La cospirazione del ‘deep state’ è in realtà una rivoluzione di stampo neo-marxista

L’autore del commento, Clifford Humphrey è originario di Warm Springs, in Georgia. Attualmente è dottorando in scienze politiche al Hillsdale College del Michigan

 

Sin dall’inaugurazione della presidenza Trump, il cosiddetto Stato profondo [deep state, ndt] si è dovuto in parte levare la maschera, ma la scorsa settimana, sul New York Times, l’ha gettata via del tutto.

«Il presidente Trump ha ragione: lo Stato profondo è vivo e vegeto», ha affermato un membro del comitato editoriale del giornale. Lo Stato profondo, si spiega, è un piccolo numero di esperti che, a volte apertamente, a volte di nascosto, si oppongono e minano il legittimo presidente degli Stati Uniti.

Nel 2018, l’ex direttore dell’Fbi James Comey ha insistito nell’affermare che «non esiste uno Stato profondo»; a quel tempo, i partecipanti a questa organizzazione nascosta o parallela si definivano semplicemente «la resistenza», ma da allora sono diventati più onesti (o più spudorati).

Ora, ammettono di far resistenza a Trump, non perché minaccia un certo status quo costituzionale, ma perché minaccia i loro obiettivi di avere il controllo del potere e ostacola la rotta (o meglio deriva) che con tanta persistenza hanno tracciato per arrivare a una rivoluzione politica su cui hanno lavorato per decenni.

Mirano infatti a cambiare la forma di governo degli Stati Uniti da una repubblica costituzionale che «cerca di assicurare Benedizioni e Libertà a noi stessi [il popolo americano, ndt] e ai nostri posteri» in una tecnocrazia burocratica che cerca di imporre al popolo americano una interpretazione della giustizia di stampo neo-marxista nascosta sotto le spoglie di una «lotta globale per la dignità umana e la libertà».

Qualcuno una volta ha osservato come tutti i conflitti politici in una comunità siano legati alla «controversia politica più fondamentale», cioè alla questione di chi dovrebbe governare. Lo Stato profondo non è una cospirazione: è una rivoluzione.

L’ascesa della tecnocrazia burocratica

L’autore dell’editoriale del New York Times ha titolato il suo pezzo, «Non sono la Resistenza. Non sono la cabala. Sono funzionari pubblici», e chiama questi agenti dello Stato profondo «eroi». Sono eroi perché «proteggono gli interessi, non di un leader particolare, ma del popolo americano».

Anche Kim Jong-Un afferma di servire gli interessi della Repubblica Popolare Democratica di Corea (del Nord). Come Kim, gli agenti dello Stato profondo in realtà non sono responsabili delle persone che sostengono di servire; difatti la responsabilità viene attraverso le elezioni, ed è l’unico modo in cui un popolo può conservare la sovranità.

L’autore afferma che gli agenti dello Stato profondo sono «dipendenti pubblici»; tuttavia, quando preferiscono le proprie politiche a quelle dei funzionari eletti legalmente, non agiscono come servitori del popolo (o dipendenti pubblici); al contrario, ne diventano sovrani illegittimi.

Tuttavia nell’articolo del New York Times viene detto che possiamo fidarci di questi eroi dello Stato profondo, perché sono esperti che conoscono cose come «scienza, competenza e fatti», cose che il popolo americano non riesce a capire quando vota. In altre parole si può facilmente concludere che questi agenti dello Stato profondo credano che gli Stati Uniti non siano più una repubblica nella quale il popolo è sovrano; per loro, si tratta di una tecnocrazia in cui loro, gli esperti, governano di fatto.

Inoltre essi operano con ogni mezzo necessario, indipendentemente dalla Costituzione. Lo Stato profondo sostituisce la Costituzione, attraverso la quale il popolo sovrano esprime la propria volontà, con una burocrazia, attraverso la quale i suoi agenti dettano e giustificano qualsiasi politica desiderino.

