Le vite che non contano: il caso del bimbo ucciso negli Usa da un afroamericano

Di Alessandro Starnoni

«Non potete capire cosa significhi avere il proprio figlio tra le braccia, sparato alla testa, e il suo sangue che sgorga sulle tue braccia». Queste le parole di Austin Hinnant alla Wral-Tv: un padre distrutto dal dolore per la morte del suo bambino Cannon, ucciso apparentemente senza motivo dal vicino di casa, un 25enne, il 12 agosto, nella Carolina del Nord.

Cannon era seduto sul sellino della propria bicicletta, nel suo giardino di casa, e giocava con le sue due sorelline. Poi, secondo i testimoni oculari, qualcuno gli si è avvicinato e gli ha sparato a sangue freddo un colpo di pistola alla testa, il tutto davanti alle due sorelline, di 7 e 8 anni. Il papà, udendo lo sparo, è subito uscito di casa e si è trovato di fronte l’inimmaginabile. Ha stretto suo figlio a sé, piangendo e gridando aiuto, per poi vedere il vicino e conoscente, Darius Sessoms (che poi è stato arrestato con l’accusa di omicidio di primo grado), con una pistola in mano che fuggiva via in auto.

foto di accusato di omicidio
Darius Sessoms del North Carolina è stato arrestato e accusato dell’omicidio di Cannon Hinnant, un bambino di 5 anni (Wilson Police Department)

Una tragedia di quelle che nessuno vorrebbe mai vivere. Ma la cosa più raccapricciante non è tanto il basso profilo che il mainstream mediatico ha tenuto sulla vicenda. Poiché può capitare che alcuni fatti di cronaca nera, per quanto terribili, finiscano in secondo piano, e poi nel dimenticatoio. Piuttosto, tale silenzio fa tantissimo rumore soprattutto se affiancato all’opposto trattamento in simultanea che i principali media statunitensi hanno riservato alle recenti notizie delle uccisioni di George Floyd, Trayford Pellerin o Jacob Blake, proprio perché a queste ultime è stato associato un presunto movente razziale, come giustificazione dell’assordante risonanza mediatica.

Ma qui non si vuole sostenere che il piccolo Cannon sia stato ucciso per motivi razziali. Si vuole sottolineare però la faziosità dei media nel dar risalto solo a determinati episodi piuttosto che ad altri; poiché le circostanze in cui è stato ucciso Cannon sono simili a quelle in cui è stato ucciso George Floyd o Jacob Blake: l’aggressore e la vittima non avevano lo stesso colore della pelle. Se avessero voluto quindi, nel caso di Cannon i telegiornali avrebbero potuto creare lo stesso clamore mediatico che c’è stato per Floyd. Ma non l’hanno fatto, poiché evidentemente il sollevare da parte dei media un presunto movente razziale nel caso di Floyd e di altre uccisioni di neri da parte di bianchi faceva comodo a qualcuno. Mentre non sarebbe servito a nessuno farlo con la morte di Cannon.

Questo lavoro da parte dei media principali di sottintendere continuamente un movente razziale per tali episodi fino a trasformare una semplice possibilità in una verità indiscussa, ha dato il là alle proteste negli Usa e al movimento di Black Lives Matter; ma ha fatto anche in modo che i violenti in mezzo al movimento si sentissero in diritto di perpetrare ogni tipo di crimine. E i violenti non sono per nulla pochi né una frangia minoritaria. Lo hanno visto tutti, soprattutto attraverso canali di informazione indipendenti: statue abbattute, ingenti danni a proprietà pubbliche e private, saccheggi, intimidazioni ai bianchi per strada, violenze nei loro confronti e persino omicidi passati in sordina. E sembra che queste vittime non contino. Contano solo per i parenti più stretti.

Una metropoli come Manhattan è rimasta deserta per settimane a causa del clima di terrore che era stato creato dopo la morte di George Floyd.
Eppure, davanti a tutte queste violenze, ancora una volta, i media hanno continuato a versare benzina sul fuoco, ignorando i crimini violenti delle proteste e ripetendo lo slogan Black Lives Matter. E la maggior parte di questi maggiori media statunitensi, non è un segreto, sono portavoce del Partito Democratico; ma i Democratici durante la loro Convention hanno sostenuto che sarebbe Trump la causa di tutte queste violenze.

Il punto, ovviamente, non è voler affermare che le vite dei neri non contano. Ogni vita conta, comprese quelle dei neri. Come si può essere a favore di chi uccide? E infatti i poliziotti che hanno sbagliato pagheranno. Non si vuole nemmeno affermare il contrario, ovvero che esista del razzismo di neri contro bianchi. Siamo tutti una grande famiglia, siamo tutti esseri umani. E non si vuole neanche, ancora, fare propaganda elettorale a favore di Donald Trump. Bisogna semplicemente essere obiettivi, e far notare l’incredibile parzialità che i media adottano nel raccontare i fatti; far notare, poi, che chiunque provi a parlare in direzione opposta viene etichettato come estremista.

Quella a cui stiamo assistendo è una palese strumentalizzazione mediatica dei fatti che, distorcendo la realtà, ottiene l’effetto di incitare all’odio verso il prossimo, passando attraverso l’omologazione del pensiero. Di conseguenza, chi non la pensa allo stesso modo, chi non urla ‘Black Lives Matter’ verrà emarginato o umiliato nel migliore dei casi. Lo stesso accadeva durante la Rivoluzione Culturale, nei Paesi comunisti. Per quale ragione stanno agendo così? Difficile sbilanciarsi, ma non si può non notare che tutto questo accade proprio prima delle elezioni americane.

Ad ogni modo, i dati non sembrano indicare chiaramente una tendenza al razzismo sistematico di bianchi contro neri, per quanto riguarda gli omicidi negli Stati Uniti. Secondo un resoconto del Bureau of Justice Statistics, basato su statistiche del 2018, la più grande percentuale dei crimini violenti commessi contro bianchi, neri e ispanici, è stata commessa da persone della stessa razza o etnia. Ad esempio, gli assalitori erano neri nel 70,3 per cento dei crimini contro neri, e bianchi nel 10,6 per cento, considerando che si fa riferimento a circa mezzo milione di crimini violenti contro i neri.

Invece, gli assalitori erano bianchi nel 62,1 per cento dei crimini commessi contro bianchi, e neri nel 15,3 per cento, considerando che si fa riferimento a circa 3 milioni e mezzo di crimini violenti contro bianchi.

Ma nonostante questo, i principali giornali, nel dare martellante rilevanza a determinati episodi, consapevolmente o meno hanno creato una realtà che di fatto non c’è, secondo la quale esisterebbe del razzismo sistematico di bianchi contro neri. Quindi, i movimenti di protesta che ne sono scaturiti, guidati da organizzazioni di dubbia indipendenza e anzi, dichiaratamente di parte, hanno fatto leva sul senso di colpa, per cui i bianchi si dovrebbero vergognare per il solo fatto di essere bianchi, anche se non hanno fatto nulla.
E il caso dimenticato del povero Cannon Hinnant, in mezzo a diversi altri di cui non si è per nulla sentito parlare, in cui dei ‘bianchi’ sono stati uccisi da ‘neri’, è la prova dell’esistenza di una copertura mediatica che spinge con forza verso una sola direzione.

 

Quelle espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente il punto di vista di Epoch Times

 

 
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