L’Oms ai piedi del regime cinese, ecco perché Trump le ha tagliato i fondi

Di Petr Sbav

L’Organizzazione Mondiale della Sanità sta affrontando pesanti critiche per il suo operato nel corso dell’attuale pandemia, e il presidente americano Donald Trump ha già sospeso ogni finanziamento all’organizzazione. Fondamentalmente il problema deriva dalla grande influenza che il regime comunista cinese esercita su questo ente internazionale.

I critici sottolineano soprattutto che l’Oms è stata troppo lenta nel raccomandare restrizioni sui viaggi e altre misure preventive, come anche il fatto che abbia preso per buone le informazioni fornite dalla Cina senza indagare, nonostante i numerosi campanelli d’allarme.

Infatti, mentre gli esperti di Cina denunciavano l’insabbiamento operato dal regime, l’Oms ha continuato a lodare la risposta cinese all’epidemia e non ha mai segnalato al resto del mondo che i dati provenienti dal regime fossero quantomeno sospetti.

L’Oms, un’agenzia della Nazioni Unite, è ormai da lungo tempo influenzata dalle scelte politiche di Pechino. Il suo attuale direttore generale, Tedros Adhanom Ghebreyesus, è infatti un ex membro di spicco di un gruppo maoista etiope.

Come Epoch Times ha documentato in passato, la Cina ha incessantemente accresciuto la propria influenza sulle istituzioni dell’Onu negli ultimi anni. Oggi è chiaro che l’influenza di Pechino è arrivata al punto di minare le funzioni basilari dell’Oms, come la divulgazione tempestiva di informazioni accurate sulla situazione sanitaria mondiale.

Cronologia degli eventi

Il virus del Pcc, meglio noto come nuovo coronavirus, è esploso nella città cinese di Wuhan intorno a novembre del 2019, prima di propagarsi in tutta la Cina e nel resto del mondo.

Al 15 aprile, sono oltre 2 milioni i casi confermati di persone contagiate dal virus, che causa la malattia nota come Covid-19. Mentre sono oltre 130 mila le vittime attribuite al virus del Pcc in tutto il mondo.

L’Oms ha dichiarato che le autorità cinesi l’hanno messa al corrente dell’epidemia per la prima volta il 31 dicembre 2019. Poteva essere una grande opportunità per contenere la diffusione del contagio a livello globale, ma l’Oms ha scelto di non divulgare le informazioni ricevute quel giorno.

Sembra che solo un Paese al mondo sia stato abbastanza attento da cogliere il messaggio e rispondere significativamente alla minaccia: Taiwan.

A partire dal 31 dicembre, lo Stato insulare, che dista circa 180 chilometri dalla costa della Cina continentale, ha iniziato a monitorare le persone che arrivavano in aereo da Wuhan. Le autorità di Taiwan hanno anche comunicato all’Oms, in quello stesso giorno, che i medici taiwanesi avevano appreso dalle loro controparti cinesi che il personale sanitario di Wuhan aveva iniziato a contrarre la misteriosa malattia.

Questa era un informazione cruciale, poiché indicava che il virus si stava diffondendo da una persona all’altra, contrariamente a quanto sostenuto inizialmente dalle autorità cinesi. L’Oms, tuttavia, ha deciso di ignorare la comunicazione di Taiwan, come hanno dichiarato in seguito i funzionari taiwanesi.

Da un certo punto di vista era prevedibile che l’Oms ignorasse l’avvertimento. Il Pcc considera infatti Taiwan una provincia separatista e ha in qualche modo spinto l’Onu a non riconoscere Taiwan come Paese indipendente.

Taiwan si è vista quindi negare l’ingresso nell’Oms, il cui staff ha il divieto di utilizzare documenti o informazioni provenienti da fonti ufficiali taiwanesi senza una speciale autorizzazione preventiva; questo è quanto emerge da un memorandum dell’Oms trapelato nel 2010. Secondo il documento, l’utilizzo di fonti taiwanesi richiede «di coordinarsi con la rappresentanza permanente della Cina a Ginevra».

Mentre Taiwan stava iniziando a reagire al virus, la situazione a Wuhan degenerava rapidamente.

Il 2 gennaio, Epoch Times americano ha documentato gli sforzi intrapresi dal Pcc per occultare le informazioni sull’epidemia e mettere a tacere i timori che si stavano diffondendo in tutta la città.

Una direttiva della Commissione sanitaria di Wuhan ha proibito a tutte le strutture mediche della città «di divulgare informazioni mediche senza permesso», mentre tutte le discussioni online sull’epidemia sono state rapidamente censurate. Il primo gennaio infatti la polizia di Wuhan ha dichiarato di aver arrestato otto abitanti della città che avevano diffuso «voci» sull’epidemia.

Come si è scoperto in seguito, almeno alcuni degli informatori arrestati erano medici che avevano provato ad avvertire i colleghi dell’esistenza del nuovo virus.