La parola «burocrazia» è illuminante. È simile alla «democrazia», ​​che significa regola o letteralmente «potere» del popolo; «burocrazia», tuttavia, significa «il potere della scrivania».  Si provi a discutere con un burocrate: è come discutere con una scrivania, per questo nessuna persona che si sottomette alla regola di una burocrazia non responsabile può davvero definirsi libera e sicura.

Nuovo regime, nuova interpretazione della giustizia

Lo Stato profondo non mira solo a rovesciare la forma repubblicana di governo degli Stati Uniti, ma mira anche a rafforzare una nuova comprensione e interpretazione della giustizia. Un precedente editoriale del New York Times, intitolato «We Are Not the Resistance» [Noi non siamo la resistenza, ndt] spiega esattamente quale forma di giustizia i tecnocrati dello Stato profondo stanno cercando di imporre al popolo americano.

All’autore non piace la parola «resistenza» e sottolinea che in realtà è una parola conservatrice. Mette in guardia sul fatto che resistere solamente a Trump potrebbe significare «tentare di impostare degli obiettivi troppo bassi» e soprattutto «dimenticare il nostro scopo e il nostro posto nella storia»; considera cioè gli scopi dei burocrati/tecnocrati dello Stato profondo come una sorta di missione religiosa universale.

Al contrario afferma che in realtà «è Donald Trump la resistenza». È l’elemento che sta facendo resistenza alla nascita di una «nuova nazione» che sta «lottando per nascere».

L’elezione del presidente Barack Obama avrebbe dovuto simboleggiare «la nascita imminente di questa nuova America», ma ora Trump sta rovinando il piano resistendo all’attuazione di una nuova interpretazione della giustizia.

Tuttavia la nuova giustizia di questa «nuova nazione» è esattamente opposta a quella intesa nella fondazione degli Stati Uniti: i fondatori hanno affermato che «tutti gli uomini sono creati uguali»; invece nella «nuova nazione» tutti gli uomini appartengono a vari gruppi disuguali.

Chiamano questa nuova giustizia «giustizia sociale» e quello che succede è che i suoi i propagandatori cercano di mischiare e intrecciare insieme le condizioni di tutti i popoli presumibilmente oppressi del mondo in un nuovo proletariato che la storia sta usando per rovesciare l’oppressione della nuova borghesia governata dal patriarcato maschile, bianco e cisgender [nuovo termine per classificare chi è a proprio agio con l’appartenenza al proprio genere di nascita e ruolo sociale ad esso legato, opposto di transgender, ndt].

L’autore afferma chiaramente: «Miriamo[…] a immaginare di nuovo il significato della giustizia in America». E i dettami della giustizia sociale non dipendono dalle elezioni, motivo per cui gli agenti dello Stato profondo si sentono giustificati a trascurare i risultati elettorali quando sono in conflitto con la «radicale evoluzione della democrazia americana».

Lo Stato profondo è democratico quanto la Corea del Nord. Non è evoluzione democratica; è una rivoluzione politica.

E questa è la vera ironia dello Stato profondo: i suoi agenti, opponendosi a Trump, affermano di servire gli interessi del popolo americano, ma dimenticano che le persone che hanno scelto Trump lo hanno fatto proprio perché sapevano benissimo chi egli fosse e cosa avrebbe fatto: era la loro volontà e la loro scelta.

Lo Stato profondo non sta minando l’autorità di Donald Trump, ma quella del popolo sovrano degli Stati Uniti. Se agli alleati dello Stato profondo non piace il termine «resistenza», forse si potrebbe suggerire loro un termine che si confà meglio a loro comportamento e sarebbe appunto «tradimento»; questo sì spiegherebbe meglio cosa stanno facendo realmente.

Le opinioni espresse in questo articolo sono le opinioni dell’autore e non riflettono necessariamente le opinioni di The Epoch Times.

Articolo in inglese    The Deep State Isn’t a Conspiracy, It’s a Revolution

 
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