Pagare le persone per non lavorare non è uno stimolo economico

Di Stephen Moore

Nel 2009 Nancy Pelosi ha dichiarato che il modo migliore per rilanciare l’economia era distribuire buoni pasto e sussidi di disoccupazione sempre più generosi: più persone ricevono sussidi, meglio è. All’epoca questo modo di pensare sembrava ridicolo, ma ora questa sorta di analfabetismo economico sembra essere entrato nella ‘saggezza popolare’.

Recentemente il New York Times ha pubblicato un articolo intitolato: «La fine del bonus di disoccupazione di 600 dollari potrebbe spingere milioni di persone al limite». Di seguito un estratto dell’articolo: «Quando milioni di americani hanno iniziato a perdere il lavoro a marzo, il governo federale è intervenuto con un salvagente: 600 dollari a settimana in sussidi di disoccupazione extra, per permettere ai lavoratori di pagare l’affitto, di fare la spesa, e proteggere l’economia. […] Ora che le condizioni economiche stanno ancora peggiorando, quel salvavita scomparirà nel giro di pochi giorni se il Congresso non interverrà per estenderlo. Questo potrebbe provocare un’ ondata di sfratti e infliggere ulteriori danni finanziari a milioni di americani, danneggiando ulteriormente l’economia».

In realtà, questi benefici non sono un «salvavita» ma un killer di posti di lavoro. In un recente studio, l’economista dell’Università di Chicago Casey Mulligan ha stimato che entro fine anno lavoreranno 10 milioni di americani in meno, escludendo quindi completamente la possibilità di una ripresa completa.

Forse è per questo che la Pelosi è così irremovibile sul fatto che i sussidi rimangano in vigore. Questo significherebbe un tasso di disoccupazione ancora più alto a novembre, quando gli elettori americani andranno alle urne. Il che farebbe comodo alla Pelosi e al candidato Joe Biden.

Tra l’altro, oggi negli Stati Uniti ci sono circa 5 milioni di posti di lavoro disponibili, un record storico. La situazione è quasi paradossale: anche se ci sono circa 25 milioni di americani disoccupati, i datori di lavoro continuano ad apporre i cartelli «Cercasi personale» all’esterno dei loro locali.

Ma naturalmente c’è una spiegazione. Grazie alla politica della Pelosi, 5 lavoratori disoccupati su 6 vengono pagati più per NON lavorare che per tornare al lavoro, almeno questo è quanto affermato dall’Ufficio di Bilancio del Congresso.

Si stima infatti che la maggior parte dei lavoratori che guadagnano 30 dollari (circa 25 euro) all’ora o meno, attualmente stanno finanziariamente meglio senza lavorare, sebbene l’economia stia migliorando. Molti lavoratori riescono a guadagnare addirittura il doppio restando disoccupati. Teoricamente i lavoratori dovrebbero perdere l’indennità di disoccupazione se viene loro offerto un lavoro e non lo accettano, ma le persone ormai sanno come ingannare il sistema. Possono fingere di essere malati, e i datori di lavoro sono restii a riprendere un lavoratore potenzialmente contagioso in ufficio o in fabbrica.

I datori di lavoro dicono che attualmente le persone che lavoravano come operai edili, in fabbrica o in un ristorante, non vogliono tornare a lavorare a meno che non vengano pagati in contanti, 100 o 200 dollari (circa 85 o 170 euro) a turno, in modo da poter continuare a riscuotere l’indennità di disoccupazione. La rivista Economist ha infatti scritto che i sussidi di disoccupazione extra fanno più male che bene. Mentre i gruppi ‘liberal’ stanno manifestando per richiedere altri sei mesi di questi pagamenti.

Pagare le persone per non lavorare non è un buon modo per favorire la produzione economica, l’aumento dei posti di lavoro e la prosperità. Secondo questa logica distorta, dovremmo iniziare a pagare i lavoratori disoccupati 5 mila dollari (circa 4.200 euro) a settimana, per avere davvero una ripresa rapidissima.

In realtà, questo non avrà solo un pessimo impatto sull’economia, ma viola anche i principi fondamentali di equità. Pensate a un’impresa di costruzioni con 100 dipendenti lasciati a casa. A tutti viene offerto di tornare al lavoro dopo un mese, ma solo 50 di loro lo fanno. Grazie allo schema Pelosi, i 50 che lavorano sodo otterranno meno soldi di quelli che stanno a casa a guardare la Tv. I babbei diventano quindi quelli che ritornano al lavoro.

Di fatto, l’unico modo in cui i politici possono «stimolare» l’economia e ridurre la disoccupazione è incentivare una maggiore produzione economica. Ecco perché un taglio dell’imposta sui salari ha molto senso, e si spera che il presidente Donald Trump, che è favorevole all’idea, non ci rinunci. Ogni lavoratore – gli eroi della nostra economia, compresi gli infermieri, i tecnici, gli addetti ai servizi igienici, i camionisti e gli assistenti sociali – otterrebbe un aumento del 7,5% a partire dal 1° agosto. Ogni piccola impresa vedrebbe i propri costi salariali ridursi del 7,5%. È del tutto naturale quindi che la grande maggioranza dei lavoratori veda di buon occhio il taglio dell’imposta sui salari.

Gli scettici sostengono invece che il taglio dell’imposta sui salari aiuterebbe solo le persone con un lavoro, non i disoccupati. Ma si sbagliano. Il modo migliore per aiutare i disoccupati non è distribuire buoni pasto e sussidi di disoccupazione, ma è dare alla gente la possibilità di lavorare e guadagnarsi uno stipendio. E c’è un’altra cosa che i liberal sembrano aver dimenticato: c’è dignità e valore educativo nel lavorare, rispetto al riscuotere un assegno di sussidio pagato da qualcun altro.

 

Stephen Moore è un giornalista economico, autore e opinionista. L’ultimo di molti libri di cui è stato coautore è «Trumponomics: Inside the America First Plan to Revive Our Economy». Attualmente, Moore è anche il capo economista dell’Istituto per la libertà e le opportunità economiche.

 

Le opinioni espresse in quest’articolo sono quelle dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

 

Articolo in inglese: Paying People Not to Work Is Not an Economic Stimulus

 
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