L’illusione che vi possano essere «elementi buoni e moderati» nel Pcc

L’autrice dell’articolo, Jennifer Zeng, è un’analista cinese. È stata ricercatrice presso il Centro per lo Sviluppo del Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese. In quanto praticante del Falun Gong, è stata incarcerata e torturata in Cina, ma è poi riuscita a ottenere asilo all’estero. Ora vive in Australia.

 

Di recente un centinaio di studiosi, ex diplomatici, funzionari militari e dirigenti del mondo aziendale hanno scritto una lettera aperta al presidente Trump e ai membri del Congresso statunitense, intitolata «La Cina non è un nemico», in cui sostengono che «rendere la Cina un nemico degli Stati Uniti è controproducente». La lettera offre sette proposte sui «problemi nell’approccio americano alla Cina» e sugli «elementi di base per una politica statunitense più efficace».

Rispetto a questa lettera, è doveroso puntualizzare alcuni fatti.

1. È vero che «la Cina non è il nemico». Tuttavia, il Partito Comunista Cinese (Pcc) lo è. Ed è una delusione vedere che molti eminenti studiosi, ex diplomatici, funzionari militari e dirigenti d’impresa non facciano una distinzione tra la Cina e il Pcc, quando sempre più politici ed esperti cinesi lo stanno facendo.

Il Pcc è il dominatore assoluto della Cina, quindi è con il Pcc che si ha a che fare quando si discute «dell’approccio degli Stati Uniti alla Cina».

Infatti la precondizione essenziale per trovare l’approccio giusto, è comprendere chiaramente il Pcc: la sua natura, il suo pensiero e il suo obiettivo. Se non si riesce a comprendere il Pcc, non si potrà mai trovare l’approccio corretto alla questione.

Giudicando dal Manifesto del Partito Comunista e dalla storia sanguinosa di questo partito, possiamo facilmente arrivare alla seguente conclusione: il Pcc è per sua natura malvagio e non esita mai quando si tratta di omicidi di massa. Il suo obiettivo è di distruggere la civilizzazione umana esistente e l’umanità intera.

È stato chiaramente affermato dal Manifesto del Partito Comunista, pubblicato nel 1848: «I comunisti disdegnano di nascondere i loro punti di vista e i loro scopi. Dichiarano apertamente che i loro obiettivi potranno essere raggiunto unicamente tramite il rovesciamento forzato di tutte le condizioni sociali esistenti».

Già nel 2003 a nel 2005 due presunti discorsi ampiamente diffusi su internet del generale del Pcc, Chi Haotian, ministro della Difesa (dal 1993 al 2003) affermavano: «la guerra sta arrivando» e «la guerra non è lontana; essa è la levatrice del Secolo Cinese». Sebbene sia difficile verificarne l’autenticità, i critici generalmente ritengono che tali discorsi rappresentino la vera mentalità del Pcc.

Oltre che propugnare la guerra del «Secolo Cinese», l’ex ministro della Difesa avrebbe anche discusso delle ragioni che sottendono a questo concetto. Secondo quanto riportato, sosteneva che al fine di guadagnare spazio vitale per la nazione cinese e affinché il Pcc potesse mantenere il suo stato dominante si doveva «guidare il popolo cinese ad uscire fuori dalla Cina e ad espandere lo sviluppo verso i Paesi d’oltremare».

Ugualmente, nel 2015, il generale cinese Zhu Chenghu ha minacciato di lanciare missili nucleari contro gli Stati Uniti, avvertendo che centinaia di città americane avrebbero potuto essere distrutte.

Nei recenti anni, la minaccia di guerra è stata sostituita dal «sogno cinese», apparentemente meno dannoso e più «pacifico», o dal «grande ringiovanimento della nazione cinese».

Tuttavia il fine e la mentalità non sono cambiate. Il Pcc vuole ancora rovesciare e sostituire l’ordine mondiale esistente, instaurando il proprio ordine e proprie regole, come espresso dal suo precedentemente proclama: «I proletari possono liberare sé stessi, solo liberando tutta l’umanità».

Se si comprendono la mentalità e l’obiettivo del Pcc, non si nutriranno illusioni irrealistiche sul fatto che possa diventare davvero parte della comunità civile internazionale.

2. Dopo quarant’anni di coinvolgimento con la Cina, la più grande e amara lezione che gli Stati Uniti e il mondo libero devono imparare è che «coinvolgere la Cina» non ha portato nel Paese i cambiamenti che le altre nazioni avrebbero voluto vedere. Questa conclusione è stata espressa da molti politici statunitensi e da vari esperti di Cina. Anche la senatrice Dianne Feinstein (del Partito Democratico), da lungo tempo amica dell’ex capo del Pcc Jiang Zemin, ha espresso il suo disappunto per il fatto che le decennali vecchie «speranze» per un buon rapporto con la Cina abbiamo cominciato a «sgretolarsi».

