Matteo Salvini, l’immigrazione e l’Europa

L’approccio di Matteo Salvini alla gestione dei flussi migratori può essere riassunto in tre punti: ridurre gli sbarchi, rimandare via i clandestini più rapidamente e assicurare un maggiore controllo sui migranti che sono nei centri.

Per quanto riguarda l’ultimo punto, l’idea del ministro dell’Interno è aumentare il numero dei centri di accoglienza, ripartendoli nel territorio di tutta Italia. Questo è stato concordato nel programma di governo, ma richiede l’appoggio delle singole regioni che, per la maggior parte si è mostrata riluttante, quando la stessa cosa ha cercato di farla il precedente ministro dell’Interno, Minniti. Salvini, tuttavia, assicura di avere l’appoggio dei governatori leghisti.

C’è però una differenza tra i centri che vuole creare Salvini e quelli di Minniti: saranno chiusi. Questo naturalmente solleva da una parte una questione etica (e legale), in quanto i migranti si ritroverebbero in una sorta di ‘stato detentivo’. Ma dall’altro potrebbe indebolire il fenomeno del caporalato e dello sfruttamento dei migranti in genere, prostituzione compresa. I cittadini, spiega Salvini forse poco diplomaticamente, non vogliono che i migranti siano stazionati in «punti dove uno esce alle 8 di mattina, rientra alle 10 di sera e durante il giorno non si sa cosa fa».

Sul fronte della riduzione degli sbarchi, il leader leghista ripropone il principio dell’«aiutarli a casa loro» e del continuare a seguire la linea di Minniti (il cui operato ha ammesso di apprezzare, sebbene la stima pare non sia contraccambiata) per quanto riguarda gli accordi con altri Paesi. L’accordo con la Libia, da parte del governo Gentiloni-Minniti, ha infatti portato a un considerevole calo degli sbarchi.

Ma secondo gli esperti, se la strada diplomatica può potenzialmente portare a grandi risultati, quella degli aiuti, tuttavia, può benissimo avere l’effetto opposto. Una parte importante degli immigrati che giunge in Italia e in Europa, infatti, lo fa per migliorare le proprie prospettive economiche, nell’illusione che l’Occidente sia un mondo in cui la ricchezza è cosa normale. Un benessere che potrebbe spettare anche a loro, nonostante non parlino bene la lingua e non abbiano titoli di studio adeguati. L’aiutarli «a casa loro», quindi, non potrebbe far altro che rafforzare l’idea di un Occidente ricchissimo, che si può persino permettere di dare soldi agli altri. Inoltre, sempre secondo gli esperti, di solito non sono i poveri a venire in Italia, ma i benestanti, che possono permettersi di pagare il viaggio. Quindi, verrebbe da dire, secondo questa linea basterebbe ‘informare’ meglio i migranti.

Salvini comunque chiarisce che la linea dura sarà valida solo nei confronti di alcuni migranti. Quelli «regolari e per bene» e i veri profughi saranno «i benvenuti»: «Chi scappa dalla guerra ha, in casa mia, casa sua», afferma il vice premier, che spiega che è anche necessario aumentare i tempi di permanenza nei centri, prima che le procedure di accoglienza o rimpatrio vengano terminate. Al momento il tempo previsto è di 90 giorni, ma è lampante come non siano sufficienti.

Inoltre, «da luglio», il ministro dell’Interno intende ridurre il contributo ai centri di accoglienza per i richiedenti asilo, che attualmente ammonta a «35 euro al giorno, attraverso varie voci». Salvini spiega infatti al Corriere: «La Germania garantisce 26 euro, l’Austria 23, la Polonia 20, la Francia 25. Significa che tagliare i costi è possibile».

Infine, una parte importante dell’approccio del ministro dell’Interno al problema, consiste nell’alzare i toni e battere i pugni: qualcosa che, in effetti, hanno promesso in tanti. Salvini lo sta facendo davvero, dalla controversa decisione di non far approdare la nave Aquarium, all’immediata convocazione dell’ambasciatore francese dopo il grave attacco (al limite dell’insulto) all’Italia. Un tipo di attacco a cui, per decenni, l’Italia era abituata a non reagire.

 

 

 
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