Nuovo trionfo di Shen Yun agli Arcimboldi di Milano

Dopo Roma e Firenze, la compagnia di Shen Yun Performing Arts di New York è tornata anche a Milano. Quest’anno con tre spettacoli: uno sabato 21 e due domenica 22 aprile, portando (con i due spettacoli nella Capitale e quello di Firenze) a ben sei il numero degli spettacoli nel nostro Paese per il tour 2018.

Col teatro dell’Opera di Roma, il teatro Verdi di Firenze e gli Arcimboldi di Milano (‘location’ bellissima, ma la speranza è di vederlo presto alla Scala, il tempio della musica) Shen Yun sta insomma diventando un appuntamento fisso anche per il pubblico italiano.

Un successo sempre crescente che non sorprende, considerato il livello tecnico artistico di assoluta eccellenza, l’originalità narrativa e il calore spirituale che contraddistinguono questo spettacolo.

Shen Yun è uno spettacolo dal format unico nel suo genere: nei diversi atti, mette in scena episodi tratti dai 5 mila anni della storia cinese, fatti di attualità, storie e miti legati alla tradizione dell’impero della Terra di Mezzo. Tutto questo è tenuto insieme e accompagnato da una forte presenza spirituale che – nella sua profonda semplicità – tocca il cuore del pubblico, spesso commuovendo non solo gli animi più ‘sensibili’.

Una breve sintesi dei commenti raccolti dai nostri inviati al termine degli spettacoli al teatro Arcimboldi:

«È uno spettacolo fantastico. Era molto tempo che volevo venire a vederlo. È tutto perfetto, gli artisti sono fantastici e le storie rappresentate sono uniche. È una cultura millenaria che io amo, e sicuramente ritornerò a vederlo il prossimo anno. È uno spettacolo di livello assoluto, e anche i più giovani dovrebbero venire a vederlo».

«Fantastico! Si fa un salto indietro nel tempo e questo salto libera la mente dai problemi. Musica bellissima. Colori bellissimi!».

«Stupendo! Sono proprio senza parole! Meraviglioso dalla prima scena. Mi sono emozionata al punto che mi sono venute le lacrime… Una cosa indimenticabile. Veramente bellissimo. Tutto superlativo».

«Uno spettacolo veramente molto bello. Sicuramente un’altra dimensione rispetto alla nostra danza classica, ma si vede che ci sono dei grandissimi fondamenti sia della classica cinese che della danza classica occidentale».

«Penso, che l’erhu, quello strumento con due corde… È qualcosa che viene dal Cielo… Emette un suono incredibile».

«È bello questo ritorno al divino, alla spiritualità. È una cosa che in questi tempi manca. Bisognerebbe tornare, un po’ come ai tempi della Cina, a coltivare questo senso del divino, della divinità».

«Delicato, sensibile e tocca l’anima».

«È sicuramente una cosa positiva. Anche perché credo che, senza voler dire delle cose banali, bisognerebbe ritornare un po’ alle cose spirituali. E le parla una atea quasi. C’è bisogno, c’è bisogno di recuperare una serie di valori, indipendentemente da quale Dio lo dica, insomma».  

«La cultura cinese è quanto di più antico e più nobile ci sia. E per scoprirla bisogna avere la mente sgombra e il cuore giovane. […] I principi della comprensione, della tolleranza, del coltivare il proprio Io, del cercare di scoprire il proprio sé, oggi sono posti in ombra probabilmente dalla falsa consapevolezza che la felicità sia legata al possesso. La cultura cinese lega la felicità all’essere, non al possesso».

«È molto bello anche il significato del nome ‘Shen Yun’: ‘La bellezza degli esseri divini che danzano’. Dovremmo ricordarcelo anche noi in Occidente, perché la danza deve essere ripresa in mano in questo senso adesso, e non nel senso che vediamo oggi in televisione».

 
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