L’Europa è con Guaido, ma l’Italia resta incerta

Il 4 febbraio nove importanti nazioni europee si sono unite agli Stati Uniti e ai principali Paesi dell’America Latina nel riconoscere Guaido come presidente ad interim del Venezuela, intensificando così la pressione sul dittatore socialista Maduro; resta incerta invece la posizione dell’Italia.

Inghilterra, Germania, Francia, Spagna, Portogallo, Svezia, Danimarca, Austria e Olanda hanno emanato una dichiarazione congiunta di riconoscimento, allo scadere dell’ultimatum di 8 giorni concesso a Maduro per annunciare nuove elezioni.

Il primo ministro spagnolo Pedro Sánchez fa una dichiarazione ufficiale sul Venezuela, presso il Palazzo della Moncloa di Madrid il 4 febbraio 2019. (Pierre-Philippe Marcou/AFP/Getty Images)

Il primo ministro spagnolo Pedro Sanchez ha dichiarato: «A partire da oggi faremo tutto il possibile per aiutare i venezuelani a ottenere libertà, prosperità e armonia». Ha inoltre auspicato elezioni libere e aiuti umanitari per il Venezuela.

L’Italia è rimasta una delle poche nazioni europee, insieme alla Grecia di Tsipras, a non aver riconosciuto Guaido: il parlamento non è stato interpellato, e il governo tarda a raggiungere un accordo. Il Movimento 5 stelle sembra aver preso le distanze dal comunicato europeo, affermando che non riconoscerà mai un leader autoproclamato, e invocando il principio di ‘non ingerenza’, pur convenendo sul fatto che Maduro è un dittatore, e che siano necessarie nuove elezioni.

Solo dopo l’esortazione del presidente della repubblica Sergio Mattarella, Palazzo Chigi ha rilasciato il 4 febbraio una nota sulla situazione in Venezuela, che tuttavia non è riuscita a chiarire la posizione del Paese: «L’Italia appoggia il desiderio del popolo venezuelano di giungere nei tempi più rapidi a nuove elezioni presidenziali libere e trasparenti attraverso un percorso pacifico e democratico, nel rispetto del principio di autodeterminazione».

Il 5 febbraio il leader della Lega ha dichiarato davanti ai giornalisti: «Capisco le sensibilità di tutti e apprezzo le doti di equilibrio del presidente Conte, però non si può negare l’evidenza: Maduro è un delinquente, Maduro è un fuorilegge, Maduro è un presidente abusivo che è scaduto e decaduto, e la costituzione venezuelana, che è l’unico riferimento a cui i cittadini venezuelani possono rifarsi, prevede che le nuove elezioni vengano accompagnate dal presidente pro tempore, che è il presidente dell’Assemblea Guaido. Quindi non c’è nessuno che si è ‘autoproclamato’».

Lo stesso Guaido, che ha chiesto ripetutamente il sostegno dell’Italia per porre fine alla dittatura ha dichiarato: «In questi giorni sto parlando con molti italiani. […] Il mio stupore nei confronti della posizione dell’Italia è anche il loro».

In America Latina ormai buona parte dei principali governi sostengono Guaido: Brasile, Argentina, Cile, Perù, Colombia, Paraguay, Ecuador, Guatemala, Costa Rica, Honduras e Panama hanno infatti tutte annunciato il proprio supporto al leader ad interim. Mentre El Salvador, Nicaragua, Bolivia e Cuba si sono schierate dalla parte di Maduro.

D’altronde anche Israele, Australia e Canada hanno riconosciuto la legittimità di Guaido.

Tuttavia Maduro – dittatore socialista accusato di aver ridotto in miseria una nazione ricchissima di petrolio che conta circa 30 milioni di abitanti – ha fatto la voce grossa con i leader europei sostenendo che stanno solamente seguendo a capo chino la leadership di Donald Trump.

In realtà l’Assemblea Nazionale del Venezuela, regolarmente eletta, ha spodestato Maduro già il mese scorso. Guaido, presidente dell’Assemblea, si è quindi auto proclamato presidente provvisorio ad interim del Venezuela, seguendo la prassi costituzionale. La mossa ha spinto le nazioni democratiche contro il regime socialista e ha portato la popolazione venezuelana a scendere in piazza.

