Perché le indagini di Durham o su Hunter Biden non sono ancora terminate?

Di Brian Cates

L’autore dell’articolo, Brian Cates, è uno scrittore con sede nel sud del Texas e autore di «Nessuno ha chiesto la mia opinione … Ma eccola qui!».

 

Gran parte dei commenti che appaiono sui media americani danno per scontato che né l’indagine di Durham, né quella federale sugli affari fiscali di Hunter Biden siano fondate.

Nelle loro dichiarazioni, esperti e commentatori sostengono di credere che nessuna delle due indagini sia credibile o che, se mai lo siano state, siano state mangiate dalla politica molto tempo fa.

Se è vero che entrambe sono sempre state o sono diventate presto indagini fasulle, questo solleva una domanda pertinente: dal momento che il presidente Joe Biden è ora al sicuro alla Casa Bianca, e non c’è più alcun motivo per mantenere la finzione che stia succedendo qualcosa, perché entrambe le indagini stanno proseguendo? Perché non sono ancora finite?

Contrariamente alla maggior parte dei dogmi dei media su queste indagini federali in corso, io sono convinto che siano abbastanza reali.

Un’indagine federale sulla famiglia di un candidato presidenziale durante un’elezione è uno sforzo molto delicato dal punto di vista politico, specialmente se quel candidato dovesse vincere le elezioni e assumere la carica di presidente degli Stati Uniti. Eppure, gli agenti e i funzionari che gestiscono l’indagine su Hunter Biden, hanno fino ad ora mantenuto una segretezza professionale.

Non hanno fatto trapelare nulla ai media sulla loro indagine e anche durante l’intenso controllo dei media che ha seguito la pubblicazione della storia del laptop del New York Post nell’ottobre 2020, si sono rifiutati di far trapelare qualsiasi cosa.

Anche se i media hanno saputo delle indagini su Hunter Biden da quando è scoppiata la storia del laptop, nessuno di questi negli ultimi quattro mesi è riuscito a rompere il muro di silenzio dell’Fbi.

Perché è così?

Ora diamo un’occhiata alle indagini che affermano non essere reali o discutibili.

L’ufficio di un procuratore speciale (Sco) fa e annulla le proprie accuse. Può indagare e perseguire i casi con i propri pubblici ministeri completamente separati dal Dipartimento di giustizia (Doj). Sono francamente sorpreso dal numero di giornalisti e esperti dei media che non sembrano capirlo.

La comprensione popolare – e sbagliata – di come funziona uno Sco, è che esso possa svolgere le proprie indagini indipendenti e costruire dei casi ma che, se volesse procedere con delle accuse penali, improvvisamente il procuratore generale e il Dipartimento di Giustizia (Doj) dovrebbero subentrare e decidere se approvare o rifiutare le accuse del procuratore speciale.

Questo è decisamente falso.

Si produrrebbe un grosso scandalo politico di proporzioni epiche se uno Sco incaricato di indagare su ex alti funzionari del Doj per condotta criminale volesse sporgere denuncia contro uno o più degli ex funzionari, ma il procuratore generale gli proibisse di farlo.

Un simile scandalo porterebbe direttamente a richieste di impeachment di quel procuratore generale per ostruzione alla giustizia.

Nessuno sembra ricordare come l’indagine del consigliere speciale Mueller si sia conclusa con uno degli sviluppi più insoliti di sempre: con la sua riluttanza a decidere se l’allora presidente Donald Trump dovesse essere accusato di ostruzione alla giustizia. Invece di giungere a una decisione a riguardo, Robert Mueller ha consegnato tale decisione al Doj, al procuratore generale William Barr e al vice Ag Rod Rosenstein.

Sia Barr che Rosenstein hanno espresso pubblicamente sorpresa e disappunto per il fatto che Mueller e il suo team di procuratori indipendenti abbiano rifiutato di prendere la propria decisione di accusa.

A malincuore, Barr e Rosenstein hanno poi fatto il lavoro di Mueller per lui e hanno preso la decisione di respingere l’accusa.

Eppure, eccoci qui solo due anni dopo: dopo questi eventi pubblici di altissimo profilo alla fine dell’indagine di Mueller, tutti i media sembrano soffrire di uno strano tipo di amnesia collettiva.

Sono sicuro che Durham stesse informando Barr, e ora Merrick Garland, dell’andamento del suo lavoro, ma dare a qualcuno aggiornamenti sui tuoi progressi, e chiedere loro il permesso di fare il tuo lavoro, sono due cose diverse, e sarebbe fantastico se i media smettessero di confondere le due cose.

E’ assurda l’idea che Durham debba consegnare ciascuna delle sue decisioni di accusa a Garland per un pollice in su o in giù, prima che possa procedere a presentare la sua accusa indipendente.

Eppure questo è ciò che molte persone sono state indotte a credere.

E non è vero.

Secondo tutte le indicazioni, Durham non è Mueller 2.0, e non penso che abbia intenzione di mandare nessuna delle sue decisioni di addebito al Doj in modo che Garland possa prenderle per lui.

E come con l’indagine Biden, da quando il procuratore speciale Durham è stato formalmente annunciato lo scorso novembre – e pure mentre stava espandendo il suo numero di pubblici ministeri  nessun giornalista ha avuto successo nell’ottenere eventuali fughe di notizie da quell’ufficio.

Trovo il silenzio avvincente. Questo silenzio sembra venire interpretato da molti osservatori dei media, come a significare che l’indagine di Durham non è reale, ma quello stesso silenzio a me dice il contrario.

Non solo è reale, Durham sta ancora arrivando.

 

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

Articolo in inglese: Why Haven’t the Durham or Hunter Biden Investigations Ended Yet?

 
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