Per salvare l’America, Durham deve svelare l’intera storia del Russiagate

Di Roger L. simon

Roger L. Simon è un romanziere americano pluripremiato, sceneggiatore nominato all’Oscar, co-fondatore di Pjmedia e ora redattore per The Epoch Times. I suoi libri più recenti sono The Goat (fiction) e I Know Best: How Moral Narcissism Is Destroy Our Republic, If It Has’t Already (nonfiction). Può essere trovato su Gettr e Parler @rogerlsimon.

 

Sono emerse ulteriori informazioni dall’indagine di John Durham sul Russiagate (o «Spygate»).

Si tratta probabilmente di una fuga di notizie da uno o più degli obiettivi dell’indagine, nei confronti dei loro fedeli propagandisti alla Cnn (nell’articolo, i giornalisti fanno del loro meglio per declassare lo scandalo, che hanno alimentato per anni, come nient’altro che un banale «gioco sporco» che tutte le campagne fanno).

Queste fughe di notizie di solito servono ad attenuare l’impatto sui bersagli, ma ci fornisce anche un’altra indicazione, cioè che Durham è ancora attivo.

In questo caso, sono state emesse più citazioni in giudizio, incluse alcune a Perkins Coie, lo studio legale del Comitato Democratico Nazionale e di Hillary Clinton, che solo poche settimane fa ha defenestrato – per ragioni non specificate ma intuibili – uno dei principali avvocati di Hillary, Mark Elias.

L’altro avvocato della campagna elettorale della Clinton, Michael Sussman, è già stato accusato di aver mentito all’Fbi sulla questione dei presunti legami di Trump con la Russian Alpha Bank, legami che si sono rivelati inesistenti.

Tuttavia, questa volta abbiamo appreso che il «Tech Executive-1» (Dirigente-Tech-1) nell’accusa di Sussman è Rodney Joffe, un esperto di sicurezza informatica piuttosto illustre, ma non in questo caso, perché è apparentemente coinvolto nello stesso tentativo di inganno.

Joffe evidentemente non era un fan di Donald Trump. Fino a che punto lo ha portato la sua inimicizia lo vedremo.

O non lo vedremo. Qui sta il problema: molti sono infatti preoccupati che Durham porti l’indagine solo fino a qui e poi si esaurisca.

Una vera inchiesta sul Russiagate ha una miriade di possibili bersagli con nomi molto famosi, alcuni famosissimi, appunto. Eppure il negativismo sui risultati è ovunque nei circoli conservatori, e c’è qualche giustificazione per questo.

Quando l’allora procuratore generale William Barr ha consegnato a Durham il suo mandato, è stato citato da The Hill (marzo 2020) come segue: «Lunedi il procuratore generale William Barr ha detto che non si aspetta che dall’indagine intrapresa dal procuratore americano John Durham derivi un’indagine penale sull’ex presidente Obama o sull’ex vicepresidente Joe Biden. Sulla base delle informazioni che ho oggi, non mi aspetto che il lavoro del signor Durham conduca a un’indagine penale su nessuno dei due. La nostra attenzione […] è focalizzata su altri», disse Barr ai giornalisti del Dipartimento di Giustizia.

Sembra piuttosto debole, vero? Come se alcune persone, troppo grandi per essere indagate, fossero circondate da un cordone sanitario.

Eppure si dice già che Jake Sullivan sia almeno sospettato della questione Alpha Bank. Ed è molto vicino a Biden poiché Sullivan è il suo consigliere per la sicurezza nazionale, una delle posizioni più ad alto potere del Paese (cfr. Henry Kissinger), come si è visto nel contesto della debacle in Afghanistan.

Quanto è giustificato quel sospetto su Sullivan? Paul Sperry ha scritto in Real Clear Investigations: «L’accusa afferma che Sussmann, così come gli esperti informatici reclutati per l’operazione, si sia coordinato con i rappresentanti e gli agenti della campagna della Clinton per quanto riguarda i dati e i materiali scritti che Sussmann ha fornito all’Fbi e dei media». Uno di quegli agenti della campagna era Sullivan, secondo le e-mail ottenute da Durham.

