L’Australia chiede indagini sul virus e la Cina si vendica

CANBERRA, Australia—Dalle minacce ai fatti. Dopo che il primo ministro australiano Scott Morrison ha chiesto indagini sulle origini della pandemia da virus del Pcc, l’ambasciatore cinese Cheng Jingye ha minacciato di frenare il turismo verso l’Australia e le importazioni di vino, carne di manzo e altre merci. E il 12 maggio, la Cina, che è il primo mercato estero per carne bovina australiana (circa il 30% delle esportazioni) è passata davvero all’azione.

In realtà, secondo il ministro del Commercio Simon Birmingham le sospensioni sembrano essere basate su «questioni tecniche», alcune delle quali risalgono a più di un anno fa. Birmingham ha spiegato di starne ancora discutendo, in modo «da avere una risposta completa». Tuttavia domenica, agli esportatori di grano dell’Australia è stato comunicato che la Cina si sta preparando ad aumentare i dazi sulle importazioni di orzo australiano.

In precedenza, il regime cinese ha respinto gli appelli dell’Australia e di altri governi per un’inchiesta internazionale sull’origine del virus del Pcc (Partito Comunista Cinese), emerso a dicembre nella Cina centrale. E martedì un portavoce del ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, ha criticato le «parole e il comportamento sbagliato dell’Australia», specificando che la pandemia non dovrebbe essere usata come un motivo per «impegnarsi in una manipolazione politica», che ostacoli la prevenzione internazionale delle malattie.

 

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Articolo in inglese: China Cuts Australian Beef Imports Amid CCP Virus Tension

 
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