Italia e Regno Unito, seconda ondata o test imperfetti?

Di Mary Clark

Regno Unito e Italia, nessuna seconda ondata. Anzi, secondo alcuni esperti, sono stati i difetti dei test comunemente utilizzati ad aver causato il recente aumento dei positivi al Covid-19.
Infatti, nelle ultime settimane sono aumentati i positivi, ma non i decessi.

Secondo Carl Heneghan, direttore del Center of Evidence-Based Medicine (Cebm) dell’Università di Oxford, e il ricercatore onorario del Cebm Tom Jefferson, l’aumento dei positivi potrebbe essere legato al fatto che i test di massa non sono in grado di distinguere tra i virus interi, in grado di infettare altre persone, e i frammenti di virus che non hanno questa capacità; il problema è che i test risultano positivi in entrambi i casi.

Su una popolazione di 67 milioni di persone, giovedì 3 settembre ci sono stati 1.735 nuovi casi confermati nel Regno Unito, ma i dati mostrano che sono stati registrati solo 13 decessi. Ovvero poco più dello 0,7 per cento dei nuovi casi confermati.

Per fare un confronto, l’8 aprile in piena pandemia c’erano stati 5.128 nuovi casi e 1.072 decessi registrati nel Regno Unito, pari quindi al 20 per cento dei casi confermati.

L’Italia presenta un quadro simile: casi in aumento ma tassi di mortalità molto bassi, con i decessi che nel corso dell’ultimo mese si sono stabilizzati tra un minimo di una e un massimo di 16 vittime al giorno.

Una probabile causa dell’ampio divario tra nuovi casi e decessi è ciò che Heneghan e Jefferson hanno soprannominato il «problema della realtà» legato ai test di massa e ai test basati sulla Pcr (reazione a catena della polimerasi), che ormai vengono ampiamente utilizzati per rilevare il nuovo coronavirus, noto anche come virus del Pcc.

In un’e-mail inviata a Epoch Times, Jefferson ha scritto: «Una probabile ragione è che il test attualmente utilizzato non è in grado di distinguere coloro che ospitano virus vivi (infettivi) da coloro che ne portano frammenti (non infettivi). Quindi abbiamo molti ‘casi’ che non sono contagiosi o pericolosi per la salute pubblica».

Tuttavia, le conclusioni di Heneghan e Jefferson sono in contrasto con le dichiarazioni del dottor Hans Kluge, il direttore regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), che in un comunicato del mese scorso ha affermato che l’aumento dei casi in Europa dimostra che «il rischio di recrudescenza non è mai stato lontano».

Kluge ha anche dichiarato che gli aumenti dei casi negli ultimi due mesi sono in parte dovuti «all’allentamento delle misure sociali e sanitarie, dove le autorità hanno allentato alcune delle restrizioni e le persone hanno abbassato la guardia».

«Un po’ allarmista»

I commenti di Kluge hanno trovato eco nel Segretario della Salute britannico Matt Hancock che martedì ha detto che «dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere» per prevenire una seconda ondata del virus del Pcc.

Ma il professor Lawrence Young, virologo e oncologo dell’Università di Warwick, ha dichiarato mercoledì al MailOnline che considera i commenti di Hancock «un po’ allarmistici». «Ovviamente, dobbiamo restare vigili ed è vero che il numero di infezioni in alcune parti d’Europa sta aumentando, così come i ricoveri, ma non sono sicuro che questa sia davvero una ‘seconda ondata che attraversa l’Europa’».

Forma meno virulenta

Gli ulteriori motivi che potrebbero spiegare la grande discrepanza tra i nuovi casi e i decessi sono stati analizzati da Jefferson e Heneghan in un loro articolo pubblicato martedì sullo Spectator.

Nell’articolo i due ricercatori hanno scritto che il miglioramento dei trattamenti ospedalieri e le misure preventive messe in atto per rallentare la diffusione della malattia possono aver contribuito alla mutazione del virus in una forma meno virulenta. Tuttavia, nessuno può spiegare con certezza quali siano le cause del divario.

Heneghan e Jefferson hanno osservato che l’età media dei nuovi casi confermati si è abbassata notevolmente nell’ultimo periodo. Secondo loro, i test basati sulla Pcr, essendo «molto sensibili», stanno rilevando casi che non sono realmente infettivi perché le persone «stanno semplicemente eliminando particelle di virus innocue che il loro sistema immunitario ha affrontato in modo efficiente».

Queste persone non sono contagiose perché «solo i virus interi possono infettarci. I giovani il cui sistema immunitario è relativamente più dinamico sono esattamente nella fascia di età dei ‘positivi’ osservati e hanno meno probabilità di ammalarsi gravemente».

Queste osservazioni sono di nuovo in contrasto con quelle di Kluge, che affermava: «Sono molto preoccupato che sempre più giovani siano registrati tra i casi confermati e tra i decessi».

Heneghan e Jefferson hanno infine indicato la necessità di uno sforzo internazionale per standardizzare i test «per evitare questa duplice realtà e il rischio di isolare persone o intere comunità non infettive».

 

Articolo in inglese: UK and Italy CCP Virus Case Rises Likely Due to Mass Testing, Not Second Wave: Experts

 
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