Dal canto suo, Trump ha incrementato la pressione su Maduro sin dall’inizio del suo mandato e ha riconosciuto immediatamente la legittimità di Guaido. Trump è inoltre un fervente critico del socialismo e del comunismo e cita spesso il Venezuela come un chiaro esempio del fallimento di queste ideologie.

Al contrario, Russia e Cina hanno immesso miliardi di dollari, tra investimenti e prestiti, in Venezuela. Non sorprende dunque che entrambe si siano schierate con Maduro. Cionostante Guaido ha tentato di persuadere i funzionari di Mosca e di Pechino a schierarsi dalla sua parte. Il 28 gennaio gli Stati Uniti sono passati all’azione imponendo pesanti sanzioni alla compagnia petrolifera statale venezuelana, per mettere sotto pressione Maduro e costringerlo alle dimissioni.

Cittadini venezuelani ad un raduno contro il governo di Nicolás Maduro nelle strade di Caracas, il 2 febbraio 2019, a Caracas, Venezuela. L’auto proclamato presidente del Venezuela, riconosciuto da oltre 30 Paesi, Juan Guaido, ha esortato i venezuelani a scendere in strada per chiedere le dimissioni di Nicolás Maduro. (Marco Bello/Getty Images)

Maduro è il successore designato di un altro leader socialista, Hugo Chavez, morto di cancro nel 2013. Le politiche socialiste promosse da Chavez e Maduro hanno causato il collasso economico, la fame e la miseria, nonché l’esodo di oltre 3 milioni di venezuelani.

Il presidente venezuelano Nicolás Maduro dopo una conferenza stampa a Caracas, 25 gennaio 2019. (Yuri Cortez/AFP/Getty Images)

Con uno stile tipico dei dittatori socialisti, Maduro ha accusato gli Stati Uniti per il fallimento economico, oltre che di aver organizzato un golpe e di controllare il mercato petrolifero. In realtà il Venezuela ha le più grandi riserve di petrolio al mondo, ma la produzione è crollata sotto il dominio di Maduro per via della cattiva gestione e della corruzione.

La Russia ha accusato le nazioni europee di ‘ingerenza esterna’. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha dichiarato: «Riteniamo che imporre le proprie decisioni o tentare di legittimare un tentativo di golpe si configurino entrambe come un’ingerenza interna ed esterna nella politica venezuelana».

Un dato certo è che il governo di Maduro sta pagando in petrolio i debiti con Russia e Cina.

Lo scorso anno Maduro ha vinto le rielezioni, ma i critici sostengono che sia stata una farsa. Ai due contendenti dell’opposizione che avevano buone probabilità di vittoria è stata infatti negata la possibilità di partecipare. Inoltre le razioni alimentari e altri sussidi fondamentali per i venezuelani affamati erano condizionati al sostegno politico. Per questo a suo tempo il governo italiano e gli altri governi europei non hanno riconosciuto la legittimità delle elezioni presidenziali venezuelane.

Oltre alla pressione da parte dei Paesi europei, il 4 febbraio si è svolto a Ottawa un incontro straordinario del Lima Group per discutere della situazione venezuelana e mettere ulteriore pressione a Nicolas Maduro, all’incontro hanno partecipato diversi leader delle nazioni dell’America Latina e il primo ministro canadese Justin Trudeau.

Il Ministro degli Esteri peruviano Nestor Francisco Popolizio Bardales (sinistra), il Primo Ministro canadese Justin Trudeau e il Ministro degli Esteri Chrystia Freeland durante la sessione di apertura della decima riunione ministeriale del Lima Group a Ottawa il 4 febbraio 2019. (La stampa canadese/Sean Kilpatrick)

Infine Antonio Tajiani, presidente del Parlamento europeo, ha commentato la posizione dell’Italia con le seguenti parole: «Non vedo una posizione dell’Italia se non quella dell’Occidente, non credo che l’Italia si possa schierare con la Turchia, Cuba e la Cina, che hanno interessi particolari, diversi da noi e dall’Unione europea. E’ una scelta di libertà: o con dittatori o con la libertà e l’Italia non può stare con i dittatori».

 
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