Il 5 ottobre migliaia di hongkonghesi sono scesi in strada a volto coperto per sfidare il nuovo divieto del governo, che rende illegale indossare indumenti che coprano il viso durante manifestazioni e raduni pubblici. La misura è stata adottata dal governo nell’ambito delle proteste contro l’interferenza di Pechino negli affari di Hong Kong, che proseguono ormai da oltre quattro mesi.
Il centro finanziario internazionale è rimasto temporaneamente paralizzato quando la società responsabile del sistema ferroviario (Mtr Corporation) ha sospeso tutti i propri servizi, nel pomeriggio di sabato 5 ottobre. Anche decine di centri commerciali e negozi hanno scelto di chiudere anticipatamente i battenti in occasione di questa giornata di proteste.
Nel primo pomeriggio i manifestati – protetti da ombrelli e maschere – si sono diretti dalla Baia di Causeway verso il Quartiere degli Affari per opporsi al nuovo divieto, che è stato annunciato il 4 ottobre sulla base di una legge di emergenza che non veniva applicata dal 1967.
Nel corso della giornata sono spuntate in tutta la città delle piccole proteste spontanee, spesso costituite semplicemente da persone che si sono tenute per mano per formare lunghe catene umane, simbolo dell’unità della popolazione di Hong Kong.
Resistere
Un manifestante con indosso una mascherina chirurgica color turchese ha dichiarato a un giornalista di Epoch Times: «In effetti ho paura. Ma se ci lasciassimo spaventare da ogni cosa, e dalla possibilità di essere arrestati, allora non saremmo in grado di raggiungere il nostro scopo: difendere Hong Kong».
L’intervistato, che ha preferito mantenere l’anonimato, ha dichiarato che questa è la prima volta in oltre 4 mesi di proteste che indossa una maschera. Il ragazzo teneva in mano un cartello con su scritto ‘Ho coperto il mio viso, arrestatemi per favore’, ed ha affermato caparbiamente: «Non è per proteggere la mia identità che mi sono coperto il volto, è per mostrare quanto sia irragionevole questa legge. Non dobbiamo arrenderci».
Il corteo era composto da un misto di famiglie, giovani manifestanti e anche alcuni occidentali, che hanno intonato un’ampia gamma di slogan, tra i quali: «Free Hong Kong», «Coprirsi il volto non è un crimine» e «resistere, resistere».
Tra i molti striscioni esposti dai manifestanti ce ne era uno molto lungo, di colore giallo, con su scritto: «Che Hong Kong possa tornare ad essere gloriosa».
Diversi partecipanti hanno dichiarato che la nuova legge non fa che accrescere il timore che la città potrebbe presto diventare indistinguibile dalla Cina continentale, dominata dal Partito Comunista, dove lo Stato di diritto non esiste.
Libertà fondamentali
Una manifestante di nome Tonia ha dichiarato davanti ai microfoni di New Tang Dynasty Television: «Penso che sia una libertà fondamentale quella di poter scegliere cosa indossare e quando farlo». Ha poi aggiunto di essere fiera del fatto che gli hongkonghesi «stiano riunendo tutte le proprie forze per resistere e opporsi al regime totalitario» che sta minacciando le loro libertà fondamentali.
Il 4 ottobre un ragazzo di 14 anni è stato ferito alla gamba da un colpo di pistola esploso da un poliziotto fuori servizio; è stato il secondo ferito da arma da fuoco per mano della polizia da quando le proteste di massa hanno avuto inizio, nel mese di giugno.
Un’altra manifestante, una ragazza australiana cresciuta a Hong Kong, ha dichiarato di essere arrabbiata per gli avvenimenti del giorno precedente poiché «il governo non sta ascoltando la popolazione – racconta – Quando ero piccola pensavo che la polizia esistesse per proteggere i cittadini e i residenti, ma ora stiamo vedendo che non è cosi». Ha poi aggiunto che anche molti dei suoi amici occidentali di Hong Kong sostengono il movimento.
Dall’altra parte, la polizia antisommossa, all’imbrunire, ha schierato idranti e agenti dotati di gas lacrimogeni in molti quartieri della città.
Complessivamente, dall’inizio delle proteste sono stati arrestati oltre 2 mila manifestanti, e la polizia ne ha accusati oltre quattrocento, incluso il ragazzo ferito il 4 ottobre.
I timori dell’opinione pubblica
Almeno 24 parlamentari del Partito per la democrazia locale hanno presentato un appello presso la Corte Suprema per bloccare l’implementazione del divieto. Tuttavia, il 4 ottobre stesso, il giudice della Corte ha respinto la procedura di emergenza per fermare il divieto, e nei prossimi giorni si terrà un regolare processo.
Il 5 ottobre la senatrice pro-democrazia Claudia Mo ha dichiarato durante una conferenza stampa: «Questa legge anti-maschere […] è un arma di distruzione di massa». Con l’ordinanza di emergenza «lei [il Capo dell’esecutivo di Hong Kong Carrie Lam, ndr] può fare qualsiasi cosa».
Anche funzionari e gruppi per i diritti umani dal resto del mondo hanno manifestato la propria opposizione al divieto anti-maschere, affermando che rischia di aggravare ulteriormente le tensioni esistenti.
Human Rights Watch ha criticato il divieto affermando che è «una limitazione sproporzionata del diritto di riunirsi pacificamente».
Maya Wang, ricercatrice presso Human Rights Watch, ha dichiarato il 4 ottobre: «Le autorità di Hong Kong dovrebbero difendere i diritti, non reprimerli». Ed ha sottolineato che il divieto è un chiaro segnale che «il governo ha intenzione di violare ulteriormente i diritti [dei cittadini, ndt] per sedare le proteste».
Articolo in inglese: Hongkongers Defy Mask Ban as City Grinds to a Halt
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