Lega-M5S, finalmente l’accordo di governo

Dopo tante e – verrebbe ora da pensare – inutili peripezie, la strada dell’accordo di governo è stata infine imboccata, nella sua corsia più ovvia: un accordo tra Movimento 5 Stelle e Lega da cui si tira fuori Berlusconi.
Il leader di Forza Italia ha scelto la via della «responsabilità», facendosi di lato di sua iniziativa, dinanzi all’impossibilità di raggiungere altri e più ideali accordi di governo e, probabilmente, temendo la prospettiva di ulteriori elezioni che lo avrebbero indebolito ancor di più.

Il candidato premier dei 5 Stelle Luigi Di Maio ha quindi dovuto tirare bruscamente il freno a mano della sua ininterrotta campagna elettorale sui social (affiancata dal blog di Grillo) e ha smesso di lanciare accuse alla Lega, per dirsi pronto e felice della nuova apertura delle trattative.

Come accaduto nel recente passato con il governo Renzi, Forza Italia non voterà la fiducia ma si riserverà di appoggiare il governo su alcune questioni: su quelle, cioè, che rientrano nel programma condiviso del centrodestra.  Quanto a Fratelli d’Italia, che ha ottenuto il 4 per cento dei voti, Giorgia Meloni annuncia di non escludere la possibilità di restare all’opposizione. Tuttavia, potrebbe anche essere solo un modo per riuscire a ottenere dei ministeri e delle presidenze. Rimangono intatte, invece, le alleanze a livello locale e, pur in questo schieramento in parte insolito, il centrodestra si considera ancora unito dal proprio programma.

Quanto a chi sarà il premier, non ci sono ancora novità ufficiali. Il Movimento 5 Stelle ha ottenuto il 35 per cento dei voti, mentre la Lega il 17, quindi Di Maio può contare sul maggior peso all’interno del governo. Tuttavia, il posto di premier a Salvini – che ha affermato, contrariamente al passato, di ambirvi – potrebbe avere l’effetto di rafforzare la maggioranza su alcuni temi, dal momento che Berlusconi potrebbe sentirsi maggiormente spronato ad appoggiare un premier leghista, al momento del bisogno.
Inoltre, anche se Salvini pubblicamente non la mette in questi termini, se il centrodestra governativo ha rinunciato alla presidenza delle Camere e (soprattutto) a quel 14 per cento di voti di Berlusconi, dovrebbe poter ottenere almeno la presidenza del Consiglio.

Un’altra possibilità è che il premier non sia né Di Maio né Salvini, ma un altro parlamentare di uno dei due partiti principali. Oppure una figura terza, sebbene quest’ultima soluzione piaccia poco a entrambi e soprattutto a Di Maio. Potrebbe però piacere al presidente della Repubblica, che ha interesse a tranquillizzare l’Europa, sicuramente impensierita dal fatto che i due maggiori partiti anti-sistema italiani si trovino al governo insieme. A riguardo, Di Maio ha mostrato più fiuto politico – o minore coerenza – rispetto a Salvini, nel mitigare varie posizioni del Movimento, dall’euro al rapporto con la Nato e gli Usa, per risultare più appetibile come premier agli occhi del presidente Mattarella e dell’Europa.

Secondo il Fatto Quotidiano, Salvini e Di Maio, che hanno già cominciato le negoziazioni che si concluderanno domenica, avrebbero escluso la possibilità di nominare qualcuno interno alle proprie fila e avrebbero considerato – ma poi, di nuovo, escluso – anche l’ipotesi di una staffetta tra i leader all’interno dei cinque anni di mandato.
Secondo il quotidiano di Travaglio, l’attuale soluzione sarebbe quella del personaggio terzo e «di alto profilo». Se sarà così, poco si sposerà con la retorica negativa sull’«ennesimo presidente non votato dal popolo» (ove con «non votato» si intende non candidatosi come tale durante le elezioni del Parlamento), che sia Lega che 5 Stelle hanno utilizzato in passato per criticare le grandi coalizioni tra Pd e Forza Italia.

 
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