Il leader cinese Xi Jinping e il suo piano per controllare internet a livello globale

Di Nicole Hao e Cathy He

Il leader cinese Xi Jinping vuole prendere il controllo di internet a livello globale. A rivelarlo alcuni documenti governativi ottenuti dall’edizione cinese di Epoch Times.

In un discorso del gennaio 2017, Xi ha dichiarato che il «potere di controllare internet» è diventato il «nuovo punto focale del conflitto strategico nazionale», e ha designato gli Stati Uniti come una «forza rivale» che ostacola le ambizioni del regime.

L’obiettivo finale descritto è che il Partito Comunista Cinese (Pcc) controlli tutti i contenuti dell’internet globale, in modo che il regime potesse esercitare quello che Xi ha definito il «potere del discorso» sulle comunicazioni e le discussioni a livello mondiale.

Xi ha espresso l’intenzione di «usare la tecnologia per governare internet» e di ottenere il controllo totale su ogni parte dell’ecosistema online: sulle applicazioni, i contenuti, la qualità, il capitale e la manodopera.

Le parole del leader cinese risalgono alla quarta riunione del massimo ente regolatore di internet in Cina, la Commissione Centrale per gli Affari del Cyberspazio, svoltasi a Pechino il 4 gennaio 2017. Le trascrizioni del discorso sono state ottenute da documenti interni emessi dal governo provinciale di Liaoning, nel sud-est della Cina.

Di fatto, le parole di Xi sono in linea con gli sforzi fatti da Pechino negli ultimi anni per promuovere la propria versione autoritaria di internet come un modello per il resto del mondo.

In un altro discorso tenuto nell’aprile del 2016, descritto in un documento interno del governo della città di Anshan nella provincia di Liaoning, Xi ha proclamato con sicurezza che nella «lotta» per controllare internet, il Pcc era passato dalla «difesa passiva» a giocare sia «in attacco che in difesa» allo stesso tempo.

Avendo costruito con successo il più tentacolare e sofisticato apparato di censura e sorveglianza online al mondo, noto come il Grande Firewall, il Pcc sotto Xi si sta rivolgendo all’esterno, promuovendo un internet cinese i cui valori sono in contrasto con il modello aperto sostenuto dall’Occidente. Piuttosto che dare priorità al libero flusso di informazioni, il sistema del Pcc è incentrato, infatti, sul dare allo Stato la capacità di censurare, spiare e controllare i dati internet.

Contrastare gli Stati Uniti

Il leader cinese ha riconosciuto che il regime è in ritardo rispetto al suo rivale, gli Stati Uniti – il giocatore dominante in questo campo – in settori chiave come tecnologia, investimenti e innovazione.

Per realizzare le sue ambizioni, Xi ha sottolineato la necessità di «gestire le relazioni internet con gli Stati Uniti», mentre bisogna «prepararsi a combattere una dura guerra» con il Paese in questo settore.

Le aziende americane dovrebbero essere utilizzate dal regime per raggiungere il proprio scopo, ha dichiarato Xi, senza precisare però come andrebbe fatto.

Il capo del Pcc ha anche ordinato al regime di aumentare la sua cooperazione con l’Europa, i Paesi in via di sviluppo e gli Stati membri della Belt and Road Initiative (nota in Italia come Nuova Via della Seta) di Pechino, per formare un «contrappeso strategico» contro gli Stati Uniti.

La Belt and Road Initiative (Bri) è un massiccio progetto di investimenti infrastrutturali lanciato da Pechino per collegare Europa, Asia, Africa e Medio Oriente attraverso una rete di collegamenti ferroviari, marittimi e stradali. Il piano è stato criticato dagli Stati Uniti e da altri Paesi occidentali e accusato di essere un modo di Pechino per promuovere i suoi interessi politici e commerciali negli Stati aderenti, opprimendo al contempo i Paesi in via di sviluppo con pesanti debiti.

La Bri ha anche spinto i Paesi a firmare i progetti della ‘Via della Seta digitale’, ovvero quelli che coinvolgono le infrastrutture della tecnologia dell’informazione e della comunicazione. Ad oggi, almeno 16 Paesi hanno firmato protocolli d’intesa con il regime per lavorare in questo settore.

