Il Libano schiacciato tra Arabia Saudita e Iran

Di David Kilgour*

Le latenti tensioni tra il piccolo Libano – che con soli 6 milioni di abitanti, è il Paese con la più alta eterogeneità religiosa del Medio Oriente – e la superpotenza locale, l’Arabia Saudita con i suoi 32 milioni di abitanti, si sono di recente improvvisamente risvegliate andando a peggiorare la già difficile situazione della sicurezza nella regione.

Il 4 novembre, il primo ministro del Libano Saad al-Hariri, che ha per lungo tempo beneficiato del supporto saudita, ha spiazzato tutti quando, dopo due settimane in cui non si avevano più sue notizie, ha rassegnato le dimissioni mentre era in visita in Arabia Saudita.
Contemporaneamente, il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman ha dato il via a una serie di purghe contro chiunque metta in dubbio la sua leadership, compresi undici principi e quattro ministri.

Si è appreso che durante l’atterraggio a Riyadh, l’aereo privato di al-Hariri era scortato dalla polizia saudita. I leader politici libanesi vedono la sua brusca decisione di dimettersi come una resa alla pressione di Riyadh, che lo aveva messo agli arresti domiciliari. L’ex primo ministro tuttavia ha fatto sapere che la causa delle sue dimissioni risiederebbe nell’orchestrazione di una congiura (il padre, il rispettato Rafik, anche lui un primo ministro libanese, è stato assassinato nel 2005 a Beirut), e ha accusato l’Iran e Hezbollah di seminare conflitti in tutta la regione.

Molti hanno fatto notare come i sauditi non abbiano gradito il fatto che al-Hariri non sia riuscito a separare il suo governo da Hezbollah, organizzazione politica sciita militante, oltreché milizia creata e sostenuta dal regime iraniano.

Il principe Salman, da una parte sta perseguendo una politica aggressiva sulla questione dello Yemen, e dall’altra continua a bloccare i fondi al Qatar. Samia Nakhoul ha scritto su Reuters che molti libanesi temono che l’Arabia Saudita agisca col Libano come ha fatto con il Qatar, e che «costringa i suoi alleati arabi a imporre un blocco economico, fino a quando le sue richieste non saranno soddisfatte. I 400 mila libanesi che lavorano nella regione del Golfo, realizzano otto miliardi di dollari l’anno in rimesse, che rappresentano il 20 percento del Pil del Libano».

Inoltre, c’è la questione dei rifugiati siriani in Libano: il numero ufficiale è di un milione, ma l’Unhcr ha smesso di contarli nel 2015. Secondo le stime di molti, la cifra si avvicina adesso a un milione e 500 mila, che rappresenta circa un quarto della popolazione del Libano. Ad aprile, Hariri aveva dichiarato che il Paese era arrivato vicino al «punto di rottura», per via dei rifugiati.

La guerra civile in Siria ha gravemente indebolito l’economia libanese, rallentandone la crescita a circa l’un percento, rispetto alla media precedente dell’otto percento. Infatti, le stime dei costi aggiunti dal conflitto ammontavano a 18 miliardi di dollari verso la fine del 2015, generando inoltre tensioni tra le diverse comunità del Paese, schierate con differenti fazioni.

Il 4 novembre un missile balistico, che secondo quanto riferito apparteneva all’Iran, è stato lanciato su ordine di Tehran dai ribelli Houthi dello Yemen, l’ordigno era diretto sull’aeroporto di Riyadh, ma è stato intercettato con successo. Gli Houthi hanno ricevuto il sostegno di Hezbollah, per contrastare l’intervento militare saudita nello Yemen, che ha accentuato notevolmente la crisi umanitaria in atto, nella Nazione già impoverita.

Nei diversi conflitti in corso in Siria e Iraq, le forze appoggiate dall’Iran stanno attualmente prevalendo. Migliaia di combattenti di Hezbollah continuano a difendere il regime cruento del presidente siriano Bashar al-Assad: se le milizie pro-Assad riuscissero a fermare l’attraversamento del confine tra Siria e Iraq a Bukamal da parte dell’Isis, Tehran otterrebbe un’area di influenza che andrebbe dall’Iran al Mediterraneo.
Questa prospettiva rende i sauditi, gli israeliani e altre nazioni, comprensibilmente molto preoccupati. Il risultato potrebbero essere delle sanzioni economiche saudite sul Libano, e attacchi punitivi di Israele sulle basi di Hezbollah. Un giornale libanese simpatizzante di Hezbollah ha di recente pubblicato un «documento segreto» che mostra come i sauditi siano disposti a normalizzare le relazioni con Israele, nell’ambito degli sforzi di pace promossi dagli Usa tra israeliani e palestinesi per unire la regione contro l’Iran.
Tali iniziative porterebbero indubbiamente a maggiori tensioni tra la monarchia saudita e il leader supremo iraniano. Se il Libano diventasse un altro destabilizzante campo di battaglia per procura tra le due capitali, la sicurezza in Medio Oriente subirà ancora un altro brutto colpo.

Lo specialista del Medio Oriente Thanassis Cambanis, sulla rivista The Atlantic, osserva in maniera stringente che una guerra tra Arabia Saudita e Iran «andrebbe a sconvolgere ancora più vite in una parte del mondo dove già ci sono milioni di rifugiati, dove sono stati già fatti centinaia di migliaia di morti, e dove epidemie e carestie colpiscono con una regolarità opprimente. In mancanza di una guerra aperta, le macchinazioni di Riyadh produrrebbero plausibilmente una destabilizzante guerra per procura».

Il regime saudita sembra infatti intenzionato a lanciare una guerra per procura con l’Iran, per consolidare le credenziali del suo principe ereditario quale leader difensore degli interessi dell’Arabia Saudita. E il presidente degli Stati Uniti sembrerebbe pronto a spostare la pressione sull’Iran.

Il 18 novembre Al-Hariri, che ha doppia nazionalità libanese e saudita, ha incontrato il presidente francese Emmanuel Macron a Parigi, per poi tornare a Beirut il 22 novembre, la giornata dell’indipendenza per il Libano.

Il Libano si trova in mezzo alla lotta per il potere tra Arabia Saudita e Iran, e ha ben poco controllo sul proprio destino.
Sfortunatamente per il suo popolo e per i rifugiati in Libano, qualsiasi tipo di accordo tra Arabia Saudita e Iran in cui le due parti possano affrontare tutte le questioni di interesse e rinunciare ai conflitti per procura in altri Paesi, è altamente improbabile. Ma Stati Uniti e Francia, che hanno negoziato la liberazione di al-Harari, nel caso lo volessero, sarebbero nella posizione migliore per spingere per una soluzione pacifica.

Le opinioni espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente il punto di vista di Epoch Times.

 

* David Kilgour, avvocato ed ex magistrato canadese, è stato deputato alla Camera dei Comuni del Canada per 27 anni. Nel governo di Jean Chretien, è stato ministro degli Esteri.
È autore di numerosi libri e coautore, con l’avvocato canadese per i diritti umani David Matas, dell’inchiesta sulla persecuzione contro i 100 milioni di cinesi praticanti della Falun Dafa Bloody Harvest: The Killing of Falun Gong for Their Organs.

 

Articolo in inglese: ‘Lebanon Squeezed Between Saudi Arabia and Iran

Traduzione di Alessandro Starnoni

 
Articoli correlati