L’Ue inasprisce i controlli sugli investimenti stranieri (pensando alla Cina)

Il 14 febbraio la stragrande maggioranza dei parlamentari europei ha votato a favore dell’istituzione di un sistema per il controllo degli investimenti stranieri nell’Unione Europea, in particolare quelli cinesi, al fine di proteggere tecnologie e infrastrutture critiche.

La votazione si è conclusa con 500 parlamentari a favore, 49 contrari e 56 astenuti.

Secondo il progetto, che ha preso forma in concomitanza con l’aumento degli investimenti cinesi in Ue, la Commissione Europea dovrà analizzare gli investimenti stranieri nei settori critici per stabilire se c’è la possibilità che danneggino gli interessi delle nazioni europee.

La proposta di legge non nomina apertamente la Cina, tuttavia si riferisce chiaramente a Pechino quando richiede alla Commissione di prestare particolare attenzione qualora «l’investitore estero sia controllato direttamente o indirettamente, dal governo, dagli organismi statali o dalle forze armate di un Paese terzo e/o persegua progetti o programmi all’estero a guida statale e realizzi investimenti esteri diretti controllati dal governo finalizzati a obiettivi industriali strategici, acquisisca o trasferisca tecnologie o conoscenze abilitanti fondamentali, sostenga interessi strategici nazionali…». 

Il giorno prima della votazione, Franck Proust, l’eurodeputato relatore della proposta, aveva dichiarato: «Tutte le principali potenze mondiali – Stati Uniti, Canada, Giappone, Cina – hanno i rispettivi sistemi di monitoraggio; gli Stati Uniti hanno il Cfius dal 1975. Solo l’Europa non ha un sistema di monitoraggio. Non stiamo tentando di bloccare gli investimenti stranieri. Sono essenziali per i Paesi europei e ne abbiamo bisogno. Ma dobbiamo prestare attenzione agli investimenti strani, che non hanno senso da un punto di vista economico, ma hanno fini politici».

La proposta, avanzata da Francia, Germania e dal precedente governo italiano, aveva inizialmente incontrato l’opposizione di alcuni Paesi europei, tra cui Grecia, Cipro, Malta e Portogallo.

Alcuni degli oppositori in passato avevano accolto con entusiasmo gli investimenti cinesi, ad esempio la Grecia, il cui principale porto, il Pireo, è controllato a maggioranza dalla società cinese Cosco Shipping.

Tuttavia pare che il vento stia cambiando. L’Ue sta indagando sull’azienda di telecomunicazione Huawei, è preoccupata per il suo legame con il regime cinese e sospetta che Pechino possa usare la sua tecnologia per fini spionistici.

I deputati del Parlamento Europeo hanno richiesto controlli più severi di quelli proposti inizialmente dal Consiglio Europeo; ad esempio richiedono che la Commissione sia obbligata a iniziare gli accertamenti quando un terzo dei Paesi membri manifesta preoccupazioni, e che negli accertamenti venga richiesta la collaborazione degli Stati europei.
È stata inoltre ampliata la lista dei settori critici affinché comprendesse anche sanità, nanotecnologia, stampa, batterie elettriche, la catena alimentare e il settore aerospaziale.

Ad ogni modo il sistema non richiede ai singoli Stati di condurre delle indagini. Di fatto, la metà dei Paesi dell’Unione ha già un sistema di monitoraggio attivo. Questi dovranno informare gli altri membri dell’Ue e la Commissione qualora ravvisino investimenti sospetti, e tutti dovranno consegnare un rapporto annuale alla Commissione.
La Commissione valuterà se l’investimento potrebbe compromettere la sicurezza di infrastrutture critiche o anni di costose ricerche scientifiche e tecnologiche.

Tuttavia, con questa nuova legge che entrerà in vigore a ottobre del 2020, alla fine saranno i singoli Stati europei, non la Commissione, a decidere se bloccare o meno gli investimenti stranieri.

 

Articolo in inglese: With Eyes on China, EU Lawmakers Back Investment Screening

 
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