Omicidio Regeni, ci sono i nomi dei colpevoli

Continuano le indagini sull’uccisione di Giulio Regeni, e i rapporti tra Italia ed Egitto sembrano ormai del tutto ristabiliti.

Il presidente egiziano Al Sisi si è infatti presentato dinanzi agli impianti dell’enorme giacimento di gas Zohr, da cui estrarrà l’Eni, per inaugurare l’inizio della produzione.
Oltre alla delegazione in rappresentanza dell’azienda italiana, alla cerimonia era presente anche l’ambasciatore Giampaolo Cantini, a confermare che l’Italia non ha voluto inviare alcun messaggio di protesta per l’omicidio ancora impunito di Giulio Regeni. Ma la morte del giovane ricercatore italiano è tutt’altro che archiviata: «Non smetteremo di cercare i criminali che hanno fatto questo», ha assicurato Al Sisi.

In realtà, al momento gli inquirenti italiani hanno pochi dubbi sul fatto che i servizi egiziani abbiano attenzionato il ragazzo per poi farlo arrestare. Rimane solo da chiarire se siano stati proprio questi a ucciderlo (fatto ormai quasi appurato) e soprattutto se il governo egiziano ne fosse a conoscenza.

In proposito il Post International cita infatti un documento che certificherebbe il trasferimento di Regeni dal servizio segreto civile egiziano a quello militare. Nel documento si parla infatti di un «cittadino italiano, accusato di spionaggio egiziano per conto dei servizi informativi esteri britannici e di associazione con soggetti terzi ai fini di destabilizzare il Paese e provocare disordini pubblici, finalizzati alla caduta del governo, in occasione dei festeggiamenti di popolo per il quinto anniversario della gloriosa rivoluzione del gennaio». La parte più importante è che il «cittadino italiano» (con ogni probabilità Giulio Regeni) sia stato accusato di spionaggio «per conto dei servizi informativi esteri britannici».
Questa nuova informazione non è di poco conto: finora non era noto al pubblico se il ricercatore fosse stato ufficialmente considerato dagli egiziani una spia italiana o britannica.

I sospetti dell’Egitto su Regeni nascono, presumibilmente, dal fatto che lo studente di Cambridge si stesse occupando anche delle opposizioni al governo di Al Sisi (con le quali con ogni probabilità simpatizzava) insieme alla sua tutor di Cambridge. Inoltre Regeni aveva collaborato con Oxford Analytica, che potrebbe essere legata ai servizi segreti britannici (uno dei membri del suo direttivo è l’ex capo dell’MI6). E, goccia che potrebbe aver fatto traboccare il vaso, il ragazzo aveva presentato all’allora capo dei sindacati dei venditori ambulanti la possibilità di un finanziamento di 10 mila sterline da parte dell’Antipode Foundation.

Insomma: studente di Cambridge, collaboratore di un ente in odore di servizi segreti e finanziatore delle opposizioni (nonché persona sospettata persino da un suo coinquilino). Questo era agli occhi degli investigatori egiziani Giulio Regeni. Il quale, se fosse stato davvero un agente dei servizi segreti – viene da dire – forse si sarebbe mosso più prudentemente.

Un altro elemento che incastrerebbe definitivamente le forze di sicurezza egiziane, è la testimonianza alquanto incerta dell’autista di un pullman che sarebbe stato il primo a notare il cadavere del ragazzo, dopo aver fermato il mezzo per una ruota forata. Stando al verbale dell’interrogatorio pubblicato da L’Espresso, questo autista avrebbe cambiato numerose volte i dettagli della sua versione dei fatti, e inoltre ci sarebbe una testimonianza secondo cui questo testimone si sarebbe imbattuto direttamente negli uomini che stavano trasportando il cadavere. Questi individui, qualificatisi come poliziotti, avrebbero chiesto all’uomo di memorizzare una versione dei fatti che avrebbe poi dovuto ‘raccontare’ se qualcuno gli avesse chiesto qualcosa. Non è noto chi abbia raccontato agli inquirenti quest’ultima versione.

L’Italia, in ogni caso, è ormai certa delle responsabilità di nove persone, tra agenti di polizia e agenti della Sicurezza Nazionale, nel sequestro del ragazzo. E tra questi nove ci sarebbero due generali.

Di questi nove emissari, l’Espresso identifica il maggiore della Sicurezza Nazionale Sharif Magdi Ibrqaim Abdlaal, che tra l’altro ha disposto anche l’arresto dell’avvocato della famiglia Regeni al Cairo, anche se ufficialmente per motivi non legati al caso.
Sarebbe stato poi proprio Abdlaal a collaborare con Mohammed Abdallah, l’allora capo del sindacato dei venditori ambulanti che avrebbe ‘venduto’ definitivamente Regeni. Ma Giulio, in realtà, era già sotto sorveglianza, anche a causa di un coinquilino paranoico che lo aveva denunciato come possibile spia. Coinquilino che, forse, era lui stesso un agente.

Inoltre tre dei responsabili identificati dalle indagini, sono gli agenti che si sarebbero occupati dell’uccisione di cinque persone spacciate per rapitori di Regeni, quando in realtà erano criminali comuni incastrati ad arte. Tra questi, l’unico nome che fa L’Espresso è quello di Mahmud Hendy.

È possibile, inoltre (anche se sui giornali non si legge) che uno dei due generali coinvolti sia Khaled Shalabi, capo del dipartimento investigativo di Giza e noto torturatore, come fa intuire il suo soprannome di ‘Macellaio’.

Infine, resta da chiarire se l’omicidio sia stato commesso per iniziativa degli aguzzini dei servizi segreti, se sia stato ordinato dalle autorità egiziane oppure se alcuni membri dei servizi segreti e della polizia siano stati corrotti da forze estere.

 
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