L’Ue crea un’alternativa alla Belt and Road Initiative cinese. Comincia la concorrenza?

Di Milton Ezrati

Proprio mentre la Belt and Road Initiative (Bri) di Pechino ha iniziato ad avere problemi in Africa, l’Unione Europea (Ue) ha lanciato la propria iniziativa.

Il cosiddetto Global Gateway di Bruxelles, come quello cinese, offrirebbe alle economie in via di sviluppo finanziamenti per progetti infrastrutturali e aiuterebbe a realizzarli. Secondo l’annuncio della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen del 1° dicembre 2021, il programma avrebbe un finanziamento iniziale di 300 miliardi di euro. Di fatto, Global Gateway mira a fare da concorrente alla Bri e potrebbe avere effetti favorevoli anche se avesse meno successo di quanto spera Bruxelles.

Proprio come la Bri, il Global Gateway europeo offrirebbe poche sovvenzioni, se non nessuna: per lo più funzionerebbe attraverso prestiti e garanzie. Ma a differenza della Bri, che si concentra sulle infrastrutture di base, come strade, ponti, collegamenti ferroviari, porti e simili, il programma Gateway dell’Ue verterà sui cambiamenti climatici, sulla salute e sullo sviluppo sostenibile. L’Ue ha inoltre indicato che i suoi sforzi si concentreranno principalmente sull’Africa. E sebbene la Bri faccia molto in Africa, essa ha una portata più globale, con i suoi più grandi progetti nel sud-est asiatico (in Indonesia in particolare) e in Asia centrale (Pakistan e Kazakistan in particolare).

L’Ue non ha nascosto la sua intenzione di fare concorrenza alla Cina. Da un lato, è puramente una questione di influenza: la Bri ha notevolmente aumentato l’impronta diplomatica ed economica di Pechino, anche in Europa. La società cinese Cosco, ad esempio possiede due terzi dell’enorme porto per container greco del Pireo, mentre la cinese Road and Bridge Corporation ha costruito un ponte chiave in Croazia. E poiché sia ​​la Grecia che la Croazia sono membri dell’Ue, Bruxelles si sente senza dubbio minacciata. Ma oltre a questo, Bruxelles mira allo status globale che la Cina ha acquisito attraverso la Bri.

Al di là dell’innalzamento del profilo, l’Ue vuole chiaramente un guadagno sfruttando la cattiva reputazione della Bri. Il programma cinese è stato infatti sempre più accusato di concedere «prestiti predatori» e di sedurre le economie povere con la «diplomazia della trappola del debito». Queste accuse non sono del tutto immeritate.

Attraverso la Bri, la Cina identifica progetti infrastrutturali interessanti per le economie meno sviluppate e presta loro i soldi per il finanziamento. I termini del prestito insistono sul fatto che le società cinesi, di solito imprese statali (Soe), si occupino della costruzione una volta che il progetto è fatto. Quindi il Paese beneficiario si assume l’obbligo finanziario, ma la maggior parte dei guadagni va a prestatori e appaltatori cinesi. Sembra in effetti piuttosto predatorio. Se ciò non bastasse, gli accordi di solito consentono alla Cina di assumere la proprietà in caso di inadempienza del Paese destinatario. E infatti pare che alcuni partecipanti africani alla Bri siano vicini al default.

Gli europei hanno presentato il loro Global Gateway come qualcosa di completamente diverso. Von der Leyen ha descritto il desiderio dell’Europa di diventare un «partner di fiducia» che crea «legami e non dipendenze». Non è del tutto chiaro se la promessa dell’Europa di perseguire progetti «sostenibili» si riferisca a questioni ambientali o finanziarie, ma se si tratta di queste ultime, sarebbero in diretto contrasto con la «diplomazia della trappola del debito» di cui è stata accusata la Cina.

In un linguaggio schietto, soprattutto rispetto a quello solito nel mondo della diplomazia, Von der Leyen ha fatto riferimento a come l’alternativa allo schema europeo (chiaramente la Bri) porti troppo spesso «molte clausole in caratteri piccoli che determinano grandi conseguenze, sia finanziarie che politiche, ma anche sociali». Ora, ha affermato, «i Paesi che considerano i prestiti dalla Cina hanno un’opzione alternativa».

Pechino ha subito mostrato di essere ben consapevole delle intenzioni dell’Ue. L’ambasciatore cinese presso l’Ue, Zhang Ming, ha ufficialmente «accolto con favore» lo schema Global Gateway, esprimendo la speranza che «aiuterebbe i Paesi in via di sviluppo». Ma, allo stesso tempo, ha lanciato un avvertimento, dicendo che «qualsiasi tentativo di trasformare i progetti infrastrutturali in uno strumento geopolitico deluderebbe le aspettative della comunità internazionale e danneggerebbe il proprio interesse».

Poiché la Bri sta utilizzando i progetti infrastrutturali proprio in questo modo, i commenti di Zhang esprimono chiaramente il disgusto di Pechino per la concorrenza nel gioco.

Sebbene lo schema dell’Ue possa trarre vantaggio dagli aspetti meno che attraenti della Bri, non è evidente se il Global Gateway offrirà alla Cina la stessa concorrenza che l’Europa si aspetta. Andrew Small, senior transatlantic fellow presso il German Marshall Fund, avverte come la tendenza dell’Europa a impantanarsi in lotte interne burocratiche potrebbe rendere lo schema Gateway molto meno rispondente alle esigenze delle economie in via di sviluppo di quanto lo siano i progetti cinesi, o almeno di quanto sembrino essere all’inizio.

Del resto, l’enfasi di Von der Leyen sui cambiamenti climatici, la salute e la sostenibilità (soprattutto se di tipo ambientale) suggerisce che l’Europa è più concentrata sulle preoccupazioni delle economie pienamente sviluppate che di quelle meno sviluppate, che tendono ad aver bisogno di strade, ponti, collegamenti ferroviari e porti, di cui si occupa la Bri.

Anche se lo schema Global Gateway dell’Ue non riuscirà a offrire alla Bri cinese la concorrenza che i pianificatori europei si aspettano, potrebbe comunque avere effetti benefici. Qualsiasi concorrenza, anche se limitata, dovrebbe disciplinare i rapporti di Pechino all’interno della Bri e rendere gli accordi meno predatori di quanto non siano stati fino ad oggi.

 

Milton Ezrati è un redattore collaboratore di The National Interest, un’affiliata del Center for the Study of Human Capital at the University at Buffalo (Suny), nonché capo economista di Vested, una società di comunicazioni con sede a New York. Prima di entrare in Vested, ha lavorato come capo stratega di mercato ed economista per Lord, Abbett & Co. Scrive anche spesso per City Journal e scrive regolarmente blog per Forbes. Il suo ultimo libro è «Trenta domani: i prossimi tre decenni di globalizzazione, demografia e come vivremo».

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

Articolo in inglese: The EU Sets Out to Challenge China’s Belt and Road Initiative

NEWSLETTER
*Epoch Times Italia*
 
Articoli correlati