Italia-Cina, dall’anno dello ‘scambio culturale’ a quello del lutto

Di Alessandro Starnoni

Il 2020 avrebbe dovuto rappresentare l’anno del ‘gemellaggio culturale’ tra Italia e Cina. Il 50esimo per l’esattezza, rafforzato per l’occasione dalla controversa intesa dello scorso anno della Nuova via della seta, che includeva appunto anche accordi sul piano ‘culturale’. Si preparava così per il 2020 una lunga lista di eventi incrociati tra spettacoli, mostre e concerti, sia in terra cinese che nostrana. Tra questi anche scambi tra il Teatro Nazionale Cinese e il Teatro alla Scala, per tutto l’anno. Una ‘celebrazione’ poi interrotta dalla pandemia globale di Covid-19.

Secondo quanto riportato dal South China Morning Post che cita documenti governativi, la prima persona infetta in Cina si è registrata il 17 novembre nell’Hubei. Ma come ha fatto notare il The Lancet, citato da IlSole24Ore, il virus potrebbe essersi iniziato a manifestare già il 1° ottobre in Cina. Mentre già ai primi di gennaio la Commissione sanitaria municipale di Wuhan aveva confermato 41 casi. Il lockdown di Wuhan è infatti iniziato, probabilmente in ritardo, il 23 gennaio.

Tuttavia, nell’ambito degli accordi economici nel settore cultura, alcuni di questi scambi sono andati avanti fino a ridosso del lockdown in Cina. Ovviamente questo è potuto accadere solo perché Pechino ha nascosto e minimizzato fin da subito gli avvenimenti in Cina. Questo ha fatto in modo che la vita continuasse in modo normale in tutto il mondo fino ai primi di marzo, sebbene forse ci sarebbe stato il bisogno di fermarsi molto prima. A causa dell’insabbiamento dell’epidemia da parte del Pcc, infatti, il virus da Wuhan ha raggiunto in poco tempo tutti gli altri Paesi che erano ignari di quel che stava accadendo; poi, quando la notizia del virus del Pcc si è finalmente diffusa a metà gennaio, si sono fidati ciecamente delle dichiarazioni tranquillizzanti degli esperti e dell’Oms (a loro volta ingannati dal silenzio di Pechino), continuando comunque con tutte le varie attività, come se niente fosse. Anche le attività nel campo culturale tra Italia e Cina sono proseguite come da calendario.

Tra gli eventi più recenti, si legge sul sito del Ministero degli Esteri, il 21 gennaio 2020 si è tenuto all’auditorium di Roma proprio l’evento di apertura dell’anno Italo-Cinese 2020 della cultura e del turismo, con un forum, una mostra fotografica e un concerto inaugurale «della JuniOrchestra dell’Accademia di Santa Cecilia e dei solisti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Repubblica Popolare Cinese». Presenti all’evento diverse personalità nelle rispettive delegazioni cinese e italiana:
«L’iniziativa comune dei due Paesi, che hanno il primato di siti Unesco, vede in campo il Ministero dei Beni culturali e del turismo, l’Enit e la Farnesina, che organizzerà tramite l’Ambasciata di Pechino, i consolati e gli istituti di cultura in Cina tante delle iniziative e manifestazioni che scandiranno il 2020», si legge ancora sul sito della Farnesina.

Il 20 gennaio all’aeroporto BaiYun di Guangzhou, come confermato dal canale Twitter ‘Italy in Canton’ in un tweet nella medesima data, si è tenuta la cerimonia di apertura dell’evento sulla moda ’60 anni di Made in Italy’.

Sempre nell’ambito del programma 2020 dell’anno della Cultura e del Turismo, come confermato dal sito stefanoboeriarchitetti.net in data 19 dicembre 2019, si sarebbe tenuta a Shenzen il 21 dicembre la cerimonia di apertura della Biennale di Urbanistica e Architettura di Shenzen. Alcuni video del canale Youtube di Carlo Ratti (architetto che assieme al Politecnico di Torino e alla South China University of Technology doveva essere tra i curatori della mostra), e il profilo Twitter ‘Italy in Canton’ (in un tweet del 23 dicembre), confermano l’allestimento e il via alle fasi iniziali dell’evento. In seguito, come confermato in un articolo del 4 marzo da artribune.com, l’evento non è stato più visitabile a seguito dello scoppio dell’epidemia.

