L’Ue risponde finalmente alla Cina. E potrebbe avere la meglio

Di Wang He

Il 22 marzo, l’Unione Europea ha annunciato che avrebbe imposto sanzioni ai funzionari cinesi, incluso un ente, per le gravi violazioni dei diritti umani di Pechino nello Xinjiang. Queste sanzioni sono state le prime misure significative da quando è stato imposto l’embargo Ue sulle armi, dopo il massacro di piazza Tienanmen del 1989.

Questa volta, sono stati imposti divieti di viaggio e un congelamento dei beni a quattro alti funzionari e un ente (l’Ufficio di pubblica sicurezza del Corpo di produzione e costruzione dello Xinjiang).

Il Pcc ha immediatamente reagito imponendo sanzioni a otto ambasciatori nell’Ue (inclusi cinque membri del Parlamento europeo, uno olandese, uno federale belga e uno del Seimas della Repubblica di Lituania). due studiosi (il tedesco Adrian Zenz, e lo svedese Björn Jerdén) e quattro enti (il Comitato politico e di sicurezza del Consiglio dell’Unione europea, la sottocommissione per i diritti umani del Parlamento europeo, l’Istituto Mercator per gli studi sulla Cina in Germania e la Fondazione Alliance of Democracies in Danimarca).

L’intenzione del Pcc è di reagire due volte più duramente e di fermare l’Ue nel suo slancio: questa è anche una delle manifestazioni della diplomazia del «guerriero lupo» di Pechino. Tuttavia, una volta iniziata, la guerra di sanzioni non è più sotto il controllo del Pcc.

Si sono infatti susseguite varie misure ulteriori, da parte dell’Ue e gli Stati membri. Per esempio, nello stesso giorno in cui sono state annunciate le sanzioni, il Parlamento europeo ha dichiarato che avrebbe annullato temporaneamente la revisione dell’accordo di investimento globale Cina-Ue, firmato il 30 dicembre dello scorso anno, dopo 7 anni e 35 sessioni di ardui negoziati. E in risposta alle mosse di ritorsione del Pcc, il 24 marzo, otto Paesi dell’Ue – Paesi Bassi, Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Lituania, Svezia e Italia – hanno chiamato o hanno affermato che convocheranno presto gli inviati cinesi.

Le sanzioni dell’Ue sono forse tattiche e piuttosto caute. I quattro funzionari del Pcc colpiti dalle misure punitive sono solo burattini del Pcc: Zhu Hailun, ex segretario del Comitato per gli affari politici e legali della Regione autonoma uigura dello Xinjiang (Xuar), Wang Junzheng, segretario del partito del Corpo di produzione e costruzione dello Xinjiang (Xpcc) e il vice segretario dello Xuar, Wang Mingshan, membro del Comitato permanente del Comitato del partito dello Xuar, e Chen Mingguo, direttore dell’Ufficio di pubblica sicurezza dello Xinjiang.

Invece c’è una persona – sempre legata allo Xinjiang, ma che conta di più – che è stata esclusa: Chen Quanguo, il massimo leader dello Xinjiang e uno dei 25 membri del Politburo (il principale organo decisionale cinese).

Le sanzioni aggressive di ritorsione del Pcc aggiungono solo benzina sul fuoco, costringendo l’Ue e gli Stati membri a compiere passi coraggiosi per contrastare le misure.

A giudicare dalla situazione attuale, l’escalation della guerra delle sanzioni sarà più di una semplice battaglia: avrà un impatto importante sul panorama strategico internazionale globale.

In primo luogo, l’Ue potrebbe apportare importanti modifiche alla sua strategia sulla Cina.
Secondo un rapporto pubblicato dalla Commissione europea nel marzo 2019, pur riconoscendo il Pcc come un «partner di cooperazione», la Commissione ha anche riconosciuto il Pcc come un «partner negoziale», «un concorrente economico» e «un rivale sistemico». La contraddizione intrinseca nella definizione mostra la forte tendenza a una politica di pacificazione da parte dell’Ue.

Tuttavia, una serie di gravi incidenti che si sono verificati dal 2019, tra cui le proteste contro l’estradizione di Hong Kong, la cattiva gestione della pandemia Covid-19 da parte del Pcc, la nuova guerra fredda tra Cina e Stati Uniti e la diplomazia del «guerriero lupo», hanno costretto l’Ue a riflettere sulla sua politica cinese.

Donne di etnia uigura protestano contro la polizia antisommossa cinese mentre manifestano a Urumqi, nella regione dell’estremo ovest cinese dello Xinjiang il 7 luglio 2009. (Peter Parks / AFP tramite Getty Images)

Di fatto, dopo due anni di deliberazione, l’Ue con i suoi 27 Stati membri, ha finalmente compiuto un passo difficile verso il cambiamento della sua politica cinese, come sanzionare i violatori dei diritti umani e le istituzioni nello Xinjiang.

Adrian Zenz, uno studioso tedesco che è stato sanzionato dal Pcc, ha twittato: «Per l’Ue, questo passo ancora abbastanza piccolo, è comunque un allontanamento dalla sua solita prostrazione quasi completa».

Quindi, come cambierà in futuro la politica dell’Ue sulla Cina?

Il 10 marzo, il Gruppo Ppe, il più grande gruppo politico al Parlamento europeo, ha adottato il primo rapporto strategico sulle relazioni bilaterali Ue-Cina, intitolato «Relazioni Ue-Cina: verso un partenariato equo e reciproco».