Come dice un vecchio proverbio, «Se mi inganni una volta, sei tu che devi vergognarti; se mi inganni due volte, sono io che devo vergognarmi di me stesso». Non abbiamo bisogno di far passare altri anni e di ripetere gli stessi errori.

3. La summenzionata lettera aperta afferma: «Sebbene la sua rapida crescita economica e militare abbia portato Pechino a un ruolo internazionale più assertivo, molti funzionari cinesi e altre élite sanno che un approccio moderato, pragmatico e sinceramente cooperativo con l’Occidente serva gli interessi della Cina. L’atteggiamento contraddittorio di Washington nei confronti di Pechino indebolisce l’influenza di quelle voci, a favore dei nazionalisti assertivi. Con il giusto equilibrio tra concorrenza e cooperazione, le azioni degli Stati Uniti possono rafforzare quei leader cinesi che vogliono che la Cina svolga un ruolo costruttivo negli affari mondiali».

Ma di fatto, non ci sono prove che esistano questi cosiddetti «leader cinesi che vogliono che la Cina svolga un ruolo costruttivo negli affari mondiali». In realtà esistono solo diverse fazioni all’interno del Pcc che si combattono ferocemente l’una contro l’altra. E ci si deve rendere conto, inoltre, che tutte queste lotte interne hanno lo scopo del mantenere o dell’ottenere potere: non sono lotte tra i leader pro-democrazia e quelli che sono contrari.

Se infatti si osserva la storia del Pcc si notano questi due fatti: in primo luogo, nessuno ha mai cambiato con successo il partito dall’interno. Nemmeno alcuni ex alti leader del Pcc, come Hu Yaobang Zhao Ziyang , che una volta erano considerati «riformatori» all’interno del partito, sono riusciti a farlo; entrambi sono morti in miseria senza essere stati in grado di apportare cambiamenti significativi.
Tutti coloro che hanno provato ad apportate cambiamenti positivi sono finiti col diventare dei reietti, degli emarginati, fino alla definitiva morte in miseria.

La ragione è che se il grado di malvagità di un individuo non può soddisfare quello del partito, quella persona difficilmente può essere mantenuta come capo del partito e sarà perciò da esso eliminata.

Pertanto, qualsiasi immaginaria e fantasiosa ipotesi sulle «forze positive» all’interno del Pcc che lavorano all’interno del partito per spingere verso cambiamenti positivi è solo un’illusione senza fondamento e soprattutto molto dannosa.

Secondo punto: troppi intellettuali e persone comuni sono stati uccisi dal Pcc dopo aver scelto di unirsi al partito o di tornare in Cina o di rimanere in Cina dopo che il Pcc ha preso il potere, e questo solo perché avevano creduto nel partito o nei «leader buoni» all’interno del Pcc.

Queste lezioni intrise del sangue di innumerevoli vite dovrebbero essere apprese e tenute in gran considerazione.

4. Nella lettera aperta si dichiara: «Molti funzionari cinesi e altre élite sanno che un approccio moderato, pragmatico e genuinamente collaborativo con l’Occidente serva gli interessi della Cina» Questo potrebbe essere vero in un certo periodo di tempo, e in circostanze molto speciali, come per esempio quando il Pcc ha affrontato una crisi economica potenzialmente letale, specialmente dopo la Rivoluzione Culturale. Nel 1979 Deng Xiaoping, l’allora leader del Pcc, fu costretto ad adottare la politica di «riforma e apertura» quando l’economia cinese era sull’orlo del collasso totale.

Tuttavia, le cose sono completamente diverse oggi. Dopo che è stato concesso alla Cina di aderire all’Organizzazione Mondiale del Commercio, la sua economia ha mantenuto una crescita a due cifre per molti anni. Di conseguenza, il Pil cinese del 2018 è più di 200 volte superiore a quello del 1979 del periodo di «riforme e apertura».

La realtà è che il Pcc si è approfittato dell’Occidente il più possibile per guadagnarci economicamente. E non appena ne ha avuto i mezzi, ha iniziato a «rimodellare» l’ordine mondiale con i suoi progetti e le sue iniziative economico-strutturali come ‘One Belt, One Road’, ‘Made in China 2025’, ‘Corner-overtaking Strategy’ e molte altre.

