L’inchiesta tendenziosa (e ignorante) del New York Times sulle tasse di Trump

Di Michael Busler

Il New York Times, o non capisce i principi di base della contabilità, della finanza e delle imposte, oppure vuole semplicemente essere estremamente di parte nel suo resoconto. In entrambi i casi, le conclusioni e le insinuazioni dell’articolo sono semplicemente fuori luogo.

Il 28 settembre 2020, il titolo in prima pagina del New York Times recitava: «Perdite croniche, battaglie per le revisioni contabili e l’elusione delle imposte sul reddito del presidente – Si legge inoltre – I rendimenti a lungo occultati indicano l’incombente minaccia finanziaria e diretti conflitti d’interesse».

Che mucchio di sciocchezze. E non è la prima volta. L’8 maggio 2019 hanno fatto la stessa cosa: «Decennio in rosso: I dati sulle tasse di Trump mostrano più di un miliardo di dollari di perdite d’impresa».

Cerchiamo d’istruire il New York Times, di nuovo. La loro revisione delle dichiarazioni dei redditi di Trump, tralasciando il modo in cui le abbiano ottenute, mostra che Trump non ha pagato alcuna imposta sul reddito in 10 dei 15 anni passati, ed ha pagato solo 750 dollari di imposte sul reddito nel 2016. Essi affermano che questo mostra «una storia fondamentalmente diversa da quella che lui ha fatto passare al pubblico americano».

C’è una differenza fondamentale tra il reddito netto e il flusso di cassa. Le tasse vengono pagate sul reddito netto. Il flusso di cassa mostra i proventi netti ricevuti dall’imprenditore ed è ciò di cui si preoccupa maggiormente. Ecco come funziona:

Supponiamo che un costruttore immobiliare costruisca un edificio da 100 milioni di dollari. Supponiamo che l’edificio guadagni 3 milioni di dollari all’anno di reddito al lordo delle imposte. Se l’aliquota fiscale è del 33 per cento, come lo era all’incirca prima del taglio delle tasse del 2018, il promotore pagherebbe 1 milione di dollari di tasse e avrebbe 2 milioni di dollari come flusso di cassa.

L’agenzia dei Servizi interni per il fatturato (Irs), tuttavia, permette agli investitori di recuperare il capitale investito prima di pagare le tasse. Quindi, se il promotore costruisse un edificio da 100 milioni di dollari e l’Irs permette il recupero del capitale in 25 anni, allora il promotore avrebbe una spesa di ammortamento annuale di 4 milioni di dollari.

Questo significa che invece di 3 milioni di dollari di reddito imponibile, l’impresa avrebbe una perdita di 1 milione di dollari. Pertanto, non verrebbero pagate tasse, il che significa che il proprietario manterrebbe i 3 milioni di dollari di reddito per intero.

La dichiarazione dei redditi mostrerebbe una perdita di 1 milione di dollari, ma il flusso di cassa sarebbe di 3 milioni di dollari invece di 2, un aumento del flusso di cassa di 1 milione di dollari dovuto alla riduzione delle imposte sul reddito. Qualsiasi studente che abbia seguito almeno un corso di contabilità o di finanza lo saprebbe.

Il secondo malinteso del New York Times è il ruolo del debito. Il settore immobiliare è sempre un investimento ad alta leva finanziaria. Ciò significa che c’è bisogno di una grande quantità di debito per acquisire un bene, e ciò è facile da capire anche per la persona media.

Un acquirente di solito paga l’acquisto di una casa con circa il 10 per cento in contanti, per poi prendere in prestito il restante 90 per cento da una società di mutui. Un costruttore fa la stessa cosa. In realtà gli investimenti immobiliari neanche verrebbero effettuati se non ci fosse questa possibilità. In più è da notare che i prestiti potrebbero provenire da banche di tutto il mondo.

Nell’esempio qui sopra, viene costruito un edificio da 100 milioni di dollari che rende solo 3 milioni di dollari di flusso di cassa, ma su un investimento di 100 milioni di dollari, quel 3 per cento di rendimento non sarebbe sufficiente per giustificare il rischio.

Tuttavia, se l’imprenditore ha utilizzato solo 10 milioni di dollari della sua liquidità (il 10 per cento del costo di 100 milioni di dollari) e prende in prestito gli altri 90 milioni di dollari, allora un flusso di cassa di 3 milioni di dollari produce un rendimento del 30 per cento sui 10 milioni di dollari liquidi investiti. Questo rendimento giustificherebbe il rischio, ed è così che funziona il settore immobiliare.

Il New York Times fa notare inoltre che Trump ha «più di 300 milioni di dollari di prestiti a suo nome che arriveranno presto ai termini di scadenza», insinuando che questo sarà un problema enorme per Trump, dato che le sue società stanno registrando grandi perdite.

La realtà è che quando i finanziatori concedono grandi prestiti, spesso ammortizzano, cioè ripartiscono, i pagamenti in 25 anni. Il New York Times racconta di termini molto più brevi, spesso da 5 a 10 anni, ma quando i prestiti arrivano a scadenza, l’ente finanziario spesso allunga le scadenze.

Dal momento che gli immobili sono un bene ad aumento, il che significa che il loro valore aumenta nel tempo, l’imprenditore spesso cerca di ottenere le migliori condizioni, tra cui un tasso di interesse più basso al rinnovamento del prestito. Oppure cerca di rifinanziarsi con un altro finanziatore che offre condizioni più favorevoli.

Poiché il valore dell’edificio è aumentato, si tratta di un prestito meno rischioso per l’ente finanziario, che spesso accetta di ritrattare le condizioni del prestito.

Ad ogni modo, possiamo tranquillamente supporre che gli intelligenti giornalisti del New York Times abbiano almeno una comprensione base dei principi della contabilità e della finanza. Ciò significa che i loro resoconti sono estremamente di parte.

È un giorno triste per il New York Times, un tempo un giornale molto rispettabile.

 

Articolo in inglese: New York Times Biased and Ignorant Reporting on Trump’s Taxes

 
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