Il documento afferma: «Date le conseguenze politiche della pandemia Covid-19 e l’imposizione della cosiddetta Legge sulla sicurezza per Hong Kong, nonché il perseguimento più aggressivo di obiettivi a lungo termine nei confronti di Xinjiang, Tibet e Taiwan, il disprezzo per il sistema multilaterale e gli accordi internazionali, la diffusione dell’influenza maligna cinese e l’incapacità di essere all’altezza degli obblighi fondamentali in materia di diritti umani, riteniamo che questo quadruplice approccio sia obsoleto. La rivalità sistemica può essere vista sempre più come il prevalente paradigma nella nostra relazione».

Il documento suggerisce che le relazioni Ue-Cina possono svilupparsi secondo tre diversi scenari:

1) scenario positivo: impegno e cooperazione;

2) scenario neutro: coesistenza e confusione;

3) scenario negativo: rivalità e conflitto.

Ovviamente, il modo in cui l’Ue risponderà a questa guerra di sanzioni Ue-Cina, influenzerà direttamente il futuro dell’Europa e della Cina.

In secondo luogo, l’alleanza internazionale per contenere il Pcc, basata sui valori comuni dell’umanità, è diventata ancora più importante. Dopo che l’Ue ha imposto sanzioni ai funzionari cinesi, il Regno Unito e il Canada ne hanno seguito l’esempio. E anche gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni contro i funzionari dello Xinjiang Chen Mingguo e Wang Junzheng (Chen era già sulla lista delle sanzioni statunitensi lo scorso anno).

Riguardo alle contro-sanzioni del Pcc, il capo della politica estera dell’Ue, Josep Borrell, ha dichiarato alla conferenza stampa del 22 marzo: «Invece di cambiare le sue politiche e affrontare le nostre legittime preoccupazioni, la Cina ha di nuovo chiuso un occhio. Queste misure sono deplorevoli e inaccettabili. Non ci sarà alcun cambiamento nella determinazione dell’Unione europea a difendere i diritti umani e a rispondere a gravi violazioni e abusi». Borrell ha descritto il coordinamento tra Ue, Gran Bretagna, Canada e Stati Uniti come «perfetto».

Inoltre, i ministri degli Esteri di Australia e Nuova Zelanda hanno rilasciato una dichiarazione congiunta esprimendo «serie preoccupazioni» su «ulteriori rapporti che dimostrano che i diritti umani degli uiguri dello Xinjiang e di altre minoranze musulmane sono stati gravemente violati» e hanno accolto con favore le sanzioni annunciate durante la notte dal Canada, l’Ue, il Regno Unito e gli Stati Uniti.

Si può vedere che, questa volta, le sanzioni dell’Ue contro il Pcc hanno innescato reazioni a catena della comunità internazionale volte a far assumere al Pcc la propria responsabilità nelle sue stesse violazioni dei diritti umani.

In particolare, va sottolineato che la guerra alle sanzioni Ue-Cina ha sospeso l’accordo globale di investimento Cina-Ue. Come è noto, il Pcc eccelle nel manipolare le questioni economiche per promuovere la sua agenda politica e per influenzare le politiche di vari Paesi a beneficio della Cina.

L’Ue è l’obiettivo principale del fronte unito economico del Pcc. Non a caso, nel 2020 la Cina è diventata il principale partner commerciale dell’Ue, con il volume degli scambi bilaterali che ha raggiunto i 549 miliardi di euro, in controtendenza rispetto alla tendenza del mercato durante la pandemia. Per la prima volta, la Cina ha sostituito gli Stati Uniti come principale partner commerciale dell’Ue. Allo stesso tempo, l’Ue ha raggiunto un accordo di investimento con il Pcc nonostante l’opposizione degli Stati Uniti.

Tuttavia, questa volta l’Ue ha imposto sanzioni al Pcc. Ciò dimostra che il fronte unito economico del Pcc è un grave fallimento e l’Ue è in grado di contrastarlo economicamente.

Per vari motivi, l’Ue si è ingannata per molto tempo ed è stata costretta a resistere a un certo grado di coercizione economica da parte del Pcc. Ora, l’Ue ha capito che se il commercio può essere un arma, l’Ue è più capace del Pcc.

In termini di commercio bilaterale, la dipendenza del Pcc dall’Ue è maggiore della dipendenza dell’Ue dal Pcc. Nel 2020, l’Ue ha importato 383,5 miliardi di euro di merci dalla Cina ed ha esportato 202,5 ​​miliardi di euro in Cina: il deficit dell’Ue si aggira sui 181 miliardi di euro.

In questo modo, le tendenze offensive e difensive sono cambiate e l’accordo di investimento globale Cina-Ue si è trasformato in un’arma deterrente per l’Ue, e il Pcc è diventato piuttosto passivo.

In breve, questa volta il Pcc ha fallito nel suo fronte economico unitario e nella coercizione contro l’Ue. Questo è molto utile per la comunità internazionale per riconoscere i difetti fatali intrinseci dell’economia cinese e la natura canaglia del Pcc.

Questa volta il Pcc ha lanciato una guerra di sanzioni e la perdita non è piccola.

 

Wang He ha conseguito un master in Legge e Storia e ha studiato il movimento comunista internazionale. È stato un docente universitario e un dirigente di una grande azienda privata in Cina. Wang ora vive in Nord America e dal 2017 pubblica commenti sull’attualità e sulla politica della Cina.

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

 

Articolo in inglese: Two Major Impacts of EU Sanctions on the Chinese Regime

 
Articoli correlati