La tragedia del traffico internazionale di bambini

Di Joshua Philipp

Le adozioni internazionali costituiscono un importante mercato che, considerata la scarsa regolamentazione e i potenziali guadagni, ha attratto sequestratori, trafficanti di esseri umani e persino pedofili.

Nonostante le normative sulle adozioni internazionali e il fatto che alcuni Paesi abbiano completamente vietato le adozioni dall’estero, il problema non è ancora stato risolto. I rapitori continuano a rifornire il mercato, e le agenzie che si occupano di adozioni continuano a operare ai confini della legge.

Ed Opperman, investigatore privato e conduttore del programma radiofonico statunitense The Opperman Report, ha dichiarato: «Mi sono imbattuto in qualcosa di veramente orribile».
Opperman ha iniziato occupandosi di casi in cui i genitori cercavano di rintracciare i propri figli, e di figli che cercavano i propri genitori biologici: «In alcuni Paesi non c’è alcun genere di controllo, e si possono ‘guadagnare’ molti soldi con le adozioni. Puoi andare in Thailandia o in alcuni paesi dell’Africa, prendere un bambino, e tornare in America senza alcuna documentazione». Persino in Russia, dove  le adozioni internazionali sono state pesantemente limitate, gli oneri burocratici sono minimi, tra cui un test, il controllo della fedina penale e un periodo di attesa.

A luglio del 2014, negli Stati Uniti è entrata in vigore una nuova legge, secondo cui tutte le organizzazioni che si occupano di adozioni devono essere autorizzate dalle autorità federali. La ‘Legge sull’accreditamento delle adozioni interstatali’ è stata approvata a seguito dei numerosi casi di sequestratori che vendevano bambini a orfanotrofi fuori dal loro Paese, a volte con la collaborazione di associazioni umanitarie, apparentemente legittime.

Il Guatemala ha bandito le adozioni internazionali nel 2007. Prima di allora, circa l’uno percento dei bambini nati nel Paese venivano adottati da coppie straniere. Nel 2011, il giornalista investigativo e scrittore, Erin Siegal Mc Intrye, ha ottenuto alcuni dossier dall’ambasciata Usa in Guatemala, che mostrano come i bambini venissero rapiti, e come le madri che tentavano di rintracciare i propri figli venissero minacciate di morte.

Dopo il giro di vite sulle adozioni in Guatemala, e dopo il suo allineamento agli standard internazionali previsti dalla Convenzione dell’Aja del 1980, l’industria delle adozioni internazionali si è spostata altrove, e la criminalità ha cercato altre fonti di guadagno. Tuttavia, gli abusi nel settore delle adozioni non sono cessati. Secondo la fondazione per la sicurezza del cittadino in Sudamerica InSight Crime, nel 2013 in Guatemala «le adozioni illegali sono state ‘fiorenti’ nonostante le regolamentazioni. Gran parte dei bambini sequestrati sono stati venduti clandestinamente per adozioni o per i loro organi».

Una ragazza irachena sfollata da Mosul parla con una dipendente del suo orfanotrofio nel nord dell’Iraq il 30 aprile 2017 (foto: Safin Hamed/Afp/Getty Images).

GLI ABUSI CONTINUANO

Sebbene la legge Usa del 2014 abbia posto fine all’anarchia di fatto in cui versavano le adozioni internazionali negli Stati Uniti, non è riuscita comunque a risolvere il problema.

Secondo Reuters, nel 2016 l’Uganda ha inasprito le leggi sulle adozioni per contrastare le ‘adozioni rapide’: infatti un bambino poteva essere rapito ai genitori e ‘adottato’ nel giro di pochi giorni. Reuters ha dichiarato che delle centinaia di bambini deportati dall’Uganda, la maggior parte era diretta negli Stati Uniti.

In India, i bambini impiegati per le adozioni vengono chiamati «orfani fabbricati». Il notiziario indiano Firstpost ha documentato che nel 2016 un racket di rapimenti per adozioni è stato scoperto a Kolkata, dove un’agenzia di adozioni è stata accusata di aver letteralmente rubato i bambini a «ragazze madri povere, donne vittime di stupro, e famiglie emarginate. […] In molti casi bambini sani sono stati sostituiti con bambini nati morti e alle madri è stato detto che i loro bimbi erano morti. A volte è stato chiesto ai genitori di firmare dei documenti che non erano in grado di leggere. I genitori credevano di firmare un documento per l’ammissione dei propri figli a una scuola locale gratuita, mentre in realtà stavano rinunciando a ogni diritto nei loro confronti».

Nel 2017 la polizia indiana ha arrestato il direttore di un centro adozioni che vendeva bambini a coppie straniere, in cambio di somme comprese tra i 12 mila e i 23 mila dollari per bambino.

Ma le situazioni problematiche sussistono anche negli Stati Uniti. Nel 2017, l’Fbi ha fatto irruzione nella sede della European Adoption Consulants nell’Ohio, che, secondo quanto riportato dalla Tv locale Wkyc, è accusata di non aver supervisionato le adozioni, in modo da impedire «la vendita, il rapimento, lo sfruttamento o il traffico di bambini». Sembra, inoltre, che facesse ricorso a tangenti e che ottenesse in maniera illegale il consenso dei genitori biologici. L’agenzia operava in Bulgaria, Cina, Colombia, Repubblica Democratica del Congo, Honduras, Panama, Haiti, India, Polonia, Tanzania, Uganda e Ucraina.