Strategia a tre punte

Xi ha ordinato al regime di concentrarsi su tre aree «critiche» nella sua ricerca del controllo di internet a livello globale.

In primo luogo, Pechino deve essere in grado di «stabilire le regole» che governano il sistema internazionale. In secondo luogo, dovrebbe inserire dei sostenitori del Pcc in posizioni importanti nelle organizzazioni globali di internet. In terzo luogo, il regime dovrebbe ottenere il controllo sulle infrastrutture che sono alla base di internet, come i root server.

I root server del Domain Name System (Dns) sono fondamentali per le comunicazioni internet in tutto il mondo, in quanto indirizzano gli utenti ai siti web che intendono visitare. Ci sono più di 1.300 root server nel mondo, circa 20 dei quali si trovano in Cina, mentre gli Stati Uniti ne hanno circa 10 volte tanto, secondo il sito root-servers.org.

Ebbene, se il regime cinese dovesse ottenere il controllo su un maggior numero di root server, potrebbe poi reindirizzare il traffico dove vuole, secondo quanto dichiarato a Epoch Times da Gary Miliefsky, esperto di cybersecurity ed editore di Cyber Defense Magazine. Per esempio, se un utente vuole visitare un articolo di notizie su un argomento ritenuto sensibile da Pechino, allora il server Dns del regime potrebbe indirizzare l’utente a una pagina falsa che dice che l’articolo non è più online.

«Nel momento in cui si controlla il root, si può alterare o falsificare qualsiasi cosa – ha dichiarato Miliefsky – Puoi controllare ciò che la gente vede e ciò che la gente non vede».

Progressi

Ad ogni modo, negli ultimi anni il regime ha fatto progressi nel portare avanti la strategia di Xi.

Nel 2019, il gigante cinese delle telecomunicazioni Huawei ha proposto per la prima volta l’idea di un internet completamente nuovo, chiamato New IP (protocollo internet), per sostituire l’infrastruttura vecchia di mezzo secolo alla base del web. New IP è pubblicizzato come più veloce, più efficiente, flessibile e sicuro dell’attuale internet, e sarà costruito dai cinesi.

Sebbene New IP possa realmente portare a un miglioramento della rete globale, Miliefsky ha dichiarato che «il prezzo da pagare è la libertà. Non ci sarà libertà di parola. E ci saranno intercettazioni in tempo reale, sempre, su tutti. Tutti coloro che vi aderiscono saranno intercettati da un unico governo».

La proposta è stata avanzata in una riunione di settembre 2019 presso l’Unione internazionale delle telecomunicazioni (Itu), un’agenzia delle Nazioni Unite responsabile della definizione di standard per questioni di informatica e comunicazione che è attualmente guidata dal cittadino cinese Zhao Houlin. E dovrebbe essere formalmente discussa durante l’assemblea mondiale di standardizzazione delle telecomunicazioni dell’Itu che si terrà nel marzo 2022.

Miliefsky ha definito improbabile che il piano ottenga un ampio sostegno tra i Paesi membri, ma potrebbe essere adottato da Stati autoritari come la Corea del Nord, e successivamente dai Paesi che hanno firmato la Bri e stanno faticando per ripagare i prestiti della Cina.

Questo accelererebbe una biforcazione di internet: ciò che analisti come l’ex Ceo di Google Eric Schmidt hanno soprannominato la «splinternet», o, nelle parole di Miliefsky, «la rete comunista e quella del resto del mondo».

Huawei non ha risposto a una richiesta di commento sulla questione, da parte di Epoch Times.

Importare talenti

Secondo il documento, Xi ha ordinato al regime del Pcc di creare «tre ecosistemi» – tecnologico, industriale e politico – per sviluppare le tecnologie Internet di base.

Avere professionisti qualificati era la chiave di questo piano, e Xi ha ordinato di assumere talenti da tutto il mondo. Il che doveva essere realizzato tramite le aziende cinesi.

Il leader ha infatti chiesto alle aziende cinesi di invitare «proattivamente» i «talenti di alto livello» stranieri, e di creare centri di ricerca all’estero, per poi assumere specialisti di spicco di etnia cinese e stranieri che lavorino per loro.

