Referendum NoTriv, le ragioni del sì e del no

Il referendum sulle trivelle del 17 aprile non è una mera sfida tra ambientalisti e petroliofili: un’analisi dei pro e contro del votare sia per il sì che per il no è senz’altro utile.

Innanzitutto, si voterà ‘sì’ se si vorrà impedire alle aziende che estraggono petrolio entro 12 miglia nautiche dalla costa, di continuare a estrarre fino all’esaurimento del giacimento. Le piattaforme petrolifere, se vincesse il sì, dovrebbero smettere di estrarre allo scadere della concessione. Se vincesse il no, avrebbero diritto a trivellare fino all’esaurimento della risorsa. Le aziende oltre le 12 miglia, che sono la maggioranza, continueranno comunque a estrarre fino all’esaurimento del giacimento.

Il referendum ha quindi un significato limitato, in termini immediati. Tuttavia i promotori da una parte ritengono che estrarre meno petrolio (e puntare sulle rinnovabili) significhi danneggiare l’ambiente in maniera minore; dall’altra che votando il sì (il sì al referendum significa no alle trivellazioni) si dia un segnale importante al governo, che dovrà tenere in conto il forte interesse dell’opinione pubblica sul tema delle rinnovabili e dell’inquinamento.

Le rinnovabili sono il futuro? Su questo, sia i pro-triv che i no-triv sono d’accordo. Tuttavia rimane il fatto che abbiamo esigenze energetiche immediate, che non possono essere risolte da un giorno all’altro con le rinnovabili, che richiedono investimenti di medio-lungo periodo.

Secondo il gruppo ‘Ottimisti e Razionali’, che si batte per il no, diminuendo la quantità di petrolio estratta dal mare italiano, aumenteremmo per forza quella importata dall’estero. E maggiori importazioni porterebbero un maggior numero di petroliere nel Mediterraneo, quindi un maggior rischio di disastri ambientali. Inoltre avere il nostro petrolio ‘a kilometro zero’ ci rende geopoliticamente più forti e indipendenti. E anche meno soggetti, a ricatti di vario genere da parte dei Paesi produttori.

Va poi considerato che il rischio che dagli impianti di trivellazione fuoriesca del petrolio – come spiega Giuseppe Ferreri, una tecnico che ha lavorato molti anni nel campo delle trivellazioni – è molto basso. Al contrario, può essere più facile che si verifichino incidenti con le petroliere.

Tuttavia, anche le piattaforme petrolifere in mezzo al mare possono inquinare, ma non col petrolio: «Una piattaforma petrolifera, in genere, non inquina col petrolio – scrive infatti Ferreri in una lettera inviata a Pantelleria.com nel 2010 e poi ripubblicata da vari media – In anni e anni di lavoro non ho mai visto cadere una goccia di greggio in mare. L’inquinamento però c’è! L’inquinamento è dovuto al processo che si mette in atto quando si fanno i lavori di manutenzione e/o sostituzione delle pompe che estraggono il greggio».

Durante i lavori di manutenzione, infatti, «si riempie la colonna (casing) che collega la piattaforma col giacimento, con il ‘Mud’ (tradotto dall’inglese significa ‘fango’, ma in realtà si tratta di un mix di prodotti chimici che in certi casi hanno un elevato indice di tossicità). In particolar modo nei pozzi petroliferi off-shore (come quelli che ci riguardano) si usa un Mud del tipo Sbm (Synthetic Based Mud) costituito da oli sintetici con un certo grado di tossicità».

«Nella mia esperienza sulle piattaforme petrolifere in Congo, il Mud veniva non di rado disperso in mare. Esiste una procedura di recupero che teoricamente deve essere rispettata, ma a volte, a causa di perdite oppure di cattive condizioni meteo, il Mud finisce comunque disperso in mare. L’inquinamento pertanto diviene periodicamente un fatto concreto».

Che si voti sì o no, quindi, il problema dell’inquinamento rimane.

Infine, una sintesi dei punti a favore di ognuna delle due risposte referendarie:

Punti a favore del sì (= no alle trivelle)

  1. Si evita l’inquinamento nel tempo dovuto al Mud
  2. Si dà un forte segnale al governo, che forse capirebbe di dover puntare più vigorosamente verso le rinnovabili

Punti a favore del no (= sì alle trivelle)

  1. Meno petrolio importato dall’estero, quindi meno petroliere nel Mediterraneo e minori rischi di disastro ambientale
  2. I lavoratori delle trivelle non perderanno il posto
 
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