«Oratorio di Natale» di JS Bach rivela il significato delle festività

Di Kenneth LaFave

Lo scopo della musica sacra è di ricordarci il significato e la sacralità stessa di giorni come il Natale. Gli anglofoni hanno la fortuna di avere il Messiah di Handel come magnifico ricordo del Natale. Sebbene in realtà Handel abbia scritto solo una parte del suo famoso oratorio per il Natale (il coro Hallelujah è pensato per il Venerdì Santo e gran parte del resto per Pasqua), è arrivato comunque a rappresentare la maestosità del periodo natalizio.

Ma un secondo lavoro, in tedesco, merita attenzione per ricordare l’arco di dodici giorni più uno del Natale. The Twelve Days of Christmas, canzone irritante che sia, almeno azzecca il numero: ci sono davvero una dozzina di giorni di Natale, più un 13esimo (di cui parleremo più avanti) che collega il periodo natalizio al «tempo ordinario» che segue. Quell’opera è Oratorio di Natale di Js Bach (Oratorium tempore nativitatis Christi), un ciclo di sei cantate che celebra una mezza decina di aspetti diversi del periodo natalizio.

Prima pagina della prima parte dell’«Oratorio di Natale». (Dominio pubblico)

I veri 12 giorni di Natale

Contrariamente agli interessi commerciali, non ci sono «Dodici Giorni di Shopping di Natale» che portano fino al 25 dicembre. Il vero Natale inizia il 25 dicembre, o alla vigilia dello stesso, e dura fino al 5 gennaio. Poi il 6 gennaio arriverà quel 13esimo giorno, chiamato «Epifania», che commemora (nella maggior parte delle tradizioni) l’arrivo dei tre re o Magi dall’Oriente. Le sei cantate di Bach che compongono l’«Oratorio di Natale» onorano il primo, il secondo e il terzo giorno di Natale, più un quarto per il capodanno, in coincidenza con la nomina e la circoncisione di Gesù; un quinto per il viaggio dei Magi (prima domenica dopo Capodanno); e infine l’Epifania stessa per l’adorazione dei Magi.

Ognuno di questi giorni e cantate riflette una caratteristica del periodo natalizio. La prima è regale e maestosa, come si addice all’annuncio di una nascita regale. La seconda è pastorale, dipingendo un duplice quadro dell’annunciazione ai pastori e della santa calma di Maria e di suo figlio. La terza è gioiosamente allegra mentre i pastori arrivano e il riconoscimento generale del Cristo bambino cresce. Nella quarta la speranza infantile della salvezza nel nome di Gesù è dolcemente cullata dal bagliore di oboi e corni. Con la quinta, il mondo entra in scena, mentre i Magi chiedono dove si trovi il neonato Re dei Giudei, ed Erode trema al pensiero. La musica è la più drammatica delle sei. La cantata finale risuona di gioia quando i Magi trovano il Cristo bambino e si realizza la vittoria sul «diavolo e sulla morte». Le ultime parole del movimento conclusivo sono «Bei Gott hat seine Stelle/ Das menschliche Geschlecht». («Con Dio ha il suo posto/ il genere umano».)

Campionamento del lavoro più grande

Come Messiah (e tutti gli altri oratori, del resto), l’Oratorio di Natale alterna arie, recitativi, sinfonia orchestrale e cori. Tra questi ultimi nell’Oratorio di Natale ci sono molti esempi superiori di una forma di cui Bach fu maestro assoluto: il corale. Questo è un inno precomposto armonizzato per la massima espressività. Nel corale, ciò che è familiare (l’inno) è esaltato in modo semplice.

Se non avete mai ascoltato l’«Oratorio di Natale», vi suggerisco due brani per assaporare la profondità dell’arte nelle due ore e mezza della monumentale partitura di Bach: dalla cantata n. 2, la n. 10, che è un lungo e squisito assolo di contralto che evoca Maria mentre tiene in braccio il bambino; e la quarta voce della cantata n. 4, la sublime aria «Echo», in cui il soprano cerca risposte da Dio sul significato della nascita del bambino, e le riceve da un altro soprano echeggiante. L’intero Oratorio di Natale è ben rappresentato su YouTube e altrove.

Johann Sebastian Bach di Elias Gottlob Haussmann. (Dominio pubblico)

I doni di Bach al mondo

L’Oratorio di Natale è talvolta respinto dai critici che sottolineano che tre delle cantate sono opere di «parodia», che incorporano musica di cantate precedenti. Questa è ingratitudine allo stato puro. I tesori che JS Bach ci ha lasciato sono incommensurabili. Quest’uomo, la cui età terrena era di 65 anni, che ha dovuto lavorare per tutta la vita come insegnante e musicista di chiesa, che ha generato e sostenuto 20 figli (solo 10 sono sopravvissuti alla maturità) da due mogli, è riuscito in qualche modo a trovare l’energia e il tempo per donare un catalogo di opere indispensabili all’artista tastierista (Il clavicembalo ben temperato, Variazioni Goldberg e così via), alla liturgia cristiana (Messa in si minore, due impostazioni della Passione, e altre), alla disciplina della polifonia (L’arte della fuga), e alle prime tradizioni della musica orchestrale (i Concerti brandeburghesi).

A questi si aggiunge il «Christmas Oratorio», un’opera largamente ignorata dagli anglofoni, ma che parla direttamente al cuore attraverso una musica che proclama, gioisce e canta con stupore il messaggio del Natale, una festa santa che si estende ben oltre il dicembre 25.

 

 Kenneth LaFave: Ex critico musicale dell’Arizona Republic e del Kansas City Star, Kenneth LaFave ha recentemente conseguito un dottorato in filosofia, arte e pensiero critico presso la European Graduate School. È autore di tre libri, tra cui «Experiencing Film Music» (2017, Rowman & Littlefield).

 

Articolo in inglese: J.S. Bach’s ‘Christmas Oratorio’ Captures Many Aspects of the Holiday

NEWSLETTER
Epoch Times Italia 2021
 
Articoli correlati