Secondo Peter Gleason, avvocato ed ex agente del Dipartimento di polizia di New York, il problema del traffico di bambini dietro le organizzazioni che si occupano di adozioni, è noto da parecchio tempo: «È sotto gli occhi di tutti: [i bambini, ndr] vengono sfruttati nel mondo del ‘lavoro’ per sesso, in tutti i modi».

LO SFRUTTAMENTO DELLE TRAGEDIE

I trafficanti di esseri umani approfittano persino delle calamità naturali. Il media australiano Abc News ha dichiarato che, subito dopo il terremoto di Haiti del 2010, «i trafficanti sono entrati in azione, sfruttando la debolezza delle autorità locali e lo scarso coordinamento tra i soccorritori, per rapire bambini».
La vicenda è finita sotto i riflettori internazionali quando Laura Silbsy, ex direttrice del New Life Children’s Refuge, è stata arrestata assieme a nove suoi connazionali statunitensi mentre tentava di portare 33 bambini, senza alcuna documentazione, oltre il confine con la Repubblica Domenicana. Silsby inizialmente sosteneva che i bambini fossero orfani abbandonati, ma il governo di Haiti e l’organizzazione benefica Sos Children’s Villages hanno scoperto che non era vero: nessuno dei bambini era orfano, tutti avevano almeno un genitore vivo. Inoltre, il consulente legale della Silsby era già stato arrestato perché pare fosse coinvolto in un traffico di donne e bambini dall’America Centrale e da Haiti.
L’ex presidente Usa Bill Clinton, che al tempo coordinava le operazioni di soccorso ad Haiti, era intervenuto nel caso, ottenendo che tutte le persone coinvolte nell’operazione, eccetto la Silbsy, fossero rilasciate. Inoltre, il pubblico ministero aveva ridotto l’accusa da ‘associazione a delinquere’ e ‘sequestro di bambini’ a ‘organizzazione di viaggi irregolari’.

IL ‘RICOLLOCAMENTO’ DEI BAMBINI

Tra le varie problematiche, secondo Opperman, c’è quella del ‘ricollocamento’, ossia quando la coppia che ha adottato un bambino lo ‘cede’ a nuovi genitori: questo passaggio avviene senza quasi nessuna regolamentazione.

Opperman ha affermato «Esiste una vera e propria rete, ci sono forum e gruppi su internet creati dalle persone che hanno adottato dei bambini ma non li vogliono più tenere e vogliono ricollocarli». Ha aggiunto che alcuni annunci descrivono bambini che hanno meno di dieci anni come ‘sessualmente aggressivi’, con problemi di droga, o ‘ansiosi di dare soddisfazione’. «Non c’è burocrazia. Semplicemente ti nominano suo tutore, ti danno il diritto di portare il ‘loro’ figlio a scuola, dal dottore e il gioco è fatto. Il bambino è andato. E ci sono casi documentati in cui questi bambini sono finiti tra le mani dei pedofili». Dopo che i bambini arrivano negli Stati Uniti, diventano soggetti a forme meno regolamentate di adozione, per questo è ancora più facile che diventino vittime di abusi.

Geoffrey Rogers, amministratore delegato dell’Istituto Usa contro il Traffico di Esseri Umani, ha dichiarato: «Circa il 60/70 per cento dei bambini coinvolti nel traffico di esseri umani negli Stati Uniti provengono dal sistema degli affidamenti».
Secondo un’inchiesta del 2015 dell’Arkansas Journal of Social Change and Public Service, «i ricollocamenti non sono regolamentati, non ci sono normative a proposito, e sono perlopiù una realtà sotterranea». Inoltre, l’inchiesta evidenzia che gran parte dei bambini vittime del ricollocamento è stata adottata da paesi esteri. Stando agli annunci, risulta che circa il 73 per cento provengono dall’estero, e solo il 7 per cento sono ‘pubblicizzati’ come nati negli Stati Uniti.

Nelle adozioni interne (agli Usa) sono previste prassi e procedure per tutelare la madre biologica, i genitori adottivi e il futuro del bambino. Secondo l’inchiesta: «queste tutele sono spesso assenti quando una coppia adotta un bambino proveniente dall’estero. […] I bambini nati negli ospedali americani o da cittadini americani sono provvisti di una documentazione attendibile, perciò i bambini adottati all’estero sono maggiormente a rischio».

Opperman ha specificato che le normative per le adozioni dall’estero cambiano parecchio da Stato a Stato. Tra gli Stati americani con le regolamentazioni più deboli c’è lo Utah, e ha sottolineato che alcune agenzie per le adozioni scelgono intenzionalmente di stabilire la propria sede negli Stati dove possono operare più ‘liberamente’. «C’è un paio di Stati dove non esiste praticamente nessuna regola, puoi fare tutto quello che vuoi. Anche quando l’adozione si svolge in Florida o a New York, queste agenzie completano la trafila burocratica in Utah».

«In ogni caso, non c’è alcun controllo sulle adozioni private. Una volta concluse, nessuno sa dove vadano a finire i bambini».

 

Articolo in inglese: Child Trafficking Through International Adoption Continues Despite Regulations

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