La gente del posto, in preda al panico, ha ripulito le farmacie di Wuhan di tutte le mascherine chirurgiche, come anche di altre forniture sanitarie. Il medico ed esperto di Cina Tang Jingyuan aveva già dichiarato che l’insabbiamento del governo avrebbe finito per esacerbare la diffusione del virus.

Nel frattempo, l’Oms è rimasta in silenzio.

Il 3 gennaio, l’Oms è stata messa al corrente dalle autorità cinesi di 44 casi, 11 dei quali gravi. Ma naturalmente si trattava soltanto della punta dell’iceberg.

Il 5 gennaio, Epoch Times ha scritto, citando diversi esperti, che il Pcc stava con ogni probabilità occultando le informazioni sul virus, un fatto deleterio per il contenimento dell’epidemia.

Quel giorno l’Oms ha rilasciato il primo commento ufficiale sull’epidemia, dichiarando che era al corrente di una «polmonite sconosciuta» nella città di Wuhan ormai da cinque giorni, e raccomandando di «gestirla con prudenza». Tuttavia, l’organizzazione ci ha tenuto a precisare che non era necessaria «alcune restrizione specifica per i viaggiatori». Anzi, ha dichiarato esattamente l’opposto: «L’Oms sconsiglia di adottare ogni sorta di restrizione sui viaggi o sul commercio con la Cina».

Cinque giorni dopo, l’Oms ha parlato di nuovo dell’epidemia: «In base alle informazioni attualmente disponibili, le indagini preliminari suggeriscono che non ci sia una significativa trasmissione da uomo a uomo e che non si sono verificate infezioni tra gli operatori sanitari», in aperta contrapposizione con le informazioni fornite da Taiwan dieci giorni prima.
Ma non è tutto: con lo stesso comunicato ha ribadito che «l’Oms non raccomanda alcuna misura sanitaria specifica per i viaggiatori». Si è limitata a dare alcune indicazioni generali circa la gestione delle infezioni virali.

Il 12 gennaio, l’Organizzazione ha dichiarato, modificando leggermente il suo linguaggio, che non c’era «alcuna chiara prova di trasmissione da uomo a uomo». Per poi ribadire lo stesso concetto due giorni dopo: «Le indagini preliminari condotte dalle autorità cinesi non hanno trovato alcuna chiara prova di trasmissione da uomo a uomo». Tutto questo senza mai esprimere il minimo dubbio circa l’attendibilità delle dichiarazioni ufficiali del regime comunista cinese.

Nel frattempo, Taiwan aveva già inviato a Wuhan un team di ricerca, per capire come stessero realmente le cose. A tal riguardo, Kolas Yotaka, un portavoce del governo taiwanese, ha dichiarato alla Nbc News: «Non ci hanno consentito di vedere quello che non volevano che vedessimo, ma i nostri esperti hanno percepito che la situazione non era affatto buona».

Subito dopo il rientro del team di ricerca, Taiwan ha stabilito dei requisiti per identificare e segnalare la malattia all’interno dei propri ospedali.

William Stanton, vice presidente dell’Università nazionale Yang-Ming di Taiwan, ha dichiarato durante una recente intervista con l’edizione americana di Epoch Times: «Il fatto che abbia gestito la cosa da sola, senza ascoltare l’Oms, penso che in questo caso specifico abbia aiutato»

Dal canto suo, l’Oms ha inviato un team a Wuhan per un breve sopralluogo solo il 20 gennaio.

Il 23 gennaio, il giorno in cui il Pcc ha messo in isolamento Wuhan, l’Oms ha annunciato che, nonostante alcune discussioni interne, non avrebbe dichiarato una «emergenza sanitaria pubblica di interesse internazionale». Sebbene in quei giorni fossero già iniziati a spuntare i primi casi in giro per il mondo, anche negli Stati Uniti e in Italia.

Tre giorni dopo, Taiwan ha bloccato tutti i collegamenti aerei con Wuhan e ha organizzato voli speciali per far rientrare i suoi cittadini.

Il 28 gennaio, durante una sua visita in Cina, il direttore dell’Oms Adhanom Tedros, ha esortato i Paesi del mondo «a mantenere la calma e a non reagire in modo eccessivo», affermando di essere fiducioso che il Pcc sarebbe riuscito a contenere l’epidemia, secondo quanto scritto dalla stampa ufficiale cinese.

Il 3 febbraio, tre giorni dopo che il presidente Donald Trump aveva proibito agli stranieri che erano stati recentemente in Cina di recarsi negli Stati Uniti, Tedros ha manifestato la sua opposizione alle restrizioni sui viaggi, affermando che non erano necessarie misure che «interferissero inutilmente con i viaggi e il commercio».

In un tweet del 20 marzo, Tedros ha reiterato la propaganda del Pcc, secondo cui «per la prima volta, ieri la Cina non ha riportato alcun nuovo caso di Covid-19». Mentre gran parte degli esperti di Cina dichiaravano che i numeri del Pcc erano semplicemente fasulli, Tedros lodava «il grandioso successo, che dà a noi tutti la conferma che il coronavirus può essere sconfitto».

