Pechino si scaglia contro Trump per le parole «virus cinese»

Di Nicole Hao

Dopo che il presidente americano Donald Trump ha apostrofato il nuovo coronavirus come «virus cinese» in un post su Twitter, il regime si è scagliato contro gli Stati Uniti.

Il 16 marzo, Trump aveva scritto: «Gli Stati Uniti sosterranno con forza quelle industrie, come ad esempio le compagnie aeree, che sono particolarmente colpite dal virus cinese. Saremo più forti che mai!».

Il giorno seguente, durante la conferenza stampa quotidiana della Casa Bianca sull’emergenza coronavirus, Trump ha spiegato la sua scelta lessicale: «La Cina stava diffondendo informazioni false, secondo cui i nostri militari hanno dato loro questo [coronavirus, ndr]. Piuttosto che mettermi a discutere, ho deciso di chiamarlo con il nome del luogo da cui proviene. È un termine molto accurato».

I media cinesi hanno promosso per la prima volta la storia secondo cui il virus proverebbe dagli Stati Uniti verso la fine di febbraio, dopo che il più importante epidemiologo cinese Zhong Nanshan ha sostenuto la possibilità che il coronavirus non provenisse dalla Cina.

Poi, il 12 marzo, Zhao Lijian, portavoce del Ministero degli Affari Esteri cinese, ha affermato in un post su Twitter che sarebbe stato l’esercito americano a diffondere il virus in Cina.

Quando i giornalisti hanno domandato a Trump cosa ne pensasse delle affermazioni di Pechino, il presidente americano ha risposto: «I nostri militari non l’hanno dato a nessuno. Penso che dire che i nostri militari l’abbiano dato a loro costituisca una diffamazione».

Tuttavia, il tweet di Trump ha fatto arrabbiare il regime cinese.

Il 17 marzo, Geng Shuang, portavoce del Ministero degli Affari Esteri cinese, ha dichiarato in una conferenza stampa che collegare il coronavirus alla Cina «significa diffamare la Cina», ed ha poi aggiunto: «Esortiamo gli Stati Uniti a correggere il loro errore il prima possibile, e a smettere di dare la colpa alla Cina senza prove».
Geng ha infine chiesto agli Stati Uniti di «occuparsi degli affari propri».

I media statali cinesi hanno recentemente criticato i funzionari statunitensi per essersi riferiti al virus come al virus di Wuhan o al virus cinese: «Il segretario di Stato americano Mike Pompeo e il consigliere per la sicurezza nazionale Robert O’Brien […] hanno insistito nell’apostrofare il nuovo coronavirus come virus di Wuhan o virus cinese. … Il virus è diventato la loro arma contro la Cina».

Entrambi i funzionari americani hanno utilizzato il termine «coronavirus di Wuhan».

L’agenzia statale cinese Xinhua ha definito i politici statunitensi «altezzosi, prevenuti e ignoranti». Ha anche menzionato uno studio pubblicato sulla rivista medica The Lancet, nel quale oltre una decina di studiosi di tutto il mondo hanno denunciato le autorità cinesi per aver violato il regolamento sanitario internazionale nella gestione dell’epidemia di coronavirus.
Xinhua ha definito questo studio «pieno di paura, pettegolezzi, razzismo e xenofobia».

La discussione sull’uso del termine «virus di Wuhan» o «virus cinese» è in realtà iniziata nel mese di gennaio.

Durante le fasi iniziali dell’epidemia, i media cinesi a Hong Kong, Taiwan e in altre regioni hanno apostrofato il virus come «polmonite di Wuhan», semplicemente perché la malattia è scoppiata per la prima volta nella città di Wuhan.

Tuttavia, il 13 febbraio, il People’s Daily, il quotidiano ufficiale del Partito comunista cinese, ha criticato Taiwan per aver usato il termine al fine di «diffamare» la Cina.

 

Epoch Times ha ribattezzato il nuovo coronavirus come il ‘virus del Pcc’, in quanto il Partito Comunista Cinese ha fatto di tutto per nasconderne l’esistenza, finché l’epidemia si è diffusa in tutta la Cina, per poi generare l’attuale pandemia globale.

Articolo in inglese: Beijing Lashes Out After Trump Refers to Novel Coronavirus as ‘Chinese Virus’

 
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