Tra gli eventi un po’ meno recenti, appartenenti al programma del 2019, il Corpo di Ballo del Teatro alla Scala si è esibito a Shanghai alla Shangyin Opera House dal 18 al 24 ottobre 2019. La metropoli economica cinese è infatti gemellata con la città di Milano da 40 anni, e proprio in questi ultimi anni, come si evince da un articolo sul sito portavoce di Pechino per l’informazione economica in Cina, classxhsilkroad.it, si stava provando a far sì che «la presenza in Cina del teatro d’opera più importante al mondo» fosse sempre più frequente. Il titolo dell’articolo in questione è «La Scala di nuovo a Shanghai corrobora le relazioni Italia-Cina».

Il 20 novembre non a caso il presidente Attilio Fontana era in Cina per firmare un accordo di collaborazione tra la Regione Lombardia e la provincia dello Shandong. Un accordo, come si legge sul sito della regione, per incoraggiare la collaborazione nei settori economico e culturale.
Dal 2012 inoltre, come riportato sul sito del Comune di Milano, la città è legata anche alla città di Guangzhou «da un Memorandum per il Rafforzamento delle Comunicazioni e della Cooperazione. L’accordo prevede attività di cooperazione economica, commerciale, scientifica […] Si favoriscono inoltre scambi nel campo della cultura».

Proprio perché le relazioni Italia-Cina si stavano facendo sempre più strette, in parallelo lo stesso valeva anche per il settore cultura. Tra gli sponsor tecnici del Teatro alla Scala c’è infatti anche la società Welcome Chinese che, come spiegato dal suo Ceo Jacopo Sertoli in un’intervista a miceguide.net, fornisce «una certificazione di sistema che attesta il livello di servizi offerti per la clientela cinese da parte di operatori del servizio turistico stranieri. Emessa dalla Chinese Tourism Academy, di cui siamo gli esclusivisti mondiali, è l’ente che direttamente, per conto del Ministero del Turismo cinese si dedica alla statistica del turismo outbound cinese».

Il risultato finale del prosieguo di tutte queste attività, nel campo della cultura ma non solo, è che la pandemia ha raggiunto l’Italia in maniera molto violenta, causando morti e contagi ora dopo ora a un ritmo elevatissimo. Secondo una statistica accurata delle morti del Financial Times infatti, in Italia nel periodo marzo-aprile si è registrato un incremento del 90 per cento dei decessi rispetto allo stesso periodo del 2019. L’Italia è il Paese con l’incremento più alto in assoluto (non contando la Cina, dove probabilmente si è registrato il numero più elevato di decessi anche se le stime ufficiali sono molto basse, e altri Paesi poco trasparenti).

E così sempre in Italia ci sono state molte vittime da Covid-19 anche tra le personalità più famose: tra questi, proprio nel campo della cultura, il 15 marzo è morto a Milano il noto architetto Vittorio Gregotti e, sempre a Milano, il 12 marzo è morto anche Luca Targetti, ex responsabile delle compagnie di canto della Scala, e agente di diversi importanti artisti. La notizia della sua repentina scomparsa dopo la breve malattia è stata appresa «con sgomento» dal sovrintendente Dominique Meyer, che lo ha ricordato come «un amico per più di vent’anni», dal direttore musicale Riccardo Chailly e da tutti gli artisti e lavoratori del Teatro alla Scala.

Difficile forse tirare fuori una ‘morale’ da tutto quello che è accaduto. Soprattutto quando si è ancora, seppur in maniera più leggera, in mezzo alla spietata ferocia del nemico. Tuttavia, come spiegato nell’editoriale di Epoch Times sul virus del Pcc, il vero nemico da tener a debita distanza di sicurezza non è solo il virus in sé, ma proprio il Partito Comunista Cinese. Facile forse adesso dirlo col senno di poi, ma probabilmente, se l’Italia non si fosse lasciata ingannare dal Pcc, e avesse mantenuto meno o zero legami col regime cinese, la cui natura meschina e contro ogni tradizione o cultura era già nota storicamente – ma si è manifestata ancora più chiaramente attraverso il dannoso insabbiamento dell’epidemia – oggi si starebbe qui a parlare di uno scenario diverso, sicuramente migliore.

 

 
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