Si dice che lo stesso Biden abbia raccomandato l’antico e poco usato Logan Act – varrebbe la pena scoprire come lo conoscesse, ma vabbè – nel tentativo di punire il tenente generale in pensione Michael Flynn durante una spesso discussa, ma mai completamente rivelata, riunione dello Studio Ovale alla fine (5 gennaio 2017) dell’amministrazione Obama.

Quell’incontro stesso, di cui ha parlato per email Susan Rice settimane dopo che ha avuto luogo, apparentemente per fornire ad Obama una via d’uscita, è ancora più degno di esplorazione, o è off limits secondo Barr? Non lo sappiamo.

Sì, ci sono molte ragioni per essere scettici. La questione Sullivan è stata a malapena menzionata dai media mainstream, nonostante si tratti del consigliere per la sicurezza nazionale.

Tutto viene inviato nel dimenticatoio? Di chi è esattamente la colpa in tutto questo? Non lo sappiamo neanche noi, anche se abbiamo delle supposizioni anche su questo.

Ma è imperativo che alla fine dobbiamo saperlo. Durham deve portare a termine la sua indagine, perché il Russiagate ha segnato abbastanza chiaramente l’inizio della fine della repubblica democratica americana come la conoscevamo.

Tutti gli illeciti che si sono verificati dagli infiniti lockdown per il Covid-19, all’Afghanistan, al confine aperto, alla violenza nelle nostre strade e alla propaganda implacabile e agli arresti bizzarri intorno al 6 gennaio, per non parlare delle stesse elezioni del 2020, lo indicano e si riferiscono ad esso in un modo o nell’altro.

Nessuno di questi eventi sarebbe accaduto nello stesso modo, senza di esso. Alcuni non sarebbero accaduti affatto.

Il Russiagate è stato un crimine la cui portata ha sminuito il Watergate e ha reso quel presunto scandalo – oggetto di un film di Hollywood – come un taccheggio in un supermercato, al confronto.

Eppure Nixon e gli altri hanno pagato, male. Quasi nessuno è stato punito qui finora, se non con qualche schiaffetto sui polsi.

Quindi cosa facciamo? Ci sediamo passivamente, magari aggiungendo qualche critica qua e là, e lasciamo che Durham faccia il suo lavoro, sperando per il meglio? Dico di no. Abbiamo tutti un ruolo da svolgere. Durham è un uomo come tutti noi. Consciamente o inconsciamente, se sa che stiamo guardando, si comporterà in modo diverso rispetto a quando pensa che siamo addormentati.

Sii il più attivo possibile nel parlare e fare pressioni su questo. Non devi essere una cosiddetta élite per farlo, o essere un presentatore della Abc. Devi solo essere un cittadino preoccupato, un uomo o una donna onesto/a. Continua a parlarne con amici e nemici. Presentati con un cartello in un luogo (per loro) scomodo. Mettilo su Internet, invia un messaggio a tutti quelli che conosci o a cui puoi pensare. Discutine su Signal e Telegraph. Non lasciare mai che il Russiagate venga dimenticato. Mettilo là fuori nello spirito del tempo e tienilo lì.

I media mainstream/legacy non lo faranno. Offuscheranno il più possibile. Dobbiamo farlo. Sta a noi. Se non lo facciamo, non abbiamo motivo di lamentarci quando andrà nel dimenticatoio, e con esso il Paese.

Due cose sono di fondamentale importanza per noi andando avanti se vogliamo salvare la nostra Repubblica: questa spiegazione completa di ciò che è successo durante l’affare Trump-Russia, inclusa la punizione adeguata di tutti i responsabili (così che siamo sicuri che non accadrà mai di nuovo) e una vera integrità per le nostre elezioni fallite.

 

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

Articolo in inglese: To Save America, Durham Must Reveal the Whole Russiagate Story and Punish the Guilty

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