La Cina nella cultura teatrale dell’Operetta italiana

Negli anni 20 del 20esimo secolo, l’orientalismo e il fascino di Paesi ancora sconosciuti come la Cina con la sua cultura millenaria sono diffusi in tutta Europa: le donne parigine di quegli anni che indossano i tailleur chinois si fanno portavoce di viaggi, popolazioni e culture sconosciute; gli stilisti creano preziosi capi ricamati con uccelli esotici, utilizzando tessuti che evocano atmosfere orientali, come i crépe de chine e i Pekin Mitsuko; e si organizzano anche balli cinesi all’opera di Parigi, dove nel 1923 Paul Poiret (considerato il primo stilista moderno) si presenta in ‘mandarino’.

Anche l’Italia non è esente da questa contaminazione orientaleggiante, che si riflette in vari aspetti culturali e in particolare nel genere musicale dell’operetta, molto in voga all’epoca.

Con il termine ‘Operetta’ ci si riferisce a un tipo di rappresentazione teatrale e musicale dove è predominante l’alternanza di parti musicali e dialoghi. Famosa per la sua vivacità musicale e, soprattutto, per l’aspetto coreografico, l’Operetta vede la danza come nucleo fondamentale dello spettacolo.

Il migliore esempio del fervore orientaleggiante dell’epoca, è l’operetta in tre atti Cin-Ci-Là, scritta dal maestro Carlo Lombardo (Napoli, 1869 – Milano, 1969) autore, compositore, produttore, regista ed editore dell’Operetta italiana (e considerato il padre dell’Operetta stessa).

Cin-Ci-Là con le musiche di Virgilio Ranzato, fu presentata per la prima volta il 18 dicembre 1925 al teatro Dal Verme di Milano ed è ambientata nella Cina di Macao all’epoca della dinastia Ming.
I costumi di scena, le scenografie e la storia evocano in chiave satirica una Cina esotica e ancora incontaminata, che nei suoi rapporti con l’Occidente acquista malizia e perde virtù.

Per approfondire il genere dell’Operetta e in particolare su Cin-Ci-Là, Epoch Times ha intervistato via e-mail Carlotta Lombardo di San Chirico, direttore artistico della Casa Musicale Lombardo (storica casa editrice leader mondiale nel mercato dell’Operetta), che ha risposto alle domande insieme al direttore d’orchestra e compositore Vito lo Re e a Stefano Sansoni, responsabile delle pubbliche relazioni.

Pensando a opere come ‘Turandot’, ‘Madame Butterfly’ o alla stessa operetta di suo nonno Carlo Lombardo dal titolo ‘Cin-Ci-Là’, ritorna sempre il tema dell’oriente o della Cina. Perché secondo lei c’è sempre stato questo fascino per l’oriente e la Cina soprattutto?

Carlotta Lombardo di San Chirico
Sono mondi lontani adesso, figuriamoci allora: ispiravano gli artisti a immaginare mondi sconosciuti. Ebbene, per Carlo Lombardo non lo erano: mio nonno viaggiava in lungo e in largo per il mondo; le redazioni dei giornali facevano fatica a seguirlo nei suoi lunghissimi e lontanissimi viaggi. Addirittura negli anni ’20 su un articolo di giornale lo diedero per disperso… Invece era in Sud America nel mezzo di una rivoluzione! Mio nonno visitò Cina e Giappone. La Cina gli lasciò un’immagine indelebile che si tramutò in amore per questa terra e per questa civiltà. Compose così Cin-Ci-Là: testo e parte della musica. Il Giappone gli ispirò Le tre Lune.Lombardo era autore compositore ma soprattutto editore e produttore, oltre che regista, dei suoi spettacoli; compose così un pezzo che doveva entrare nel gusto di tutti e questo brano è il celebre Oh Cin-Ci-Là. Molti si chiedono quali furono allora i pezzi scritti da Lombardo e quali dal maestro Virgilio Ranzato, primo violino della Scala ingaggiato da mio nonno per comporre le musiche di questa nuova operetta.Ebbene, Ranzato profuse arie bellissime: Il blues del carillon, La favola delle tortore, Il fox delle lanterne. Ma brani come Oh Cin-Ci-Là, Così, così si fa, La canzone della margherita e L’ultima bambola, li scrisse Lombardo, perché la musica doveva trionfare. E pure dovevano vincere al botteghino. Così fu: Cin-Ci-Là arrivò a incassare cifre sbalorditive per l’epoca.

Ha qualche aneddoto familiare che si ricorda, o che è stato tramandato in famiglia, su come nacque in particolare l’opera Cin-Ci-Là o qualche evento familiare che collegato?