Modelli statistici, testimonianze dirette, così come i documenti ottenuti da Epoch Times, indicano con chiarezza che le autorità cinesi hanno nascosto la vera portata dell’epidemia a Wuhan e in altre parti della Cina.

Al contrario, Tedros ha ripetutamente elogiato la Cina per la sua «trasparenza» nella risposta all’epidemia; quella stessa trasparenza che gli esperti e i funzionari di molti Paesi hanno denunciato come la nota più dolente di questa vicenda.

La Victims of Communism Memorial Foundation, una fondazione senza scopo di lucro istituita negli anni ’90 dal governo degli Stati Uniti, ha pubblicato il 10 aprile una cronologia dettagliata dell’insabbiamento dell’epidemia da parte del Pcc, che dimostra anche la colpevolezza dell’Oms. La Fondazione ha anche annunciato che aggiungerà le morti causate dal virus del Pcc in tutto il mondo al computo storico delle vittime causate dal comunismo.

«L’Oms ha accantonato la sua responsabilità nei confronti di tutta la popolazione mondiale per portare l’acqua al mulino del regime comunista cinese», ha dichiarato in un comunicato il direttore esecutivo della fondazione, Marion Smith.

Una relazione personale

Se è vero che parte dell’influenza esercitata dal Pcc sull’Oms deriva dal legame tra il regime e le Nazioni Unite, è altrettanto vero che una buona parte è attribuile direttamente allo stesso Tedros.

Tedros è un ex membro del Politburo del Fronte di Liberazione del Tigrè, un gruppo maoista che negli anni ’80 ha intrapreso una guerriglia contro il regime sovietico di Mengistu in Etiopia.

Secondo Trevor Loudon, un esperto di movimenti e gruppi comunisti, l’’ideologia del Tigrè «era molto vicina a quella dell’attuale Corea del Nord».

All’inizio degli anni ‘90, mentre il regime dell’epoca perdeva il sostegno finanziario dell’Unione Sovietica che stava crollando, una coalizione tra il Tigrè e altri gruppi ha rovesciato il regime per poi governare il Paese fino al 2019.

Secondo Loudon, sebbene in superficie il governo abbia varato riforme di mercato e istituito formalmente elezioni democratiche, ideologicamente è rimasto socialista, soprattutto in termini di politica estera: «Continuano a mantenere i loro legami con i comunisti stranieri», ha spiegato in un’intervista telefonica.

Tedros, ex ministro della Salute e poi ministro degli Esteri della nazione africana, ha sempre mantenuto forti legami con il Pcc, abbracciando di recente progetti come la Nuova Via della Seta, che serve al Pcc per estendere la sua influenza geostrategica nel mondo.

Tedros è riuscito a diventare il direttore generale dell’Oms nel 2017, con il forte sostegno del Pcc, nonostante sia stato accusato di aver occultato tre epidemie di colera durante il suo mandato come ministro della Salute.

Rebecca Myers, giornalista di spicco del Sunday Times, ha scritto in quell’occasione: «I diplomatici cinesi hanno condotto un’accesa campagna per l’etiope, usando le leve finanziarie di Pechino e il suo opaco sistema di aiuti finanziari per costruire un sostegno per lui tra i Paesi in via di sviluppo».

Tedros naturalmente ha negato di aver coperto le epidemie di colera, affermando che si trattava solamente di «diarrea acuta».

Si è anche dimostrato molto abile nello sfruttare la sensibilità dell’occidente verso le accuse di oppressione e discriminazione. Quando un consigliere del suo contendente britannico alla leadership dell’Oms ha tirato fuori l’insabbiamento del colera, lo ha accusato di avere una «mentalità coloniale».

Quando Taiwan lo ha denunciato per aver ignorato le informazioni fornite sul virus del Pcc, Tedros ha accusato Taiwan di attacchi razzisti.

Ma sembra che questa accusa non sia bastata ad oscurare le critiche nei suoi confronti: recentemente una petizione internazionale che chiede le dimissioni di Tedros ha ottenuto quasi un milione di firme.

Nel frattempo, Trump ha annunciato la sospensione dei finanziamenti statunitensi all’Oms per come l’organizzazione ha gestito l’attuale pandemia. E gli Stati Uniti sono in assoluto i maggiori finanziatori dell’Oms, avendo donato nel solo 2019 oltre 400 milioni di dollari all’organizzazione di Ginevra, pari al 15 percento del suo bilancio annuale.

Il presidente americano ha dichiarato durante la conferenza stampa quotidiana presso la Casa Bianca: «Se l’Oms avesse fatto il suo lavoro, inviando esperti sanitari in Cina per stabilire quale fosse la situazione reale, e avesse denunciato la mancanza di trasparenza della Cina, l’epidemia avrebbe potuto essere contenuta […] con pochissime vittime».

 

Articolo in inglese: Chinese Communist Subversion of WHO Undermined Global Pandemic Response

 
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