China Daily, il Global Times e il People’s Daily, erano costantemente tra i primi 10 account con il maggior numero di ‘Mi piace’ nei loro post che menzionavano lo Xinjiang, dal 2018 al 2020.

Per l’anno 2020, i post di Facebook della Cgtn che menzionano lo Xinjiang, hanno avuto un totale di oltre 5,78 milioni di ‘Mi piace’, un aumento di circa 2,9 milioni nel 2019 e 414.067 nel 2018.

Il People’s Daily ha mostrato una tendenza simile. Secondo il rapporto, nel 2018 ha totalizzato 183.040 ‘Mi piace’ per tutti i suoi post su Facebook che menzionavano lo Xinjiang, ma il numero è aumentato a oltre 1,68 milioni nel 2020.

Nel tentativo di rimodellare la narrativa internazionale, Pechino sta cercando di portare avanti diversi tipi di propaganda su Facebook e Twitter, comprese le accuse secondo cui i media e le organizzazioni occidentali non sono indipendenti, accusando le forze ‘anti-cinesi’ di condurre una campagna diffamatoria, e la pubblicazione di storie su come gli uiguri «sostenevano» le politiche del Pcc nello Xinjiang.

Ad esempio, a metà marzo Zhao Lijian, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, ha condiviso su Twitter un video di Douyin che mostra i locali dello Xinjiang che godono di una vita «pacifica». Douyin è il nome della versione cinese di TikTok.

Su TikTok, il rapporto ha rilevato che un video con la didascalia «Free Uyghur» ha ottenuto 2.831 ‘Mi piace’, ed è stato classificato 129esimo nella pagina hashtag dello Xinjiang a marzo. Nel frattempo, tre video che mostrano lo splendido scenario dello Xinjiang sono stati classificati tra i primi 10 con meno di 600 ‘Mi piace’ ciascuno.

Media minori ed estremisti

Il rapporto Aspi ha anche scoperto che i media statali e diplomatici cinesi, stavano «sfruttando i media più estremisti», mentre gli attori pro-Pcc «ampliavano» gli account dei social media affiliati allo Stato cinese. Uno di questi media era il notiziario statunitense The Grayzone.

Secondo il rapporto, i media più radicali o estremistici sono «fonti mediatiche a cui potrebbero mancare politiche editoriali e pratiche giornalistiche chiaramente definite, come la distinzione tra notizie e opinione».

The Grayzone, fondato da un giornalista americano, si descrive come «un sito di notizie indipendente che produce giornalismo investigativo originale sulla politica e sull’impero».

Il rapporto ha scoperto che il Grazyone è stato citato in inglese almeno 253 volte da Cgtn, Global Times e Xinhua e altre 61 volte negli articoli del People’s Daily Online, tra dicembre 2019 e febbraio 2021.

Nel marzo 2020, Hua Chunying si è rivolta a Twitter per accusare funzionari statunitensi senza nome di «diffamare la Cina» per quel che avevano detto sullo Xinjiang, mentre condivideva su Twitter un articolo di The Grayzone. Ha aggiunto che le loro osservazioni erano «la menzogna del secolo».

Il rapporto avverte che alcune organizzazioni mediatiche marginali «sono vulnerabili alla manipolazione. Ciò include la manipolazione da parte dei media statali nei Paesi autoritari, che trovano il loro contenuto utile per creare la percezione che ci siano valutazioni ‘indipendenti’ che favoriscono i loro interessi».

Youtube

Il rapporto Aspi ha anche scoperto che le autorità dello Xinjiang hanno esternalizzato la loro campagna di disinformazione a una società chiamata Changyu Culture, che ha iniziato a caricare video sul suo canale YouTube nel settembre 2020. La società risulta affiliata al Dipartimento per il lavoro del fronte unito (Ufwd) del Pcc.

L’Ufwd è un’agenzia esecutiva del Pcc dietro gli sforzi del «fronte unito» di Pechino per persuadere organizzazioni o individui a diffondere la propaganda del partito sia all’interno che all’esterno della Cina.

Nell’ottobre 2020, il Dipartimento di Stato americano ha designato l’Associazione nazionale per l’unificazione pacifica della Cina con sede a Washington, che è controllata dall’Ufwd, come missione straniera per la sua «influenza maligna» negli Stati Uniti.

Secondo il rapporto, molti dei video di YouTube di Changyu Culture raffiguravano biografie positive di uiguri che presumibilmente frequentavano i «centri professionali» dello Xinjiang.

Il rapporto ha rilevato che i media statali cinesi China.org.cn e il China Daily hanno condiviso i video di Changyu sui loro siti Web e pagine Facebook.

«Quel tipo di messaggistica diplomatica e statale del Pcc è collegata all’obiettivo del partito di migliorare il suo cosiddetto potere del discorso», ha concluso il rapporto, sia per «ottenere trazione presso il pubblico in Occidente, sia per distrarre e distorcere le indagini della società civile internazionale sui diritti umani e sugli abusi nello Xinjiang».

Il potere del discorso è un concetto secondo cui un Paese può aumentare la sua influenza geopolitica esprimendo i suoi concetti e le sue idee e, in definitiva, mantenendo il potere di dettare le regole e i sistemi che costituiscono la base dell’ordine mondiale.

 

Articolo in inglese: China Relies on Twitter, Facebook to Counter International Criticism Over Xinjiang



 
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