Carlotta Lombardo di San Chirico
Non tutti sanno che doveva essere l’illustre maestro Giacomo Puccini a musicare il libretto di Cin-Ci-Là. Infatti l’ambiente è sommariamente analogo in Estremo Oriente. Puccini aveva assicurato a Lombardo che si sarebbe accinto a musicare l’operetta dopo aver concluso “Turandot”; non riuscì né nell’uno né nell’altro progetto, perché si ammalò di un tumore alla gola che l’avrebbe costretto a recarsi a Bruxelles, per subire quell’operazione che poi lo avrebbe condotto alla morte nel novembre del 1924. Ancora prima che ciò avvenisse, Lombardo – prevedendo come sarebbero andate le cose e pressato dai programmi di messa in scena – pensò di rivolgersi a un altro musicista e lo trovò nel veneziano Virgilio Ranzato, il quale era primo violino alla “Scala” di Milano, in quella che era allora la più grande orchestra del mondo, diretta da Arturo Toscanini. La seconda curiosità riguarda il cartellone di presentazione dell’operetta: Carlo Lombardo l’aveva concordato con il suo capo dell’ufficio pubblicità quando ancora si pensava che a musicare il lavoro dovesse essere Giacomo Puccini; pertanto, l’immagine era accompagnata dal nome del musicista a lettere a caratteri cubitali; molto più piccolo il nome del librettista, che era lo stesso Lombardo. Trascorse più di un anno, e Lombardo che era sempre in viaggio, non si accorse che intanto era andato in stampa il cartellone con il nome di Ranzato a lettere enormi e il suo molto più piccolo!

Come fu accolta l’opera di suo nonno alla sua prima rappresentazione a Milano?

Carlotta Lombardo di San Chirico
Fu un successo al botteghino senza fine, che durò per anni: Cin-Ci-Là andò in scena nei più grandi teatri del mondo, e fece una lunga tournèe in America e in Germania negli anni ’30-40. Anche negli anni ’80 Cin-Ci-Là andò in scena negli Stati Uniti, Germania, Austria, Giappone.

Quale è la situazione dell’Operetta oggi? 

Stefano Sansoni
Grazie all’impegno della Casa Musicale Lombardo, le compagnie di tutta Italia possono usufruire di oltre 200 spartiti e libretti di sala che ‘salvano’ il patrimonio dell’Operetta Italiana. Una forma d’arte che non ha una specifica collocazione, ma che vive con l’entusiasmo e la partecipazione delle numerose compagnie europee e in Italia…. Per quanto riguarda la ricerca, nel 2015 abbiamo strutturato il progetto Adagio mangiando adagio una cronistoria sul legame cibo-operetta in Italia (con la partecipazione di chef stellati) in occasione di Expo 2015, con tappe presso il teatro San Babila di Milano, il padiglione FuoriExpo Toscana e il teatro di Verdura di Palermo. Nel 2016 saremo impegnati in un percorso di ricerca che toccherà la tradizione cinese, con la collaborazione della Pubblic Library of New York sulle scenografie, le tradizioni culinarie e la socialità ai tempi di Cin-Ci-Là.

Quali sono le differenze tra l’Opera e l’Operetta?

Vito Lo Re
Le differenze sono molteplici. La più evidente è che il melodramma prevede un esito funesto della trama e quasi sempre la morte del protagonista. L’Operetta invece ha un mood decisamente più leggero e scanzonato. Vi regnano l’ironia e il divertimento. Una seconda differenza sostanziale, è che l’opera è tutta cantata, mentre l’Operetta (in questo senso vera antesignana del moderno musical) alterna parti cantate a parti recitate; tanto è vero che almeno a due personaggi tipici della struttura dell’operetta (il comico e la soubrette) si chiede più di essere bravi attori che cantano, piuttosto che cantanti lirici propriamente detti.

Che cosa ne pensa dell’Opera?

Vito Lo Re
L’opera è una forma d’arte che abbiamo inventato noi italiani ed è senza dubbio parte integrante e imprescindibile del nostro patrimonio culturale.

Epoch Times parla molto di Cina, sia di quella attuale, soprattutto per quanto riguarda la situazione dei diritti umani, che di Cina antica puntando al recupero delle sue antiche tradizioni. Per questo motivo è orgoglioso sponsor di Shen Yun, uno spettacolo attualmente in tour a livello mondiale che riporta in vita 5 mila anni della antica civiltà cinese attraverso la danza, la musica, le storie, i costumi. Lo spettacolo presenta alcune analogie all’Opera Occidentale come il recupero del Bel Canto in versione cinese e un’orchestra dal vivo con più di 100 elementi. Ma ci sono anche alcune analogie all’Operetta, nella centralità della danza e nelle storie che sono in grado di far anche divertire il pubblico bilanciando serietà e svago.

Secondo lei è bene che si continui a recuperare in chiave classica questo tipo di arti e a diffonderle, come fa Shen Yun ma come fa anche ancora l’Opera, il Balletto classico? Cosa pensa in merito?

Vito Lo Re
Certamente. Oggi la molteplicità culturale è ormai considerata – almeno in Occidente – come un indispensabile arricchimento: ben vengano quindi iniziative come questa che facilitano la conoscenza dei popoli e soprattutto lo scambio culturale. La chiusura culturale totalizzante è tipica dei regimi dittatoriali o delle società poco sviluppate. Credo che oggi nessun amante dell’arte che si dia il titolo di intellettuale possa evitare di accrescere la sua conoscenza delle culture lontane dalla nostra.

 
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