Da questo si evince che lo scopo del Pcc nel cooperare «temporaneamente» con l’Occidente è di trarne beneficio e vantaggio, non di crescere insieme al mondo. Quando il potere economico del Pcc sarà abbastanza forte, sicuramente e senza alcun tentennamento porterà avanti i propri obiettivi, anziché quelli dell’Occidente.

Stewart Paterson, autore di Cina, commercio e potere: perché l’impegno economico dell’occidente non ha avuto successo ha tratto questa conclusione dopo aver studiato tutti gli aspetti economici dell’Organizzazione Mondiale del Commercio in seguito all’adesione della Cina nel 2001. Scrive: «L’impegno economico avrebbe dovuto indurre un cambiamento politico in Cina, ma in realtà sta minacciando il sistema politico in Occidente. Peggio, il successo economico ha cementato il Pcc al potere».

5. Perché l’impegno economico non è riuscito a indurre un cambiamento politico in Cina? Per prima cosa perché il Pcc è molto determinato a mantenere il suo potere e il sistema attuale a qualsiasi costo. Non vuole mai cambiamenti di alcun genere: come Deng Xiaoping aveva espresso in una sua famosa frase: «Se dovessimo uccidere 200 mila persone in cambio di una stabilità di 20 anni, uccideremo!».

Secondo, a causa delle informazioni estremamente ristrette e del controllo ideologico, il pubblico generale cinese non conosce gran parte dei crimini sconvolgenti del Pcc, specialmente quelli che sono ancora in corso. Invece nel contempo vengono instillate nel popolo idee del tipo: «L’Occidente vuole sempre abbattere la Cina», «La Cina non può fare a meno del Pcc», «Tutti i corvi del mondo sono neri come gli altri. Anche l’Occidente sta facendo ogni sorta di cose cattive. L’Occidente non è migliore della Cina» e altre simili.

A causa delle informazioni e del controllo dei pensiero, è molto difficile per la cosiddetta «classe media» di nuova costituzione cercare proattivamente o addirittura desiderare la democrazia e la libertà in Cina.

In Cina, ora, dopo un tale lavaggio del cervello dell’intera nazione condotto per lungo tempo e con un certo successo, molti cinesi sono soddisfatti e pensano che «finché il Partito ci alimenta, finché siamo autorizzati a fare soldi, tutto va bene» o «sebbene il Partito abbia molti problemi, la Cina non ne farà a meno», e così via.

Quindi, se il mondo libero vuole veramente indurre cambiamenti positivi in ​​Cina, la prima priorità dovrebbe essere concentrarsi su sfondare il controllo delle informazioni e dell’ideologia da parte del Pcc e aiutare il popolo cinese ad ottenere libero accesso a Internet.

6. È molto importante mantenere la strategia della «massima pressione» con il Pcc. La guerra commerciale del presidente Trump e altre strategie hanno già dimostrato la loro efficacia e le possibilità di portare cambiamenti reali e strutturali in Cina. «La massima pressione» è l’unico modo per costringere il Pcc ad ascoltare ciò che gli Stati Uniti hanno da dire e ad agire di conseguenza.

7. Le sanzioni mirate contro i singoli funzionari del Pcc possono anche essere molto efficaci e non danneggiano il popolo cinese e la nazione cinese. I funzionari del Pcc non sentiranno molto dolore se l’interesse della nazione viene danneggiato. Tuttavia, ciò di cui si preoccupano di più è la ricchezza che hanno accumulato attraverso tutti i tipi di modi immorali e illegali durante tutti questi anni. Molti di loro hanno trasferito i loro soldi in Occidente, alcuni hanno anche mandato mogli e figli nei paesi d’oltremare, perché conoscono meglio la vera situazione della Cina e non hanno fiducia nel futuro del Pcc.

Se l’amministrazione Trump inizierà seriamente a indagare e a prendere di mira i singoli funzionari del Pcc che violano i diritti umani o altri trattati internazionali, non solo potrà esercitare una pressione tremenda sui funzionari cinesi, ma potrà anche ottenere un maggiore sostegno sia a livello nazionale che internazionale.

Non bisognerebbe mai tornare indietro e ripetere gli errori di «ingaggio» che sono stati fatti; mai nutrire illusioni irrealistiche o stupide, nei confronti del Pcc.

Come hanno asserito molto saggiamente i Nove Commentari sul Partito Comunista: «La storia ci dice di non credere mai ad alcuna promessa fatta dal Pcc, né di avere fiducia che tutti gli impegni del Pcc saranno mantenuti. Credere alle parole del partito comunista, a prescindere da quale possa essere la questione, costerà la vita alla persona che vi crede».

 

Le opinioni espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni di The Epoch Times.

Articolo in inglese   The United States Should Help Chinese People to Break Away from the CCP

 
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