La Gronda di Genova, la Tav e la paralisi dell’edilizia pubblica

Quando ai primi di febbraio sono iniziati i lavori di smantellamento del ponte Morandi – che è crollato lo scorso agosto uccidendo 43 persone – il ministro delle infrastrutture Toninelli ha dichiarato che il «nuovo ponte sarà il simbolo della rinascita dell’Italia».

Tuttavia c’è un’altra opera, poco distante dal ponte Morandi, la cui vicenda esemplifica al meglio lo stato reale dello sviluppo delle infrastrutture in Italia: la Gronda di Genova.

Alla fine del 2018, dopo oltre vent’anni di progetti, le ruspe erano pronte ad avviare i lavori per la costruzione dell’opera, che prevede 72 chilometri di tracciati autostradali per alleggerire il traffico sulla A10, di cui faceva parte anche il ponte Morandi. Ma proprio quando le autorità locali pensavano di aver superato tutti gli ostacoli burocratici, il governo ha richiesto da Roma una nuova analisi costi-benefici.

Il sindaco di Genova, Marco Bucci, ha commentato con le seguenti parole la vicenda, di fronte ai microfoni di Reuters: «Abbiamo i soldi, abbiamo l’approvazione di tutti… poi arriva un nuovo governo e blocca tutto. […] La burocrazia, lo scarica barile, la politica e i contenziosi legali sono il vero problema dell’Italia».

Secondo i costruttori la vicenda della Gronda è sintomatica dei più ampi problemi che affliggono il settore edile italiano, poiché le procedure di pianificazione eccessivamente complicate hanno azzoppato centinaia di nuovi progetti e rallentato le riparazioni delle infrastrutture esistenti.

Gli operai edili smantellano il ponte Morandi crollato a Genova, Italia, il 7 febbraio 2019. (Massimo Pinca/File Foto/Reuters)

La conseguente crisi ha condotto circa 120 mila imprese edili al fallimento negli ultimi 10 anni e indebolito l’economia italiana, la terza principale economia dell’eurozona, che ora si trova in uno stato di recessione per la terza volta nell’ultimo decennio.

Il presidente dell’Associazione Nazionale Costruttori Edili (Ance), Gabriele Buia, ha dichiarato: «Mentre l’Italia cade a pezzi, migliaia di imprese, assieme ai loro dipendenti, stanno perdendo il lavoro a causa di questa immobilità».
Il sito web dell’Ance ha pubblicato i dettagli di circa 600 progetti edili, per un valore complessivo di circa 36 miliardi di euro, tra cui la Gronda di Genova, bloccati prevalentemente dalla soffocante trafila burocratica.

Verso il collasso

A giugno, dopo aver formato il nuovo governo, Lega e Movimento 5 Stelle hanno promesso che avrebbero sbrogliato la matassa burocratica che sta stritolando le imprese italiane.

Tuttavia il Movimento 5 Stelle ha richiesto una serie di analisi costi-benefici che hanno bloccato numerosi progetti, inclusa la Gronda e la Tav che dovrebbe collegare Torino e Lione, i cui lavori erano già iniziati.
L’analisi sulla Gronda deve ancora essere completata, mentre quella relativa alla Tav, rilasciata questo mese, ha espresso un parere fortemente negativo sulla realizzazione della tanto dibattuta infrastruttura ferroviaria.
Buia ha dichiarato a Reuters: «La Tav è vitale per la crescita del nostro Paese. Abbiamo calcolato che genererebbe 50 mila posti di lavoro […] fermando i lavori ci stiamo danneggiando da soli».

I critici sostengono che i lunghi processi di pianificazione rendano troppo facile per le nuove amministrazioni, sia a livello locale che nazionale, smantellare il lavoro dei loro predecessori.

In effetti, per i progetti che costano più di 100 milioni di euro, sono necessari in media 6 anni per l’ottenimento tutti i permessi da parte dei numerosissimi enti pubblici, un anno e quattro mesi per le assegnazioni degli appalti, e oltre 7 anni per costruire concretamente l’infrastruttura.

«Perché ci vuole più di un anno per assegnare gli appalti, e perché se una delle aziende coinvolte fallisce quando i lavori sono in corso bisogna ripetere dall’inizio le procedure di appalto? È follia», ha asserito Bucci, il sindaco di Genova.

Ad ogni modo è innegabile che le le imprese italiane si trovino spesso in difficoltà.

Negli ultimi otto mesi, Astaldi, la seconda impresa edile più importante in Italia, e Cmc, la quarta, hanno presentato istanza di tutela di creditori, mentre Condotte, la terza per giro di affari, ha presentato istanza di fallimento.

La più grande impresa edile italiana, la Salini Impregilo, genera invece il 93 per cento del proprio fatturato all’estero. L’amministratore delegato Pietro Salini ha dichiarato a Reuters: «Se siamo tentati di abbandonare l’Italia? In realtà l’abbiamo abbandonata molto tempo fa».

In passato, per contrastare il problema della corruzione, il governo italiano ha reso molto più restrittivo il regolamento edilizio, ma ha tuttavia prodotto degli effetti collaterali che stanno paralizzando l’intero settore. Per questo, l’attuale governo ha promesso la revisione del suddetto regolamento, ma i lavori sono slittati da novembre a marzo a causa delle complessità delle modifiche e del timore che avrebbero potuto favorire la criminalità organizzata. 

 

Articolo in inglese: Genoa Bridge Project a Rare Beacon for Italian Construction, Mired in Red Tape

 
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