Nel frattempo, Xi ha ordinato al regime di istituire un sistema di formazione professionale in Cina, che possa sviluppare sistematicamente una forza lavoro altamente qualificata nel lungo periodo. Ha anche ordinato ai funzionari di ogni livello governativo di guidare le aziende cinesi a sviluppare i loro business plan in modo da allinearsi con gli obiettivi strategici del regime, e di incoraggiare le imprese capaci a prendere l’iniziativa nello sviluppo di innovazioni nelle tecnologie di base.

Le imprese devono essere educate ad avere «consapevolezza nazionale e salvaguardare gli interessi nazionali», ha affermato Xi. Solo allora il regime dovrebbe sostenerne e incoraggiarne l’espansione.

Poiché il talento e la tecnologia fondamentale sono concentrati all’estero, il leader cinese ha anche ordinato alle autorità di sostenere lo sviluppo di un gruppo di società internet multinazionali che possano avere un’influenza globale.

Rendere internet ‘rosso’

Nel suo discorso del 2016, Xi ha descritto tutti i contenuti online come appartenenti a tre categorie: «zona rossa, zona nera e zona grigia».

I contenuti nella ‘zona rossa’ sarebbero quelli allineati con i requisiti della propaganda del Pcc, mentre il materiale in ‘zona nera’ è in contrasto con tali requisiti. Poi c’è il contenuto della ‘zona grigia’, che si trova nel mezzo.
«Dobbiamo consolidare ed espandere la zona rossa ed accrescere la sua influenza nella società – ha dichiarato Xi in un discorso dell’agosto 2013 trapelato – Dobbiamo entrare coraggiosamente nella zona nera [e combattere duramente, ndr] per farle gradualmente cambiare colore. Dobbiamo lanciare azioni su larga scala rivolte alla zona grigia per accelerare la sua conversione in zona rossa e impedire che si trasformi in zona nera».

All’interno della Cina, il Pcc esercita uno stretto controllo sui contenuti e le conversazioni online attraverso il Grande Firewall, un massiccio apparato di censura internet che blocca i siti stranieri e censura i contenuti ritenuti inaccettabili per il Partito. Inoltre, il Partito dispone anche di un massiccio esercito di troll online, soprannominato ‘l’esercito dei 50 centesimi’, che manipola i dibattiti nella rete. Un recente studio ha scoperto che il Pcc impiegherebbe 2 milioni di commentatori internet pagati su base regolare e che si avvarrebbe di una rete di 20 milioni di volontari part-time per effettuare il trolling online.

Freedom House, nel suo rapporto annuale 2020 sulla libertà di internet, ha etichettato la Cina come il peggior violatore della libertà online al mondo per il sesto anno consecutivo. I cittadini cinesi sono stati arrestati per aver usato software che aggirano il Grande Firewall e puniti per aver pubblicato commenti online sfavorevoli al regime cinese. In un incidente ormai noto, durante le prime fasi della pandemia, il medico informatore Li Wenliang è stato convocato dalla polizia per aver «messo in giro voci», in quanto aveva segnalato ai colleghi in una chat l’esistenza di un virus simile alla Sars nella città di Wuhan.

Nei suoi discorsi del 2017, Xi ha anche chiesto al regime di sviluppare un gruppo più ampio di influencer online «rossi» per plasmare la percezione del Pcc da parte degli utenti. Ha anche chiesto un’espansione dell’esercito dei 50 centesimi per operare sia all’interno che all’esterno dell’internet cinese.

Di fatto, con l’avvento della pandemia, il Pcc ha fortemente intensificato i suoi sforzi per influenzare l’opinione pubblica online fuori dalla Cina. Utilizzando grandi reti di account di troll su Twitter e Facebook, il regime è stato in grado di propagare e amplificare la propaganda e la disinformazione su argomenti come la pandemia, le tensioni razziali negli Stati Uniti e l’oppressione del regime dei musulmani uiguri nello Xinjiang.

 

Articolo in inglese: Chinese Leader Xi Jinping Lays out Plan to Control the Global Internet: Leaked Documents



 
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