La dittatura che inganna col sorriso

Diversi media ‘mainstream’ hanno di recente pubblicato articoli di giubilo per la presenza della Corea del Nord alle Olimpadi invernali di Pyeongchang.

Il New York Times, per esempio, ha commentato elogiando le cheerleader nordcoreane, e Reuters ha affermato che il la dittatura comunista è stata «giudicata vincitore dell’oro diplomatico». E non sono mancate lodi sperticate anche per la sorella dell’instabile tiranno nordcoreano, Kim Yo-jong, che è a capo del Dipartimento per l’Agitazione e la Propaganda del regime.

Il New York Times – esempio fra molti – ha osservato come la capa della propaganda della dittatura nordcoreana, abbia fatto sfoggio di un «sorriso da sfinge senza nemmeno mai parlare in pubblico», e che così facendo avrebbe persino dato un messaggio diverso, rispetto a quello delle sanzioni di Donald Trump: un messaggio di «riconciliazione».

Gli articoli hanno dato mostra dell’incoerenza nelle posizioni di molti di questi mezzi d’informazione, che di recente hanno preso a elogiare il regime comunista, non appena questo ha fatto un minimo ‘passo indietro’ rispetto allo scontro con gli Usa. Solo pochi mesi fa, infatti, gli stessi giornali avevano affermato che le posizioni di Trump rischiavano di portare il regime a scatenare una guerra nucleare.

Insomma: la ripulita propagandistica nordcoreana ha avuto pieno successo. E il maggior aiuto è arrivato dall’Occidente.

Numerosi lettori hanno subito criticato questi articoli elogiativi sulle squadre della propaganda nordcoreana, e altri giornali hanno ribadito come dietro quelle facce sorridenti vi sia un sistema oppressivo. Business Insider, per esempio, ha riferito che «gli atleti olimpionici nordcoreani sono sorvegliati 24 ore su 24 da una squadra che può braccarli qualora tentassero di scappare». Vice News ha ricordato che, nel 2005, dopo che la squadra di cheerleader nordcoreana si è esibita in Corea del Sud, il regime comunista ha mandato ventuno atleti nei campi di prigionia, solo perché avevano osato parlare di quello che avevano visto all’estero.

Ma, fortunatamente, non tutti i giornalisti hanno la memoria tanto corta. Joe Concha, giornalista di The Hill, ha infatti scritto su Twitter: «Vi ricordo solo una cosa: la sorella di Kim Jong-un è letteralmente il capo del Dipartimento per l’Agitazione e la Propaganda. I sovietici lo chiamavano Agitprop. Il NY Times e altri giornali, con questo giornalismo servile, stanno fornendo alla Corea del Nord più di quanto avrebbe mai potuto sognare. Abbiamo perso la ragione».

 

Articolo in inglese: Journalists Fawn Over North Korean Cheerleaders and Chief of Propaganda and Agitation

Traduzione di Vincenzo Cassano

 
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