Le persecuzioni del Pcc, dagli uiguri al Falun Gong

Di Massimo Rumore

Ormai sono vent’anni che i media parlano delle violazioni dei diritti umani nel mondo da parte della Cina, con foto e filmati che mostrano certezze e smentiscono la propaganda e del Partito Comunista Cinese.

«I processi di Norimberga alla fine della Seconda guerra mondiale hanno perseguito gli autori di crimini contro l’umanità, gli stessi crimini che vengono perpetrati nello Xinjiang». Diceva così il segretario di Stato Mike Pompeo, sotto il governo Trump. E anche il suo successore, Antony Blinken, designato come futuro segretario di Stato dell’amministrazione Biden, si è detto d’accordo.

Purtroppo, come si dice, ‘la storia si ripete’. Oggi gli uiguri stanno passando quello che i praticanti del Falun Gong hanno passato, e tuttora passano, da più di 20 anni. Secondo l’analista Sarah Cook, Pechino sta infatti replicando «le strategie adottate contro il Falun Gong» nella repressione degli uiguri nello Xinjiang. La Repubblica popolare cinese, sotto la direzione e il controllo del Pcc, sta commettendo un genocidio contro gli uiguri, una minoranza etnica cinese, prevalentemente musulmana.

I resoconti dei crimini sono dettagliati e sconcertanti: non si discostano tanto dalle torture descritte per i praticanti del Falun Gong, tutte atte all’annientamento sia fisico che mentale, come il lavaggio del cervello, i tentativi di costringerli a rinunciare al proprio credo, le brutali torture attraverso scariche elettriche, le umiliazioni e nel caso degli uiguri, l’essere costretti a mangiare carne di maiale.

E poi l’obbligo di far bere loro alcol e l’adozione obbligatoria di contraccettivi per le donne uigure in età fertile. Inoltre si stima che mezzo milione di bambini uiguri siano stati separati dalle loro famiglie e inviati in ‘campi-orfanotrofio’ da dove sono giunti racconti credibili di tentativi di suicidio da parte dei bambini. Si aggiungono, poi, i prelievi forzati di organi, anch’essi già visti con i praticanti del Falun Gong.

Secondo Laogai.it, il governo cinese inizialmente negava l’esistenza dei campi mentre ora li chiama ‘centri di istruzione e formazione professionale’. Dentro questi i campi, i detenuti vengono addestrati a rinunciare all’estremismo e a credere in Xi Jinping piuttosto che a Maometto. E le guardie, riferisce Laogai.it, chiedono ai prigionieri se esiste un Dio e picchiano quelli che dicono che esiste.

Per la prima volta il Pontefice è intervenuto con toni tanto critici sulla situazione della minoranza musulmana. Una presa di posizione che ha irritato Pechino. La risposta della Cina? «Parole prive di fondamento».

 
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