Falun Gong, la fine dell’incubo inizia dalle periferie

La persecuzione contro i praticanti della disciplina spirituale ‘Falun Gong’ dura ormai da 17 anni, ed è tra le più feroci campagne politiche ai danni di una delle più grandi comunità spirituali cinesi. Ma oggi, nonostante le direttive del governo cinese siano rimaste invariate, i poteri locali delle singole giurisdizioni stanno iniziando a resistere alla loro attuazione.

In alcune città continuano gli arresti di massa, tra cui quasi 20 fermi in una città portuale nei primi di dicembre. Eppure i tribunali, le procure e le stazioni di polizia locali hanno scelto molto spesso di non formalizzare accuse contro i singoli seguaci, attribuendo di solito il mancato arresto a una «insufficienza di prove».

Il Falun Gong è una pratica spirituale priva di un’organizzazione formale, la cui essenza trasparente è facilmente comprensibile leggendone i libri ‘Zhuan Falun’ e ‘Falun Gong’.
Nel 1999, lo Stato cinese stimava che circa 100 milioni di persone praticassero questa disciplina: un numero maggiore a quello degli iscritti al Partito Comunista. Questo il motivo dell’inizio della persecuzione di massa.

Secondo gli osservatori, gli atteggiamenti più ‘miti’ che si stanno diffondendo di recente, sono legati probabilmente all’empatia dei singoli funzionari locali e alla discontinuità dell’offensiva governativa. D’altro canto, in mancanza di un cambio nella politica ufficiale del Partito Comunista Cinese, simili episodi di tolleranza rimangono solo sporadiche eccezioni alla regola.

‘ALZARE IL FUCILE DI UN CENTIMETRO’

Dal 1999, anno in cui l’allora leader del Partito Comunista Cinese Jiang Zemin ha ordinato «l’eliminazione» del Falun Gong, sono stati uccisi oltre 4 mila persone innocenti, mentre centinaia di migliaia ancora subiscono una qualche forma di detenzione. I dati sono stati raccolti da Minghui.org, un sito web del Falun Gong che raccoglie informazioni di prima mano sulla persecuzione. A causa della difficoltà nel reperire informazioni dalla Cina, Minghui.org stima che il numero di morti sia in realtà molto più alto.

Secondo diversi osservatori, per i detenuti nelle carceri cinesi si profila persino il rischio di trasformarsi in vittime del prelievo forzato di organi: in uno studio di quasi 700 pagine pubblicato a giugno è emerso come, tra il 2000 e il 2015, siano stati eseguiti annualmente tra i 60 mila e i 100 mila trapianti di organi, con ‘donatori’ vivi, scelti i tra i prigionieri di coscienza, la maggioranza dei quali sono praticanti del Falun Gong. Il prelievo forzato degli organi, normalmente causa la morte dei detenuti.

Sulla carta, nulla è cambiato nel 2016: ancora Minghui.org, ha documentato quasi 3 mila casi di persecuzione, in linea con la media del 2015. In dieci mesi il regime ha eseguito 961 arresti e condanne; il 7 e l’8 dicembre 2016, degli agenti della sicurezza interna e della polizia di Tianjin hanno arrestato 20 praticanti del Falun Gong.
Nella maggioranza dei casi, gli agenti hanno fatto irruzione nelle loro abitazioni per tentare di costringerli a rinnegare il loro credo spirituale davanti a delle telecamere; altre volte hanno invece svolto perquisizioni sommarie e sbattuto le vittime all’interno delle volanti.

Il 7 dicembre è anche la data in cui la Seconda Corte Intermedia di Tianjin ha respinto l’istanza di riesamina per il processo a Zhou Xiangyang e Li Shanshan, la drammatica vicenda di due coniugi che ha attirato l’attenzione internazionale e scatenato numerose petizioni.

Sarah Cook, un’analista della Ong specializzata in diritti umani Freedom House, sostiene che questi arresti costituiscano un «tentativo della polizia di scoraggiare qualsiasi forma di attivismo da parte dei praticanti del Falun Gong». Ma questo stesso settembre i legali di Zhou e Li sono riusciti a sostenere in tribunale i principi cardine della disciplina spirituale (verità, compassione e tolleranza), e non hanno subito ripercussioni per la difesa dei due coniugi.

Nel frattempo, in un’inchiesta di Minghui.org del 14 dicembre, sono documentati sette casi del 2016 in cui la macchina della legge ha rinunciato a perseguire i praticanti, nelle province di Shanxi, Hebei, Liaoning e Jiangsu e nelle città di Pechino e Qiqihar, a causa della mancanza di ragioni sufficienti per giustificare un fermo. Tanta clemenza costituisce una novità.

Un avvocato cinese che ha difeso i praticanti del Falun Gong (che rimane anonimo per ovvie ragioni di sicurezza), ha raccontato di aver chiesto ai magistrati, insieme ad altri suoi colleghi, di seguire la propria coscienza nei casi riguardanti il Falun Gong, e di «sollevare il fucile di un centimetro»: quanto basta per evitare le condanne più severe. I vari funzionari «non hanno raggiunto un intero centimetro, ma comunque hanno mirato più in alto».
«Non ho mai sentito una parola di protesta contro i miei suggerimenti», aggiunge infatti l’avvocato. 

Va sottolineato che, in Cina, gli avvocati per i diritti civili molto spesso subiscono a loro volta arresti e torture quando rappresentano la difesa nei processi relativi al Falun Gong.

Alcuni colleghi dell’avvocato hanno incontrato giudici che più esplicitamente hanno dichiarato: «Se c’è modo di non condannarli, o di non arrestarli, non lo facciamo».
Più in generale, vengono emesse sentenze meno oppressive: due o tre anni massimo di reclusione anziché sette, e alcuni centri di detenzione permettono ai prigionieri persino di svolgere gli esercizi di meditazione del Falun Gong nelle celle.

STATICITÀ CENTRALE, EMPATIA CAPILLARE

Questo approccio ambivalente in Cina è dovuto alla coscienza di certi funzionari pubblici locali, piuttosto che a un radicale cambio politico: «Da un lato c’è una chiara evidenza su come il governo centrale promuova diverse attività repressive nei confronti del Falun Gong – scrive Stephen Noakes, professore di politica cinese all’Università di Auckland – Dall’altro è altresì lampante come gli incaricati a svolgere effettivamente tali incarichi li reputino insensati: uno spreco di risorse nel quadro delle sfide sociali che la Cina emergente sta affrontando».

«Quando una campagna politica diventa un programma del Partito, è molto difficile cambiarne il corso – osserva Heng He, un commentatore di New Tang Diynasty Television (NTD) – Queste campagne dureranno finché non giungerà un ordine dall’alto. Tuttavia, in assenza di Jiang Zemin a portare avanti la persecuzione, o dei suoi fedelissimi come Zhou Yongkang, è possibile che rimanga spazio di manovra per quelli che non vogliono assumersene la responsabilità, o per altri che invece agiscono benevolmente secondo coscienza».

E considerando che la persecuzione del Falun Gong è ancora ufficialmente in corso – aggiunge Heng – le recenti resistenze dall’interno del sistema costituiscono buone notizie. «In futuro – conclude – potremmo averne più esempi».

Per approfondire: 

 

Articolo in inglese: Some Places in China Waver on Persecution of Falun Gong

Traduzione di Alessio Penna

 
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