Più legami con la Cina = più infetti

Italia e Iran sono ormai diventati i nuovi epicentri dell’epidemia di coronavirus iniziata a Wuhan, in Cina; secondo alcuni esperti, i legami economici e politici di questi due Paesi con il regime cinese hanno agevolato la propagazione del Covid-19 nel mondo.

Un documento pubblicato il 14 marzo dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) afferma che il virus di Wuhan, che è apparso verso la fine dello scorso anno, ha ormai infettato oltre 142 mila persone in tutto il mondo, e i contagi sono inevitabilmente destinati ad aumentare.

A partire dal 25 febbraio la stragrande maggioranza dei nuovi casi è stata segnalata fuori dalla Cina; con Italia e Iran e che stanno registrando il maggior numero di contagi e vittime.

In un’analisi pubblicata l’11 marzo, Stephanie Segal e Dylan Gerstel, due esperti del Csis, hanno dichiarato: «Quello che all’inizio sembrava un problema concentrato in Cina, è ormai considerato una crisi globale».

Inoltre, la crisi sta aumentando l’incertezza e genera quella che Segal e Gerstel hanno definito «una volatilità dei mercati finanziari che non si vedeva dall’ultima crisi finanziaria globale».

In questa situazione diversi esperti che studiano la situazione in Italia e in Iran hanno discusso con Epoch Times le possibili cause di questa crisi.

La dipendenza dell’Italia dalla Cina

Alcuni esperti ritengono che le relazioni economiche e politiche tra Italia e Cina abbiano contribuito alla propagazione del coronavirus nel Belpaese.
Di fatto la Cina è uno dei principali partner commerciali dell’Italia, e con il memorandum di intesa siglato a marzo dello scorso anno, l’Italia è divenuta il primo e unico Paese del G7 ad aver aderito alla perniciosa iniziativa della Nuova Via della Seta diretta da Pechino, stabilendo con il regime comunista cinese una sorta di partnership strategica.

Al 17 marzo, la protezione civile italiana ha dichiarato che sono decedute oltre 2 mila e 500 persone a causa del virus di Wuhan, mentre sono stati confermati oltre 31 mila contagi.

Andrea Delmastro Delle Vedove, un deputato di Fratelli d’Italia, ha spiegato a Epoch Times come questa crisi dimostri che l’interdipendenza con la Cina possa essere problematica: «Il coronoavirus apre uno scenario inquietante, ci racconta che la interdipendenza dalla Cina può essere un problema non solo economico o industriale ecc., ma anche di sicurezza nazionale, di salute, di profilassi sanitaria nazionale».

Delmastro ha in effetti ottime ragioni per preoccuparsi.

Secondo Reuters, nel 2018 oltre 3 milioni di turisti cinesi hanno visitato il Belpaese; non sorprende dunque che i primi casi confermati di coronavirus in Italia siano stati proprio due turisti cinesi provenienti da Wuhan.

Questo ha spinto il governo italiano a sospendere il traffico aereo con la Cina. Tuttavia, la misura si è rivelata inefficace poiché facilmente aggirabile: le persone provenienti dalla Cina hanno infatti potuto agevolmente raggiungere l’Italia facendo uno scalo aereo intermedio.

Ad ogni modo, con l’intensificarsi dell’epidemia le aziende cinesi in Italia hanno aumentato i propri sforzi volti a influenzare l’opinione pubblica. La Xiaomi, ad esempio, ha annunciato con un post su Facebook del 5 marzo di aver donato decine di migliaia di mascherine FFP3 all’Italia.

Delmastro ha però dichiarato che un tale gesto non lo ha tranquillizzato affatto: «Li temiamo anche quando ci portano doni; anche perché se non fosse arrivato il coronavirus non avremmo avuto bisogno delle loro mascherine, e avremmo potuto affrontare il coronavirus se avessero raccontato fin da subito la verità di questo demone, che nasce in Cina».

In accordo con quanto affermato da Delmastro, i due esperti del Carnegie Paul Haenle e Lucas Tcheyan hanno scritto lo scorso mese che «la continua opacità di Pechino non ha fatto che alimentare le speculazioni sulle vere origini della crisi e sulla sua reale portata».

Tuttavia, mentre Delle Vedove era preoccupato dal «demone nato in Cina», il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella ha visitato all’inizio dello scorso mese una scuola di Roma frequentata in buona parte da studenti di etnia cinese allo scopo di mitigare il sentimento anti-cinese e mostrare amicizia verso la Cina.

In seguito al gesto di amicizia di Mattarella, il leader cinese Xi Jinping ha ringraziato il presidente italiano con un messaggio letto dall’ambasciatore cinese a Roma Li Junhua: «Questo è un altro gesto concreto che dimostra che la vera amicizia si vede nei momenti di bisogno e sono profondamente commosso».

Delmastro ritiene che l’eccessiva fiducia riposta nei confronti di Pechino è preoccupante, anche perché «non è un Paese sicuro, non è un Paese trasparente e la sua adesione al Wto fa sì che non rispetti alcuna regola ma che le usi tutte a suo vantaggio. Anche nelle emergenze sanitarie mondiali di un certo tipo».

I contatti ad alto livello dell’Iran con la Cina

Mentre il virus si diffonde in Italia e in tutta Europa, nel Medio Oriente è iniziato in Iran. Gli esperti ritengono che l’epidemia da coronavirus evidenzi i contatti di alto livello tra il regime iraniano e quello cinese.

Secondo la stampa, nonostante il divieto dichiarato il 31 gennaio dal regime iraniano, le compagnie aeree del Mahan iraniano continuavano a volare tra varie città locali e cinesi, mettendo così a repentaglio la salute pubblica all’interno dell’Iran e dell’intero Medio Oriente.

