Pechino frena la fuga di capitali negli Usa

Gli investimenti cinesi negli Usa hanno raggiunto un nuovo record nel 2016: più del triplo rispetto allo scorso anno. Tuttavia, il ritmo degli investimenti è iniziato a rallentare nel 2017, a seguito delle restrizioni della Cina sul flusso di capitali.

Secondo quanto scrive la società di ricerca Rhodium Group in un recente resoconto, in risposta agli ingenti flussi di capitale e alla conseguente pressione al ribasso sulla moneta cinese, Pechino ha intensificato i controlli su molte fusioni e acquisizioni in uscita (M&A).

In particolare, gli investimenti in uscita in immobili e intrattenimento, e gli affari al di fuori del core business degli investitori, sono ora sotto stretto controllo, e gli investitori cinesi, preoccupati di vedere i loro affari stroncati dal governo, sono ora più riluttanti nel fare offerte.

Con questi recenti cambiamenti, il ritmo degli investimenti appena annunciati negli Stati Uniti è già cominciato a rallentare.

Nel resoconto di Rhodium si legge che «nel primo trimestre del 2017, il volume delle acquisizioni annunciate è diminuito del 20 per cento rispetto al quarto trimestre del 2016. Il valore combinato degli affari annunciati è diminuito di circa la metà».

SMANIA DA ACQUISTO

L’attività di investimento, che ha raggiunto il picco lo scorso anno, è iniziata nel 2010, quando la Cina ha allentato i controlli sugli investimenti in uscita per gli investitori istituzionali, in modo da poter espandere la sua influenza politica ed economica all’estero.

Dal 2010, le aziende cinesi hanno investito più di 100 miliardi di dollari su ogni genere di settore negli Stati Uniti; il settore immobiliare e quello del turismo hanno attirato quasi il 30 per cento del totale degli investimenti.

La fuga di capitali dalla Cina è arrivata ai massimi nel 2016 in particolare, e questo ha intensificato i problemi economici nel Paese e ha portato a una svalutazione dello yuan.

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Solo nello scorso anno, le imprese cinesi hanno investito la cifra record di 46 miliardi di dollari negli Stati Uniti. Un numero significativo di mega accordi, tra cui l’acquisizione per 6 miliardi di dollari della Us technology e della società di fornitura Ingram Micro da parte del gigante dell’aviazione e della navigazione Hna, è stato alla base di questa improvvisa impennata nell’investimento.

Gli immobili americani, considerati un rifugio sicuro, sono stati i maggiori beneficiari degli investimenti cinesi. Gli accordi principali includono l’acquisto, da parte di Anbang, di 15 proprietà dalla Strategic Hotels & Resorts per 5,5 miliardi di dollari, e l’acquisizione da parte di Hna, degli hotel Carlson, per 2 miliardi di dollari.

Gli investimenti diretti esteri delle imprese statunitensi in Cina, invece, non hanno fatto registrare incrementi rispetto agli anni precedenti, restando a 13,8 miliardi di dollari. Di conseguenza, il divario tra gli investimenti cinesi negli Stati Uniti e gli investimenti statunitensi in Cina è aumentato notevolmente lo scorso anno.

IMMOBILI USA COME PORTO SICURO

L’allentamento delle restrizioni nel corso degli ultimi anni ha consentito alle compagnie di assicurazione con sede in Cina, di investire fino al 15 per cento del loro patrimonio totale nel settore immobiliare off-shore.

Di conseguenza, gli immobili americani, in particolare alberghi e uffici, sono diventati le principali attrazioni degli assicuratori cinesi in cerca di elevati rendimenti e di diversificazione di portafoglio.

Gli investimenti nel mercato immobiliare Usa sono aumentati dopo il crollo del mercato azionario in Cina nel giugno 2015. Il forte calo dei rendimenti in casa ha portato investitori come Anbang Insurance, China Life Insurance e Fosun Group, a cercare porti sicuri.

Tuttavia, da quando la Cina, verso la fine del 2016, ha intensificato i controlli sui capitali, «il ritmo degli investimenti immobiliari è rallentato notevolmente – si legge nel resoconto – ma l’attività non è crollata».

Ci sono alcuni accordi immobiliari in sospeso, tra cui l’acquisizione per 6,5 miliardi di dollari di una quota di Hilton, da parte di Hna, la quale ha acquistato anche il 245 Park Avenue a New York, per 2,2 miliardi di dollari: uno dei prezzi più alti mai pagati per un grattacielo di uffici a Manhattan.

INCERTEZZE ALL’ORIZZONTE

Sebbene gli investimenti cinesi negli Stati Uniti continuino, è tuttavia improbabile, secondo gli esperti, che raggiungano i livelli registrati nel 2016, poiché gli investitori cinesi hanno ora un atteggiamento più cauto.

«Fino a sei mesi fa, gli investitori aziendali dalla Cina aggredivano i loro rivali rilanciando le offerte nelle operazioni M&A transfrontaliere», ha dichiarato un dirigente di un’azienda statunitense di private equity, che ha voluto rimanere anonimo.

Ma negli ultimi sei mesi, sottolinea la fonte, gli investitori sono stati meno attivi. E, secondo la società immobiliare Jones Lang LaSalle, nel primo trimestre del 2017, il volume delle transazioni negli Stati Uniti è diminuito del 12 per cento.

Su un resoconto di Jones Lang LaSalle pubblicato in aprile si legge: «Per la prima volta in due anni, Wall Street non è più la prima Borsa al mondo: a prendere il suo posto c’è Londra, che si è ripresa il primato perso nel 2015».

Secondo un altro resoconto da parte dei broker immobiliari Cushman & Wakefield, Pechino continuerà a bloccare, fino a settembre 2017, tutti gli accordi che prevedono investimenti di oltre 10 miliardi di dollari, al fine di regolare gli investimenti internazionali.

Nel 2016, il 62 per cento degli investimenti all’estero superava il miliardo di dollari. Ora, le transazioni M&A valutate a più di 1 miliardo di dollari e che sono al di fuori del core business degli investitori cinesi, così come le offerte immobiliari estere da parte di società statali, hanno subito delle limitazioni, portando a un ritardo di investimento negli ultimi mesi.

Traduzione di Alessandro Starnoni

 
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