Olimpiadi di Rio 2016, che sia Sport innanzitutto

L’ultimo tedoforo, Vanderlei De Lima, accende la fiamma olimpica dei giochi di Rio 2016: il braciere si solleva in aria e si posiziona al centro di una spirale luminosa che ipnotizza gli oltre 70 mila spettatori del Maracana.

Sopra le favelas, schizzano in cielo i fuochi d’artificio. Tra le evidenti contraddizioni e difficoltà, lo spettacolo deve andare avanti, nonostante gli scontri fuori allo stadio: è un tripudio di colori, la festa è iniziata.

Sì perché al di là di tutto, cosa sono le Olimpiadi se non un gioco, una festa dello sport? Non sono forse nate con questo intento, nell’antica Grecia? Questo devono averlo dimenticato forse, tutti quelli che sfruttano questi eventi per il proprio interesse e tornaconto, senza curarsi di chi potrebbero danneggiare e delle conseguenze negative che potrebbero scaturire da determinate scelte mirate al guadagno immediato. E devono averlo dimenticato anche, purtroppo, tutti gli atleti che recentemente sono stati squalificati per doping.

Non è che oggi sia tutto corrotto e che in passato fosse tutto rose e fiori; le guerre ad esempio sono sempre esistite, basti pensare a quella tra Greci e Persiani, nella battaglia di Maratona, appunto. Ma ecco, pensando proprio a questo, si potrebbe dire che forse prima, da una difficoltà si cercava sempre di imparare qualcosa di positivo: in questo caso la corsa di un uomo, Fidippide, che voleva avvisare la città di Atene della vittoria, ha dato vita alla specialità sportiva della maratona; è una leggenda sì, pur sempre tratta da avvenimenti reali, ma rende l’idea.

Oggi questo infatti appare più difficile da fare, perché se un atleta si dopa, si dopano anche gli altri; se qualcuno diventa ricco sulle spalle degli altri, altre persone cercheranno di fare come lui eccetera. Ma di esempi positivi ce ne sono ancora oggi, anche se sembrano sempre meno.

Gli albori di un’altra guerra, relativamente molto più recente, ci proiettano direttamente alle olimpiadi di Berlino del 1936, ricordate per il campione che fu Jesse Owens nell’atletica leggera, soprattutto nel salto in lungo e nelle gare di velocità; ancora negli occhi di tutti l’immagine dell’atleta nero assieme ad Hitler, che non gli strinse la mano ma gli fece lo stesso, a sua detta, i complimenti. Owens vinse 4 medaglie d’oro, nei 100 e 200 metri piani, nel salto in lungo e nella staffetta 4×100.

Ma le prime olimpiadi dell’era moderna erano iniziate quarant’anni prima, nel 1896 proprio in Grecia, ad Atene. Qualche anno dopo poi, nel 1928, venne reintrodotta la tradizione greca del fuoco olimpico, che rimaneva acceso per tutta la durata dei giochi: quello stesso braciere che riaccendendosi ogni quattro anni ha accompagnato da lì in poi le vittorie dei più grandi campioni olimpici.

Negli anni del boom economico dei favolosi anni sessanta, alle olimpiadi di Roma del 1960, un giovanissimo Cassius Clay, Muhammad Ali The Greatest, vinse l’oro nei mediomassimi di pugilato; è solo l’inizio della sua incredibile carriera, che lo coronerà campione di tre titoli mondiali nei pesi massimi dal 1964 al 1979.

Le Olimpiadi più tristi, restano invece quelle del massacro del 1972 a Monaco di Baviera, quando un commando terroristico palestinese uccise 11 membri della squadra di Israele irrompendo negli alloggi degli atleti nel villaggio olimpico. A questi giochi debuttò anche la ‘Freccia del Sud’, il grande Pietro Mennea, che dovette però aspettare i giochi di Mosca del 1980 per vincere il suo oro olimpico nei 200 metri piani.

Quattro anni dopo, nel 1984 a Los Angeles, il ‘Figlio del Vento’ Carl Lewis, replicò la prestazione di Jesse Owens vincendo 4 medaglie d’oro sempre nei 100 e 200 metri piani, salto in lungo e staffetta. A duellare con lui, quattro anni dopo a Seoul, c’era un’altra freccia di nome Ben Johnson.

Avvicinandoci più ai giorni nostri, passando per gli anni novanta una tappa obbligatoria è Barcellona ’92: come dimenticare le emozioni alle stelle nel veder giocare tutti assieme i più grandi campioni della storia della pallacanestro, il Dream Team dell’Nba americana composto da Michael Jordan, Earvin ‘Magic’ Johnson, Larry Bird, Karl Malone, Charles Barkley, Pat Ewing solo per nominarne alcuni, che vinse l’oro senza quasi dover versare una goccia di sudore.

E per rimanere nella dimensione degli anni ’90, un altro che, in casa nostra, ci ha fatto sognare è il ‘Signore degli Anelli’, Jury Dimitri Chechi, che nel 1996 ci ha deliziato con un oro ad Atlanta e poi, ben otto anni dopo, ad Atene 2004, con un bronzo che, all’età di 35 anni, valeva quanto un altro oro.

Ricordi un po’ più recenti, sono quelli di Sidney 2000 quando nel judo è arrivato l’oro di Maddaloni, nel nuoto l’oro di Fioravanti e Rosolino, e nella scherma quello di Valentina Vezzali.

Le olimpiadi del 2008 a Pechino sono soprattutto ricordate per le proteste pacifiche dei sostenitori dei diritti umani; quella, ancora più di questa di Rio, è stata l’olimpiade della contraddizione, perché permettere di sostenere una manifestazione sportiva all’insegna della pace a un Paese comandato da un governo che non riconosce i diritti umani al proprio stesso popolo, ha lasciato molti perplessi e nel più completo disagio. Ma, anche in quel caso, lo spettacolo è andato avanti.

Quanto a Londra 2012, era più forte la paura per possibili attacchi terroristici che l’entusiasmo di partecipare e di assistere ai giochi.

Gli atleti promettenti a Rio 2016 sono tanti, sia per l’Italia che per gli altri Paesi, tutti siamo curiosi di vedere cosa farà Usain Bolt, nella sua ultima olimpiade: riuscirà a confermare il suo primato indiscusso? E dei nostri, invece, come si comporteranno il giovane Paltrinieri nel nuoto, l’affermata Federica Pellegrini, e gli altri giovani promettenti nelle altre specialità?
Per scoprirlo, nonostante le contraddizioni e le difficoltà che dovrebbero attivare il buon senso di tutti, restiamo sintonizzati sullo sport, perché ci possa insegnare alla fine una lezione positiva.

 

 

 

 
Articoli correlati