Un comunicato del 2 febbraio sul sito delle compagnie aeree, riporta che i voli da e per la Cina sono stati fermati di fatto alla fine di febbraio.

In un messaggio su Twitter del 13 marzo, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha scritto che «come @khamenei_ir sa, la migliore difesa biologica sarebbe stata quella di avvertire subito il popolo iraniano che il virus di Wuhan arrivato dalla Cina si stava diffondendo anche in #Iran. Invece, ha proseguito i voli della Mahan Air che vanno e vengono dalla Cina nella zona dell’epicentro del virus, e imprigionato chi ne parlava».

Le compagnie aeree Mahan sono state sanzionate dal Ministero del Tesoro statunitense nel 2011 per i loro legami con il Corpo delle Guardie rivoluzionarie iraniane, un ramo dell’esercito iraniano che l’anno scorso è stato dichiarato un’organizzazione terroristica estera dall’amministrazione Trump.

Manjari Singh, un esperto del Medio Oriente dell’Istituto del Medio Oriente di Nuova Delhi, in una e-mail inviata ad Epoch Times ha scritto che «il caso dell’Iran è curioso perché nonostante sia isolato per via delle sanzioni economiche e politiche, è stato comunque colpito dalla pandemia. Forse non è così isolato come si pensa. Inoltre il primo focolaio è comparso nella città religiosa di Qom, dove avvengono molti pellegrinaggi, ma è anche la città, dove sono stati realizzati la maggior parte dei progetti cinesi. Quindi il collegamento con la Cina si trova lì. Nondimeno fin dall’inizio c’è stato un massiccio insabbiamento e mancanza di trasparenza sull’epidemia, forse perché l’Iran non voleva che il suo commercio con la Cina venisse interrotto ed è per questo che ha preso la diffusione del virus con molta insensibilità e non l’ha rivelato. Di conseguenza non sono state prese misure cautelative, né controllati i viaggi da e verso la Cina».

Confermando quanto detto da Manjari, Radio Farda, un’emittente di lingua persiana sostenuta dal Congresso degli Stati Uniti, ha riferito che il 21 febbraio un volo Mahan (W578) ha violato il divieto volando da Pechino a Teheran.

Nicole Robinson, assistente di ricerca per il Medio Oriente presso l’Heritage Foundation con sede a Washington, nell’e-mail inviata a Epoch Times ha scritto che centinaia di giovani studenti cinesi e chierici studiano nei seminari iraniani di Qom.

Un articolo di The Atlantic dice che il 4 e 5 marzo, due voli di evacuazione che trasportavano cittadini cinesi sono stati autorizzati a lasciare Teheran e dirigersi verso la provincia cinese del Gansu; 11 dei 311 cinesi testati dalle autorità cinesi all’aeroporto, sono stati trovati infetti.

L’agenzia di stampa della Repubblica Islamica (Irna) ha dichiarato che al giorno 15 marzo 724 persone sono decedute a causa del coronavirus, ma il Segretariato del Consiglio nazionale della resistenza dell’Iran (Ncri), un gruppo anti-regime, il 14 marzo ha affermato che in realtà ci sono oltre 4.500 decessi.

Il 9 marzo Radio Farda ha anche riportato l’insabbiamento da parte del regime iraniano e ha citato il sito di notizie pro-Rouhani Entekhab, il quale riferisce che il numero di decessi da coronavirus nel Paese è superiore a 2.000.

Il caso della Corea del Sud: rabbia contro la Cina e il governo

La Corea del Sud è stato uno dei Paesi più colpiti dal virus nella fase iniziale, mentre ora la situazione è molto migliorata.

Man mano che il coronavirus si diffondeva all’interno della Corea del Sud, cresceva infatti anche l’avversione al governo cinese all’interno del Paese, con persone che incolpavano il governo sudcoreano per non aver imposto restrizioni di viaggio alla Cina nei primi giorni dell’epidemia.

Il ricercatore dell’Heritage Foundation for Northeast Asia Bruce Klinger, in un’e-mail inviata a Epoch Times, spiega che «il presidente sudcoreano Moon Jae-in vuole che la Cina faciliti il dialogo con la Corea del Nord prima delle elezioni dell’Assemblea nazionale che si profilano il 15 aprile, ma la gente non è felice di lui. Il coronavirus ha avuto un impatto devastante sull’economia sudcoreana. I critici accusano Moon di essere stato eccessivamente conciliante con Pechino, esitando a imporre le restrizioni di viaggio ai visitatori cinesi nelle prime fasi dell’epidemia».

Il popolo sudcoreano si è arrabbiato molto con il presidente Moon, per aver inviato a Wuhan attrezzature mediche per un valore di 5 milioni di dollari nei primi giorni dell’epidemia. La gente ha poi incolpato la Cina quando il virus si è diffuso rapidamente all’interno della Corea del Sud e le mascherine disponibili si sono presto esaurite, rendendo difficile trovarne altre anche pagandole 10 volte di più del normale».

In seguito, dall’11 marzo più di 1,4 milioni di sudcoreani hanno firmato una petizione sul sito web presidenziale, chiedendo che il presidente Moon fosse processato per la sua gestione del coronavirus e le politiche pro-Cina. La petizione riporta le accuse al governo sudcoreano di non limitare l’ingresso dei cinesi nel loro Paese, e se il presidente Moon Jae-in non prende adeguate misure contro la polmonite (nuovo coronavirus) dalla Cina, è probabile che sia visto come il presidente della Cina, non come quello della Corea del Sud.

Prima che Wuhan fosse confinata per l’epidemia, cinque milioni di cinesi sono entrati in Corea del Sud.

 

Articolo in inglese: Countries With Major Coronavirus Outbreak Clusters Delayed Response Due to Strategic Ties with China: Experts

 
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