La scoperta di un pianeta gigante scuote la teoria della formazione planetaria

È stato scoperto un pianeta delle dimensioni di Giove, che orbita intorno a una stella grande la metà del Sole: una combinazione che secondo l’attuale teoria della formazione planetaria sarebbe fisicamente impossibile.

Gli astronomi dell’Università di Warwick hanno descritto il nuovo corpo celeste e la sua stella in un articolo pubblicato dal Monthly Notices of the Royal Astronomical Society. Il pianeta gigante, chiamato Ngts-1b, è una gigantesca palla incandescente di gas, che ruota intorno a una nana rossa, a 600 anni luce dalla Terra e, in rapporto alla dimensione della propria stella, è il più grande che sia mai stato scoperto.

Secondo le teorie comunemente accettate, nell’orbita di una piccola stella possono nascere unicamente piccoli pianeti rocciosi e, a rendere la cosa ancora più strana, c’è il fatto che Ngts-1b gira vicinissimo alla sua stella: si trova infatti a meno di cinque milioni di chilometri dal suo astro, mentre la terra dista oltre 148 milioni di chilometri dal Sole.

Inoltre Ngts-1b compie una rotazione intorno al proprio sole ogni 2,6 giorni, mentre la Terra come tutti sanno impiega 365 giorni per completare il moto di rivoluzione terrestre.

Gli astronomi dell’ European Southern Observatory (Eso) nel 2007 hanno annunciato di aver scoperto una “super Terra” a circa 20 anni luce di distanza, che attualmente sembra essere il pianeta più interessante nell’ambito della ricerca di vita extraterrestre (foto: Martin Bernetti/Afp/Afp/Getty Images).

Il professor Peter Wheatley, dell’Università di Warwick, ha affermato che «sebbene sia un pianeta gigante è stato difficile scoprirlo, perché la sua stella è piccola e poco luminosa. Le piccole stelle come questa nova rossa sono le più comuni nell’universo, perciò è possibile che ci siano innumerevoli pianeti giganti ancora sconosciuti».
Se fosse realmente così, gran parte delle teorie astronomiche sarebbero da riformulare.

L’Ngts-1b è il primo astro a essere stato scoperto con l’ausilio del Next-Generation Transit Survey (Ngts), un congegno ideato per la ‘caccia’ ai pianeti, che si trova nel Cile settentrionale. E’ dotato di 12 telescopi che cercano di individuare piccole oscillazioni cicliche nella luce emessa dalle stelle, poiché le piccole variazioni potrebbero indicare che un altro corpo celeste si è frapposto tra la stella e il telescopio.
Misurando le oscillazioni, gli scienziati riescono a determinare il periodo di rivoluzione del pianeta e, una volta individuato, studiano attentamente la stella: da alcune piccole variazioni nel moto rotatorio di quest’ultima, sono in grado di calcolare la massa del pianeta che le orbita intorno.

Il dottor Daniel Bayliss, curatore dello studio per l’Università di Warwick, ha commentato: «La scoperta di Ngts-1b è stata come un fulmine a ciel sereno: nessuno pensava che un pianeta così grande potesse esistere vicino a una stella così piccola. A questo punto la nostra sfida sarà scoprire quanti satelliti del genere esistono nella Galassia, e grazie al Next-Generation Transit Survey siamo nella giusta condizione per riuscirci. Questo è il primo esopianeta trovato grazie al nuovo sistema Ngts […], è sorprendente che questa scoperta ci abbia portati addirittura a mettere in dubbio le attuali teorie sulla formazione dei pianeti».

Il progetto astronomico Ngts è il risultato della collaborazione tra le università britanniche di Warwick, Leicester, Cambridge, la Queen’s University di Belfast, l’Osservatorio di Ginevra, la Dlr di Berlino e l’Università del Cile, ed è stato costruito nel deserto di Atacama in Cile, presso l’Osservatorio Europeo Australe del Paranal.
Peter Wheatley, direttore di questo progetto, ha dichiarato di essere molto soddisfatto dei risultati ottenuti dalla sua squadra: «Dopo aver lavorato per quasi un decennio allo sviluppo dell’Ngts, è stato elettrizzante vederlo scoprire una nuova e inattesa tipologia di pianeti. Sono ansioso di vedere quali altre emozionanti scoperte ci riserverà in futuro».

 

Articolo in inglese: Giant Planet Challenges Planet Formation Theory

Traduzione di Marco D’Ippolito

 
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