L’establishment finalmente si muove contro lo scandalo del blocco della pubertà

Di Wesley J. Smith

In nome dell’«affermazione di genere», ai bambini e agli adolescenti in età prepuberale con diagnosi di disforia di genere vengono somministrate sostanze che impediscono la pubertà naturale e il normale sviluppo dei caratteri sessuali secondari. Questi ormoni e sostanze erano stati approvati per la cura delle patologie dell’adolescenza, non per impedire la normale maturazione. Tali usi «off label» di queste sostanze sono una sperimentazione condotta sui bambini.

Una cosa è quando degli adulti prendono per sé stessi queste decisioni che cambiano la vita. Ma impedire la crescita naturale dei bambini dovrebbe essere tutt’altra cosa. Purtroppo, però, negli ultimi anni l’establishment medico è stato travolto dal panico morale transgender.

Ad esempio, un recente articolo del New England Journal of Medicine (rivista alquanto ‘woke’) ha affermato che il blocco della pubertà è un «trattamento essenziale» e una cura «basata sull’evidenza», e inoltre, che le leggi che interferiscono con il transgenderismo pediatrico interferiscono con un «trattamento salvavita», a causa del presunto ridotto rischio di suicidio derivante dal blocco della pubertà.

Anche l’American Academy of Pediatrics ha sostenuto il blocco della pubertà. Ma il suo position paper ammette: «La ricerca sui rischi a lungo termine, in particolare in termini di metabolismo osseo e fertilità, è attualmente limitata e fornisce risultati vari».

Ma sicuramente, nel decidere se perseguire un trattamento medico, e valutare accuratamente i rischi, conoscere i rischi è altrettanto importante quanto identificare i benefici sperati, in particolare quando i pazienti sono bambini la cui intera vita potrebbe essere influenzata dalle decisioni prese sulla loro assistenza sanitaria.

Inoltre, la «scienza» che sostiene il blocco della pubertà è difficilmente «sistemica» e, in effetti, sta diventando sempre più fluida. Ed ecco alcune prove: i funzionari sanitari in Europa stanno respingendo le intense correnti che promuovono il blocco della pubertà come trattamento di prima o seconda istanza per la disforia di genere pediatrica.

Regno Unito

Il Regno Unito ha aperto la strada. Ciò è significativo perché l’Inghilterra ha assistito al potenziale danno che il panico morale medico può causare, ad esempio quando il Daily Mail ha riferito che gli insegnanti stavano convincendo i bambini autistici a credere di essere transgender.

Da allora, il National Institute of Clinical and Health Excellence (Nice) ha emesso un parere consultivo che sicuramente farà venire il mal di pancia agli attivisti transgender più zelanti.

Contrariamente all’idea che il blocco della pubertà sia una scienza consolidata, il Nice ha scoperto che ci sono prove «minime» che il blocco della pubertà sia vantaggioso per i bambini con disforia di genere. Inoltre, Nice ha concluso che gli studi che affermavano di supportare il blocco della pubertà erano «soggetti a pregiudizi e confusione». Che colpo!

Questa è una notizia enorme, specie considerando che il Nice è establishment puro. Resta da vedere se il servizio sanitario nazionale ascolterà il consiglio e smetterà di bloccare la maggior parte della pubertà. Ma almeno il rapporto è un’indicazione che la marea transgender potrebbe finalmente iniziare a cambiare.

Finlandia

L’establishment medico finlandese è andato oltre i semplici suggerimenti educati, nell’opporsi al blocco della pubertà dei bambini (tranne nei casi più gravi e, in quel caso, solo in un contesto di ricerca clinica).

Osservando che la maggior parte dei casi di disforia di genere si risolve naturalmente nel momento in cui il bambino matura, e facendo eco alle preoccupazioni sui potenziali danni fisici noti e sconosciuti che il blocco della pubertà può causare, le linee guida ufficiali dell’Autorità sanitaria finlandese, ora affermano: «L’inizio di interventi ormonali che alterano le caratteristiche sessuali, possono essere presi in considerazione prima che la persona abbia compiuto 18 anni, solo se si può accertare che la sua identità con l’altro sesso sia di natura permanente e provochi grave disforia. Inoltre, deve essere confermato che il giovane è in grado di comprendere il significato dei trattamenti irreversibili e i benefici e gli svantaggi associati alla terapia ormonale per tutta la vita, e deve essere confermato che non siano presenti controindicazioni».

E anche questo è importante: poiché il blocco della pubertà è considerato «sperimentale», le linee guida richiedono che «l’inizio e il monitoraggio dei trattamenti ormonali debbano essere centralizzati presso le cliniche di ricerca». In altre parole, niente più dottori-attivisti ideologici freelance.

Svezia

Il Karolinska Hospital, un’importante istituzione sanitaria svedese, ha recentemente annunciato che anch’essa non utilizzerà più i bloccanti della pubertà, rilevando «la mancanza di prove per le conseguenze a lungo termine dei trattamenti e le ragioni del grande afflusso di pazienti in anni recenti». (vedi la definizione di ‘panico morale’).

Ancora più importante, l’ospedale ha avvertito: «Questi trattamenti sono potenzialmente carichi di conseguenze negative estese e irreversibili, come malattie cardiovascolari, osteoporosi, infertilità, aumento del rischio di cancro e trombosi. Ciò rende difficile valutare il rischio/beneficio per il singolo paziente, e ancora più difficile per i minori e i loro tutori essere in una posizione informata riguardo a questi trattamenti». Accidenti!

Di conseguenza, l’ospedale ha saggiamente adottato la seguente politica: «Alla luce di quanto sopra, e sulla base del principio di precauzione, che dovrebbe essere sempre applicato, è stato deciso che i trattamenti ormonali (cioè il blocco della pubertà e gli ormoni sessuali incrociati) non saranno applicati in pazienti con disforia di genere di età inferiore ai 16 anni».

Qualche improbabile respingimento è iniziato anche da fonti non conservatrici negli Stati Uniti. Un recente segmento di 60 minutes ha intervistato bambini precedentemente disforici di genere la cui pubertà è stata bloccata e che hanno ricevuto interventi chirurgici mutilanti, ma che in seguito sono tornati al sesso con cui sono nati. In una sequenza davvero schiacciante, un giovane che è stato castrato dopo tre mesi di ormoni femminili, si è lamentato che la sua vita è stata permanentemente e negativamente influenzata da quegli adulti che lo spingevano a decidere in fretta di essere, in effetti, una ragazza.

Lasciare che i bambini modifichino la loro fisicità, forse in modo permanente, non è compassione. È debolezza che abdica alla responsabilità degli adulti. La coraggiosa revisione delle linee guida mediche in Europa e la volontà di 60 Minutes di contrastare il consueto messaggio pro-transizione spinto dai media mainstream, rivelano che i dubbi sulla proprietà dei bloccanti della pubertà stanno crescendo.

Gli oppositori del blocco della pubertà non possono più essere denigrati come presunti fanatici religiosi o transfobici. Si spera che i beneficiari finali di questo cambiamento epocale saranno i bambini i cui corpi non diventeranno ora sacrifici per il fine forse ben intenzionato ma in definitiva distruttivo dell’«affermazione di genere».

 

Il pluripremiato autore Wesley J. Smith è presidente del Centro sull’eccezionalità umana del Discovery Institute.

Le opinioni espresse in quest’articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente quelle di Epoch Times.

Articolo in inglese: At Last! Establishment Pushback Against Puberty Blocking

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